Imperversa sulla scena e non si ferma, anzi a valanga tutti i giorni promette, garantisce e assicura, ruffiana la mattina, esce di casa con occhiali da sole, lusinghiera la notte, gira nei locali vestendo con smoking e perizoma.
La ciancia è una parola del XIII sec., il suo significato racchiude ciò che è in voga al tempo presente: la chiacchiera, la diceria futile, sconclusionata, che non corrisponde al vero, tutto quello che i radical chic definiscono “post-verità”.
La ciancia fa bene a tutti, si può distribuire in ogni fascia oraria, non è a rischio inflazione, facilmente è capitalizzabile perché liberamente circola e senza bussare siede nei salotti del potere e nelle gattabuie dei poveri.
La ciancia è l’ordito invisibile dell’intelaiatura del nostro sistema sociale dove le trame nascoste di favoreggiamenti, ladrocini, tangenti e truffe, si intersecano con gli amici degli amici, mentre milioni di uomini e donne gemono di fame e di lavoro.
La ciancia è furba, imbroglia la storia e gioca con le vite altrui, mescola le carte a suo favore per tornaconti e frodi colossali, selvaggi e disumani, senza tormentarsi.
La ciancia non ha punti di riferimento, è imprevedibile e fuorviante per dotti e semplici, non ha un orientamento ben preciso, potremmo dire che è voltagabbana, ma d’altronde è la sua identità.
La ciancia imperversa sulla scena e non si ferma, anzi a valanga tutti i giorni promette, garantisce e assicura, ruffiana la mattina, esce di casa con occhiali da sole, lusinghiera la notte, gira nei locali vestendo con smoking e perizoma.
La ciancia è il surrogato di chi oggi rappresenta la nostra Italia, bella e buona, è il prodotto di anni dove il disimpegno politico, l’insensibilità sociale e il vuoto accademico sono stati la corsa, il sogno e l’affare di una grande carriera.
La ciancia è il salotto per eccellenza destinato alla circolazione di argomentazioni fasulle, basate su scontri dialettici pilotati e senza fondamento, luogo di par condicio per cercare consensi e alleanze mediatiche.
La ciancia è la stupidità con cui si disquisiscono problematiche mondiali, osservando la complessità dei fenomeni da una sola prospettiva miope e bisbetica, grigia e cenerina.
La ciancia è sterile e senza costrutto, procrastinatrice come la burocrazia, un carrozzone inamovibile e stagnante, che rallenta e spreca le opportunità di sviluppo e crescita di un paese, di efficienza e funzionalità di uno Stato.
La ciancia è fuori dalle logiche prestabilite di un apparato preposto in operazioni di tutela e salvaguardia dei cittadini, burla alla pancia di diseredati e miserabili, riparando con il racconto invitante delle frottole zuccherate.
La ciancia è anche dolce friabile, che a dosi eccessive potrebbe diventare indigesta, come la blindatura stucchevole delle politiche razziste, xenofobe e disumane nei confronti del diverso e dello straniero.
La ciancia è il distintivo del nostro tempo, più si è capaci di cianciare, più la nostra democrazia diventerà un programma elettorale da cin cin bar.
Distinti Saluti, la Ciancia.
Mirabile affresco! Una sfida per tutti allora: far parlare i fatti distinguendosi! Esempio, solo esempio, anche se si è minoranza. Grazie, don Geremia