Che cosa emerge realmente dal rapporto dell’OMS?
Da anni a questa parte quando si parla di salute la confusione regna sovrana. Confusione spesso di carattere linguistico e non solo scientifico. Dopo la questione “vaccini”, la comunità “non” scientifica italiana è tornata a dividersi su un tema questa volta alimentare, quello della carne rossa. Tutta “colpa” del recente lavoro dell’IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, ente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha indicato la carne rossa processata come cancerogena e inserito la carne rossa in generale nella lista dei possibili fattori cancerogeni.
Ma come lavora lo IARC? Le liste compilate dallo IARC raggruppano le sostanze sulla base del livello di cancerogenità dimostrato in studi scientifici. L’ingresso nella lista richiede che siano disponibili i risultati di studi di laboratorio e, se disponibili, anche di studi epidemiologici sull’uomo. Tali studi vengono eseguiti ad altissimi dosaggi o con durate d’esposizione molto lunghe, difficilmente replicabili nella vita reale. È importante anche sapere che molte sostanze cancerogene sulle quali non esistono studi così precisi non vengono inserite nelle liste IARC. Vi sono infatti moltissime sostanze di cui il potere cancerogeno è altamente probabile, ma che non sono in nessuna lista poiché mancano gli studi rigorosi richiesti dallo IARC per l’inserimento nel proprio database. Vi sono anche alcune sostanze che sono cancerogene solo se associate con altre, ma molte combinazioni non sono menzionate nelle liste IARC perché non sono mai state studiate con sistematicità. Prima di preoccuparsi, è importante sapere non solo in che lista si trovi una certa sostanza, ma quali siano i dosaggi e le durate d’esposizione oltre le quali il rischio diventa reale e non solo teorico. Il gruppo 1 di tale lista contiene i carcinogeni umani certi e comprende, al momento, 118 agenti; il gruppo 2A comprende carcinogeni probabili per l’uomo e contiene 75 agenti; il gruppo 2B riunisce i carcinogeni possibili, per un totale di 288 sostanze; il gruppo 3 comprende 503 sostanze non classificabili come carcinogene; il gruppo 4, infine, raggruppa attualmente 1 sostanza probabilmente non carcinogena per l’uomo, un precursore del nylon.
In questo scenario la carne rossa processata è stata inserita nella categoria 1, mentre la carne rossa in generale nella 2A: una differenza ben chiara. Nulla di nuovo in realtà: da anni diversi studi hanno evidenziato che il consumo eccessivo di carne rossa processata aumenta il rischio di sviluppare tumori. È ben noto, infatti, che una dieta calorica ricca di grassi animali e povera di fibre è correlata a un aumento dei tumori dell’intestino. Le indicazioni dell’IARC non significano però che la carne rossa causa automaticamente il cancro, ma che il consumo quotidiano di una determinata quantità di carne rossa lavorata è correlato ad un determinato rischio di sviluppare il cancro colorettale. La differenza linguistica è evidente. Si parla dunque di “fattore di rischio” per il cancro, non di causa certa. Un discorso completamente differente dall’amianto, causa eziologica del mesotelioma pleurico, o del virus HBV causa dell’epatocarcinoma. Gli esperti AIRC hanno indicato che un’assunzione quotidiana di 50 grammi di carne lavorata aumenta il rischio di cancro colorettale del 18%. Aumento del rischio relativo rispetto a chi ne consuma di meno. Una maggiore probabilità rispetto a chi non mangia carne processata ogni giorno. Ancora una volta è importante l’aspetto linguistico: un’assunzione quotidiana è certamente differente da un consumo moderato di carne rossa. In sostanza cosa consiglia lo IARC: moderare il consumo di carne rosse anche se non è ancora chiaro, ad oggi, come quantificare questa moderazione. Non ci dice invece che il fumo e la carne rossa lavorata, pur facendo parte della categoria 1, rappresentano lo stesso rischio per l’insorgenza del cancro. L’evidenza che la carne rossa processata causi il cancro è la stessa rispetto a quella del tabacco, ma il rischio che il tabacco causi il cancro è molto più grande. Secondo l’Organizzazione Cancer Research UK, nel Regno Unito se paradossalmente nessuno mangiasse carne lavorata si otterrebbe una riduzione di circa 9 mila malati di tumori intestinali all’anno, mentre se nessuno fumasse si registrerebbero circa 65 mila casi in meno di tumori polmonari.
Che cosa fare dunque? L’OMS ha sicuramente lanciato un monito che non va sottovalutato. Tuttavia bisogna sempre procedere con buon senso e seguire ciò che è ben noto da sempre: una dieta varia e moderata. E, in linea generale, sia adesso sia all’arrivo mediatico del prossimo tormentone riguardante la nostra salute, farsi condurre da un pensiero critico e dall’informazione scientifica, basata su evidenze chiare e validate.