Passate con attenzione attraverso questi campi. Libellule e farfalle che volano in un turbinio di vita. Api che ronzano di fiore in fiore. Scostate le foglie e vedrete insetti, ragni, rane, lucertole e molti altri piccoli animali che si danno da fare nell’ombra fresca, e talpe e lombrichi che scavano sotto la superficie. […] E adesso guardate i campi del vicino. Le erbacce sono state spazzate via dai diserbanti e dalle lavorazioni. Gli animali e gli insetti del terreno sono stati tutti sterminati dai veleni. Il suolo è stato bruciato e ripulito di ogni materia organica e dei microorganismi per mezzo dei fertilizzanti chimici. D’estate si vedono gli operai agricoli al lavoro nei campi, con addosso maschere antigas e lunghi guanti di gomma. Questi campi di riso che furono coltivati continuamente per più di 1500 anni, sono stati ora resi sterili dalle pratiche agricole di rapina di una sola generazione.

Su queste due immagini contrastanti proposteci da Masanobu Fukuoka, illustre contadino filosofo disertore, vogliamo oggi spingere la nostra riflessione. Sul perché di questa differenza vogliamo interrogarci, tentando di scavare per trovare le radici di un atteggiamento così violento da rendere deserto tutto ciò che tocca.

Tentiamo allora anche noi, come fossimo fanciullini di Pascoliana memoria, di guardare i nostri campi e perdere in essi i confini dello sguardo … cosa vediamo? Una terra che brucia. Certo l’estate avanza, tuttavia non è il sole che brucia: è il Roundup della Monsanto.

Per chi, a differenza del fanciullino, fosse ignaro dei fatti, il Roundup della Monsanto è il più famoso diserbante al mondo. Roundup è il nome commerciale di una sostanza chimica, il glifosate, inventata negli anni settanta da John Franz, chimico della celebre multinazionale.

Il Roundup è uno strumento economicamente vantaggiosissimo, oggi usato in tutto il mondo per diserbare le terre, basta passarne sui campi una spruzzata per vedere le piante indesiderate (le cosiddette “erbacce”) seccare in brevissimo tempo. Economico, veloce e mortifero.

Tale invenzione avrà per le sorti del pianeta conseguenze inestimabili, si pensi solo al fatto che la Monsanto proprio in risposta al suo glifosate inizierà presto a sfornare i Roundup Ready (RR), vegetali Ogm resistenti al glifosate, il cui esempio più significativo è rappresentato dal cibo più amato dai vegani: il 60% della soia coltivata nel mondo è RR.

Fiumi di articoli sono stati scritti sui rischi che l’uso di tale sostanza causa alla salute dell’ambiente e dell’uomo, si pensi che l’Organizzazione mondiale della Sanità lo ha recentemente inserito tra le sostanze “probabilmente” cancerogene e che, a seguito di ciò, una quasi-buona notizia è giunta pochi giorni or sono dalla regione Toscana che vieta l’utilizzo del glifosate in campi extra-agricoli (giardini, parchi, bordure..dobbiamo accontentarci degli spiccioli!). Si può ricordare a tal proposito lo studio pubblicato il 15 marzo 1999 sull’Journal of American cancer Society condotto dagli oncologi svedesi Lennart Hardell e Mikael Eriksson, nel quale i due oncologi mettevano in luce il collegamento tra glifosate e alcune particolari forme di cancro come il linfoma non-Hodgkin.

A noi pugliesi poi potrebbe interessare quanto alcuni illustri agronomi asseriscono su Roundup e Xylella. Benché mentre si scrivono queste righe in quel di Oria (BR) si continua a tagliare ulivi centenari, alcuni strani ricercatori, come Giuseppe Altieri e Christos Xiloyannis, ritengono che sia proprio l’uso smodato dei diserbanti a causare quella che oggi viene chiamata “Sindrome del disseccamento rapido degli ulivi”. Il professor Giuseppe Altieri, docente di fitopatologia vegetale e di agroecologia, ha inviato mesi fa al commissario delegato Siletti un articolo perizia, nel quale ricercava la causa del disseccamento non nel fantomatico batterio ma nell’uso massiccio che gli agricoltori salentini, spinti anche dalla pratica della raccolta da terra, fanno appunto dei diserbanti: essi, avvelenando i suoli e riducendo la biodiversità degli agroecosistemi, alzano i rischi di attacchi patogeni. Analoga conclusione quella che il professor Xiloyannis, docente ordinario all’Università della Basilicata, propone nel articolo scritto con il suo team di ricerca, pubblicato sull’informatore agrario di qualche mese fa ed intitolato “Contro Xylella su olivo le buone pratiche agronomiche”, nel quale come miglior prevenzione al rischio Xylella propone una gestione del suolo tale da incrementare la sua fertilità, quindi la sua flora microbica (unica vera garante della salute delle piante).

Era più o meno il 1975 l’anno d’ingresso del Roundup in Italia, anno in cui per una strana coincidenza moriva Pierpaolo Pasolini, la voce nel deserto che sola denunciava la scomparsa della civilità contadina italiana e che tuttavia ancora non aveva visto il deserto vero.