«Ci hai insegnato a camminare, a cadere, a sporcarci le mani, ad amare la vita.
Ci hai insegnato a rimanere uniti e ci hai amato tanto.
E tanto a noi è bastato»
(LoL)
Caro lettore, adorata lettrice,
l’interrogativo con cui si apre oggi il nostro caffè potrebbe esserti sgradito, ma la mia intenzione non è affatto quella di ferirti. Diciamo, piuttosto, che si tratta di un caffè scritto di getto e “per fatto personale”.
Ebbene, la domanda che mi sto ponendo è la seguente: quando una vita si dice “riuscita”?
Sono legittime tutte le risposte. Nessun pregiudizio. Anzi, provo ad elencarne alcune: quando mettiamo a segno una carriera invidiabile? quando raggiungiamo una solida posizione economica, ci compriamo una bella casa, magari una villa al mare o in montagna, un’auto di quelle che si impongono alla vista, un conto in banca a sei zeri? quando abbiamo la possibilità di viaggiare tanto e con crociere da sogno? quando abbiamo successo nella vita sentimentale e magari possiamo permetterci il lusso di cambiare partner ogni volta che ci va? oppure quando possiamo permetterci ristoranti stellati e pasteggiamo solo con bottiglie di rosso da centinaia o migliaia d’euro ciascuna? quasi dimenticavo: quando vestiamo esclusivamente con abiti firmati e ci ricopriamo di gioielli e pietre preziose? quando abbiamo la casa piena zeppa di elettrodomestici di ultima generazione?
L’elenco è di quelli banali e, come tutte le cose banali, potrebbe continuare all’infinito. Aggiungi tu gli esempi che ora mi mancano…
Caro lettore, adorata lettrice,
sai, io ho conosciuto una donna che si è spenta a 94 anni, una bella età mi dirai…
Questa donna ha servito per tutta la vita. Tutto qui.
Non ha cercato lussi, pur non essendo una suora francescana. Non ha cercato la ricchezza, pur lavorando sodo per tirar su i suoi cinque figli. Non è stata amante degli agi, pur avendo una smisurata passione per i viaggi. Amava il bel vestire e il cibo buono, ma cuciva e impastava con le sue mani. Pensa, ha avuto un solo marito, per sessantadue anni, e undici nipoti, da crescere uno dopo l’altro, in due decenni di babysitteraggio gratuito.
È stata sempre malaticcia, eppure mai si è arresa. Ha retto più di tutti e ha continuato a cercare l’aria anche quando il saturimetro segnava zero da parecchi minuti.
È stata come una roccia carsica: scavata dalla vita, ma sempre bianca al suo interno, a dispetto delle intemperie che ne scalfiscono la superficie.
E, proprio come raccontano le pennellate scritte a caldo da uno dei suoi nipoti, ha sempre insegnato: a camminare, a cadere, a rialzarsi, a impegnarsi per un mondo migliore, ad amare smisuratamente la vita, ad accettare il mistero della morte.
Questa donna, Lena era il suo nome, ha fatto dell’unità della famiglia la sua religione, ha scelto d’amare senza misura ed è stata questa la sola misura del suo amore.
Sì, se dovessi darti una risposta, ti direi che questa donna, preziosa e fragile rosa rossa, la mia seconda madre in questa terra, ha vinto. La sua vita è riuscita.
Perché, noi ne siamo testimoni, lei ha dato tutto: e a noi tanto è bastato. Anche ora che ci manca tanto.
E a te fa onore aver celebrato questo “riconoscimento” . Bravo!
Grazie, Angela: l’onore lo concedi tu a me…
Una bella rosa rosa. Sì! Ce ne sono tante, ci passano accanto, ci imbattiamo in loro. Il più delle volte non le vediamo, non le tocchiamo, non le ascoltiamo, non le assaporiamo, non le prendiamo in considerazione. Pensiamo che “siano vissute alla scusa di Cristo” invece hanno trascorso una vita intensa fatta di piccole cose e forniscono col loro operato la strada da percorrere, ricca di senso.
Grazie, Domenico. Sottoscrivo ogni singola tua lettera.
Avrei voluto saper scrivere parole così belle e sentite per mia madre, Rosa, che mi ha lasciato ,in modo improvviso e repentino,ormai 34 anni fa. Grazie Paolo.
Grazie di cuore, Riccardo: è bello poter pensare che queste parole siano le tue, le mie, quelle di chiunque altro abbia potuto vivere un dolore simile…