Nella tragedia sulla Andria-Corato il binario unico è diventato il simbolo dell’arretratezza, dunque capro espiatorio perfetto. Dati e Rapporti sembrano però raccontare un’altra storia
Diciamolo subito: i treni della Ferrotramviaria Bari Nord, ossia quelli protagonisti della tragedia avvenuta qualche giorno fa fra Andria e Corato, sono modernissimi. Erano stati immatricolati uno nel 2005 l’altro nel 2009, avevano poltrone comode, aria condizionata, erano puliti e quasi sempre puntuali. La retorica usata da molti commentatori, dunque, sul Sud povero, arretrato e sfortunato, lascia il tempo che trova. D’altra parte però il fatto che si viaggi freschi non può farci dimenticare che quei treni ci mettano un’ora a fare 50 km, che siano spesso sovraffollati in orari di punta, che la domenica non effettuino corse e che nel 2016 non prevedano un dispositivo che avvisi se un convoglio è sul binario e non dovrebbe starci.
Il punto nodale della questione, a rigor di logica, dovrebbe essere questo più che la polemica sul binario unico. Dei 6.500 km di linee ferroviarie gestite da società private in concessione (come la Ferrotramviaria), 6 mila sono a binario unico, come anche la metà (circa 8 mila km) di quelle gestite da Rete Ferroviaria Italiana (partecipata delle Ferrovie dello Stato). Binario unico o doppio binario allora, non è una questione di sicurezza, ma di convenienza, ossia dipende dalla mole di gente che percorre quella tratta, quindi dal numero di treni che sono chiamati a transitarvi. La sicurezza è un problema che riguarda i sistemi di cui tali tratte vengono dotate, ed è affrontando il discorso su questi che sorgono le perplessità.
Approfondendo la questione si scopre infatti che le ferrovie statali e quelle in concessione rispondono a regole diverse. Nel primo caso il sistema di sicurezza si chiama ANSF, ha standard molto elevati ed è esteso a tutta la rete nazionale; nel secondo caso il sistema si chiama USTIF e adottarlo o meno è a discrezione della società che gestisce la linea, nonché del budget che dispone. Circa i treni coinvolti nell’incidente, ad esempio, scrive Repubblica che fossero dotati di sistemi di controllo della marcia, ma che questi non fossero in funzione poiché non dialoganti con i binari troppo vecchi. Del resto l’opera di messa in sicurezza delle tratte gestite da Rete Ferroviaria Italiana è stata pagata con fondi statali, fondi che invece non sono stati dati alle linee locali, lasciate alle decisioni delle società proprietarie o delle regioni.
Leggendo Pendolaria, il rapporto pubblicato nel 2015 da Legambiente sul trasporto locale, si apprende come la scelta di prediligere i collegamenti nazionali a quelli locali sia stata una scelta esplicita e tutta politica dei vari governi. E la questione non resta circoscritta alle dotazioni di sicurezza, tutt’altro. A livello statale la riduzione dei finanziamenti è stata costante in questi anni. La diminuzione delle risorse nazionali stanziate per il trasporto regionale tra il 2009 ed il 2015 è stata pari a -20,5%, mentre i passeggeri aumentavano dell’8%. Intanto l’incremento dei treni fra Roma e Milano dal 2007 è stato del 370%. Se una gestione dualistica fra locale e nazionale interessa tutta l’Italia poi, ad essere penalizzato maggiormente, neanche a dirlo, resta il Mezzogiorno.“L’attuale livello di servizio nelle Regioni del Sud è imparagonabile per quantità a quello del Nord” si spiega nel Rapporto. “Ogni giorno in tutto il Sud circolano meno treni regionali che nella sola Lombardia”. Nello specifico tra Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna i treni effettuano 1.738 corse, in Lombardia 2.300. Eppure la popolazione di queste regioni meridionali conta il doppio degli abitanti rispetto all’area lombarda. Inoltre al Sud i treni sono più vecchi. L’età media dei convogli è di 20,4 anni, mentre al Nord di 16,6.
La Puglia, con 22,9 anni di media d’età delle sue carrozze, nella classifica dei treni più vecchi, occupa un poco invidiabile terzo posto, subito dopo Abbruzzo e Basilicata. Eppure la regione è una di quelle con la domanda più alta di trasporto pendolare. Ogni giorno si spostano 153 mila persone, una grossa parte delle quali proprio nell’area di Bari. La voglia di trasporto pubblico locale è emersa chiaramente anche in occasione dell’apertura della tratta fra Bari e l’aeroporto di Palese, gestita sempre da Ferrotramviaria. Nel primo anno si è registrato un successo clamoroso, con numeri in costante ascesa, segnale che, quando il servizio funziona, gli utenti lo premiano.
Oggi tuttavia non esiste alcun piano per migliorare il trasporto regionale. L’unica importante opera che potrebbe essere da traino per le zone da essa interessate, è la ferrovia Bari-Napoli che però sarà pronta nel 2035. Certo il binario unico Andria-Corato ha le sue responsabilità ed è bello addossargli le colpe anche perché non può difendersi, ma forse il discorso da fare dovrebbe essere un pochino più ampio, se vogliamo sperare che risulti risolutivo.
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