
Un’etica della ragionevolezza applicata alla mutevolezza dell’umano
Dalla prospettiva etica e, in particolare, dalla concezione della “saggezza” aristoteliche deriva un prezioso insegnamento per la società odierna.
Il sostantivo greco phrónesisgià in Omero indicava un modo di pensare unito al sentimento. L’etimologia della parola (da phrén, “diaframma”, “cuore” e, successivamente, “cervello”) suggerisce, inoltre, la concezione di un’intelligenza “vitale”, cioè a diretto contatto con la vita, che costituisce uno degli aspetti più attuali della riflessione etica aristotelica.
Per Aristotele esistono due tipi di virtù:
– virtù morali (‘’etiche’’), che consistono nell’uso della ragione per dominare gli impulsi sensibili
– virtù intellettive (‘’dianoetiche’’), riguardanti l’esercizio della ragione
La phrónesisè appartenente a queste ultime e si colloca in una posizione intermedia tra due virtù: la sapienza e l’arte.
Si differenzia, dunque, sia dalla sapienza (sophìa), il grado più alto della razionalità, che si rivolge ai principi universali, sia dall’arte (téchne), quel sapere tecnico riguardante la capacità di produrre oggetti grazie all’aiuto del ragionamento.
La phrónesis, come l’arte, è volta all’azione, ma per scegliere il giusto comportamento da attuare in una determinata situazione. Per tale ragione, la phrónesisrichiede sia la conoscenza dell’universale (come la sapienza), sia del particolare (come l’arte).
Aristotele, con questa sua concezione della phrónesiscome virtù reggente le azioni etiche e che implica una determinata attenzione al caso particolare, contraddice del tutto il paradigma etico del suo maestro Platone. Secondo la concezione platonica, il bene è già perfetto in sé: ogni sua realizzazione, dunque, diviene una sua “diminuzione’’. Per Aristotele, la vita pratica deve essere presieduta da una razionalità che sia in grado di collegare universale e particolare.
Un esempio lo offre la giurisprudenza: la parola latina prudentiaè proprio la traduzione del grecophrónesis: la iuris prudentiaè, dunque, la “saggezza del diritto’’, l’abilità di applicare la legge (l’universale) a casi particolari. Il giudice, nel momento in cui emette una sentenza, mette in pratica una legge e, in tal modo, la precisa e perfeziona, specificandone il senso e i limiti. La giurisprudenza, che può essere determinata come l’insieme delle sentenze emesse dai giudici, è, quindi, un importante complemento della ‘’legge’’, o del ‘’diritto’’: le sentenze “completano’’ la legge e divengono un “precedente’’ per ulteriori sentenze. La giustizia, dunque, è tanto più perfetta quanto più è in grado di considerare le contingenze particolari.
L’etica aristotelica può, quindi, essere considerata come il rivoluzionario tentativo di difendere una ragionevolezza dell’azione etica umana che sia compatibile con la sua radicale mutevolezza. Perciò la filosofia contemporanea ha visto nel concetto aristotelico di phrónesis una razionalità più “flessibile’’ rispetto a quella logico-deduttiva della scienza, una razionalità che si muove nel dominio del contingente.