«Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono»

(Ezio Bosso)

Caro lettore, adorata lettrice,

a più di una settimana dalla morte di Ezio, questo caffè, che dalle sue parole prende spunto, non sarà dedicato a celebrarne la vita e l’arte: troppo è già stato scritto e non sarei capace di aggiungere un rigo.

Di Ezio, mi limito a dire che serberò con me il suo sorriso, la luce che saettava dalle sue pupille, l’energia incontenibile che emanava da un corpo che pure appariva così fragile, e che l’ha tradito troppo presto. Di Ezio ricorderò che era un cuore Toro: e per chi conosce la storia di questa squadra di calcio, non c’è altro da aggiungere. Di Ezio ricorderò la sua umiltà: il segno più manifesto di una intelligenza fuori del comune. E di Ezio ascolterò, come tutti voi, la musica che ci ha lasciato, che ora è nostra, che egli non voleva si dicesse essere sua…

Ora, però, vorrei parlare un po’ di te e di me, e di quel che le parole di Ezio suggeriscono. Vedi, io credo di essere ormai consapevole di essere portatore di disabilità che non si vedono – ti risparmio la battuta sin troppo facile: sì, sono portatore anche di disabilità visibili. Ammetto che, come presumo la maggior parte dei mortali, per quanto l’autenticità mi appassioni, faccio fatica a confessare a me stesso e agli altri le mie umane fragilità, i miei limiti, le paralisi, gli errori, le contraddizioni, le sconfitte, gli scoramenti, le mete non raggiunte perché irraggiungibili o divenute tali perché mi son seduto troppo presto oppure perché, semplicemente, al bivio ho imboccato la direzione sbagliata.

Dante, fortunato, si è avveduto a soli trentacinque anni di aver perso la “diritta via”. Io non saprei dirti a che punto sono nel mio cammino. Di sicuro, non sarei in grado di raccontarti un viaggio sia pur lontanamente paragonabile al suo. Per di più, tanti di noi, ho l’impressione, perseverano nell’autoinganno, si invischiano nella “selva oscura”, fino a quando è troppo tardi per confessarsi la verità.

Caro lettore, adorata lettrice,

come spesso succede, questo caffè finisce per parlare di me al fine di rivolgersi anche a te: nella speranza di invitarti ad un momento di intimità con ciò che più ti risuona dentro.

Marco Aurelio ha scritto: «La felicità della tua vita dipende dalla qualità dei tuoi pensieri». Allora, da quanto tempo non ti poni delle domande? Da quanto, fingi o ti illudi di non sentirle? Ti auguro pensieri profondi, domande laceranti, la fatica di attendere a lungo una risposta, la gioia di trovare in te quanto cercavi e avevi paura di non ritrovare.

Ti auguro la forza di chi sa riconoscere la propria debolezza e ti auguro di amare la tua disabilità, che è una diversa abilità, apparente o nascosta che sia, purché da te accolta come quanto hai di più prezioso, come la tua verità.

Pavel Aleksandrovič Florenskij: «La verità manifestata è amore».

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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

2 COMMENTI

  1. Carissimo Direttore,
    Grazie per aver dedicato questo Caffè al tema a me caro e vicino della disabilità, che non è condizione da allontanare o negare, ma da ricercare e riconoscere in ognuno di noi, per vivere nella luce della verità e saper comprendere e accogliere il prossimo.

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