Poter dialogare con Raffaello Mastrolonardo non è cosa piccola. Ho letto, anni fa, la sua Lettera a Léontine con lo scetticismo che si ha dinanzi a un nuovo autore . Sorridevo sorniona fin che il vento è cambiato d’improvviso, la prosa si è alzata per divenire poesia. Commuovendomi non mi son persa niente di suo, da Gente del Sud sino al Viaggio nelle Puglie. Figlio di Bari e quindi nostro, scuro come la terra di Puglia e come i turchi che pure ci hanno dominato, gentile come sanno essere solo le anime belle
Da bancario a scrittore: come si passa dalla quotidianità dei numeri alla libertà della penna?
È la domanda che tutti, ma proprio tutti, mi fanno e io non capisco perché: non ho mai vissuto questi due miei aspetti come antitetici o inconciliabili. Per quanto diversi, sono accomunati da un’identica caratteristica: la passione. Scrivere con passione, lavorare con passione, vivere con passione! Non mi piace la definizione di “bancario” e nemmeno quella di scrittore. Preferisco definirmi un “artigiano della parola” e “un artigiano del credito”: rendono meglio lo spirito con cui faccio entrambe le cose. E poi, ci sono comunque precedenti illustri con i quali arrossisco al solo confronto. Tuttavia, Italo Svevo era anch’egli un bancario! E Eugenio Montale non era forse un ragioniere?
L’amore per la terra dei padri appare nei tuoi scritti come passione a volte estrema. Tanta bellezza nasconde il dolore della storia che è anche sangue. Odi et amo?
No, nessun odio, solo amore. Amore e conoscenza di quanto sofferta sia la mia terra. La bellezza e l’amore hanno un prezzo molto alto: esso sta nella secolare solitudine della vita contadina e marinaia delle nostre genti, della sofferenza silenziosa, del lavoro accettato come maledizione biblica, eppure compiuto sempre e sempre bene. Quel lavoro e da quei silenzi hanno generato le nostre cattedrali, i castelli, i trulli, le Murge, i borghi de’ pescatori. L’orgoglio d’un popolo per il suo passato, per il suo presente e che, punto dolente, non sempre sa quanto ne ha diritto. Ecco, spero che il mio atto d’amore appassionato aiuti pugliesi e non pugliesi a comprenderne le ragioni.
Nei tuoi libri trovo una logica di familiarità, come dialogare con un amico mentre cammini nelle strade di sempre. Dove intendi portarci ora?
Sono felice che tu rimarchi questa familiarità che il mio scrivere riesce a costruire con il lettore. E’ un dono prezioso, poiché riesce a generare spontaneamente una complicità indispensabile per poter dire che un libro è un “bel libro”. Non ricordo chi dicesse che “un romanzo lo scrivono in due: lo scrittore e il lettore”. Si chiama empatia: la capacità di immedesimarsi nelle emozioni dell’altro.
Dostoevskij o Hemingway? Shakespeare o Pirandello? Cosa provi a scegliere? chi salvi sempre dal mare in tempesta?
Non ho autori o generi prediletti, non stabilmente almeno. La vita cambia e con essa noi, i nostri gusti e attitudini. Scegliere un libro è un’abilità che si sviluppa col tempo nel quale il lettore diventa un rabdomante in cerca dell’acqua. Passa al fianco di tanti titoli, ne tocca i dorsi, ne guarda le copertine. Poi qualcosa gli dice di prendere, sfogliare e poi impossessarsi di un libro fra i tanti. Forse non siamo noi a scegliere i libri, ma loro a scegliere noi, a chiamarci.
Dov’è la tua Léontine? O meglio cos’è: una donna, un cucciolo, un trullo, un’idea?
Léontine è nelle mie pagine. Come scrivo nell’incipit del prologo (affinché fosse chiaro a tutti) “Léontine tu non esisti, non sei mai esistita, sei un’idea in cui mi sono invaghito…” Ecco, c’è stata e sempre ci sarà una Léontine nella vita di ognuno di noi, uomini e donne non cambia. Qualcuno lo percepisce, se ne spaventa e fugge. Si salva dalla sofferenza che è parte inscindibile dell’amore, ma non sa cosa si perde. Almeno fino a quando l’Amore non gli si impone e lo travolge; solo allora potrà dire d’aver vissuto davvero.
Appunto. Dialogare con Raffaello non è davvero cosa piccola!