
Lettera aperta al Sindaco di Barletta
Signor Cannito, Sindaco di Barletta,
lei conosce Padre Saverio Paolillo, missionario, comboniano, appartenente alla congregazione del Sacro Cuore di Gesù, da una vita in Brasile, Paese di enormi ricchezze, traboccante di una biodiversità straordinaria per la presenza dell’Amazzonia e carico di un treno di forti contrasti politici, economici, sociali ed etnici.
Circa trent’anni fa, ebbe parole di vita, del senso da attribuire ai lemmi ed al miracolo dell’essere nati, nella periferica scuola media “R. Moro”, dove si era recato su invito di un docente di educazione civica. Lasciò dietro di sé un ricordo indelebile, ancora fluttuante, nei preadolescenti che lo ascoltavano emozionati con il fiato sospeso e un’ammirazione considerevole per il coraggio delle iniziative.
Una decina di anni addietro tenne una relazione fremente nella sala Sant’Antonio a difesa e sostegno degli ultimi della società, dei diseredati. Le numerose “slide” corredavano il suo intervento che nasceva dalla profonda conoscenza della realtà sociale dei campesinos e dal suo cuore, vivo, fibrillante verso l’umanità intera.
Nell’occasione, gli altri otto relatori, venditori di fumo, si arrampicavano sugli specchi, arrivando tra le altre malvagità sociali, persino a difendere i tagli alla sanità regionale. Ingiustizie che stavano mettendo in ginocchio, già allora, la voglia degli strati più umili della popolazione di prendersi cura della propria salute.
Un relatore, medico, dermatologo, presidente di una cricca di sanitari locali, venne stigmatizzato veementemente da un signore del pubblico. Un passo indietro per comprendere… Una anziana donna di Barletta si era recata nel suo studio per avere lumi ed una terapia per la psoriasi, che non la faceva dormire, vivere.
Invitata a scoprire il torace per la visita, era stata lasciata nuda per una buona mezz’ora a seguito dell’arrivo di una telefonata, compiacente. Il pubblico presente rimase esterrefatto, incredulo nell’ascoltare il tremendo accaduto. Padre Saverio, abbracciandolo, solidarizzò con il coraggioso interlocutore e con la malcapitata donna, morta poco dopo.
E lei era presente, dottor Cannito, responsabile, allora, del Pronto Soccorso di Barletta, luogo di servizio, ma anche di potere più che in altri reparti ospedalieri. Ascoltava in prossimità della porta d’ingresso, verso destra. Neanche una parola, flebile, ma onesta, neppure di circostanza bisbigliò per dissociarsi dal comportamento immorale del collega! Né dichiarò l’impegno, troppa grazia, a difendere nelle opportune sedi sanitarie la donna di ottantasei anni, ammalata, priva di padrini potenti.
Dalla sua bocca, altisonante, usciva solo bava verso i politici del momento, schiuma fetida che ha lo stesso puzzo di quella prodotta dal cavo orale verso sé stesso, di lei, sindaco attuale, incapace di abbattere la barriera architettonica di via Imbriani e riconoscere dignità ai disabili, alle donne incinte, a quelle con il carrozzino, ai vecchi!
Nascondendosi dietro l’autoreferenza burocratica delle scartoffie in viaggio, per anni, tra un ufficio ed un altro! capaci di partorire un nefando e indecoroso topolino, quello della pedana sollevatrice. “Persone veicolate con ludibrio, come mattoni forati su un cantiere edile:” direbbe, chi soffre nella viva carne e nell’anima. Chi solidarizza con la fragilità nelle sue svariate sfaccettature. Per lei, orfano di coscienza, tutto è in ordine!
Infinite le sfide, che ogni giorno, il combattente Saverio ha affrontato e deve continuare a sostenere; mortali, i pericoli, che deve schivare, ma la sua incrollabile fede e l’alto senso civico gli permettono di procedere serenamente, con determinazione e incisività.
I bambini, gli adolescenti e i giovani brasiliani, soprattutto quelli toccati da storie sofferte, gli incarcerati, che fanno venire i brividi anche agli indifferenti, percorsi momentaneamente da un anelito di vita. Tutti costoro, gli ultimi della folla umana, donano senso alla sua vita, rendendola amabile, degna di essere vissuta. Elargiscono congiuntamente dignità alla propria vivida partecipazione nel processo di riscatto ed emancipazione umana.
Da poco, in Brasile, vasto Paese sudamericano, sciabordato ed accarezzato dall’Oceano Atlantico, gli è stata conferita la prestigiosa medaglia “José Gomez Da Silva”, alto riconoscimento del suo impegno e della sua azione a difesa dei diritti umani dei bambini e degli adolescenti.
In altri contesti urbani, avanzati, civili, umani se ne sarebbe parlato in tutti i luoghi, nei media, nelle scuole, nei bar, nei crocicchi, al mercato. Per più giorni. Per formare nuove coscienze! Si sarebbe accesa la luminaria nelle strade, esplosi fuochi di artificio, si sarebbero fatte tavolate nelle case tra amici e parenti! Invece, silenzio roboante, quasi fastidio! Un prete, un uomo, folle!
Qui, sul modesto mare di Diomede, nella città dove un tempo remoto tra mercenari francesi e spagnoli dopo una zuffa, che puzzava di vino, tracannato a caraffe, si sguainarono le spade, qui tra la gente si sente forte il rullare dei tamburi dalla malavita; faticosa, diventa la vita di tanti cittadini, umili lavoratori, disoccupati, giovani laureati che scappano, mentre l’Amministrazione Comunale dorme placidamente, tra alterchi, lotte intestine, misteriose polveri rosse piovute dal cielo e costose piste ciclabili che diventano piscine a due passi dal mare, dopo una pioggerellina.
Grazie, però, a coraggiose donne, giovani e anziane, di ogni condizione sociale e culturale, l’Osservatorio “Giulia e Rossella”, Centro Antiviolenza Onlus, espressione della società civile, del laicato, fa sentire forte la sua voce per dare visibilità alle persone direttamente responsabili della vita che nei secoli sono state silenziate. Ed anche oggi! In ogni contrada del territorio e del sociale.
Giulia e Rossella erano due fanciulle nel fiore della vita. A loro fu dedicato l’Osservatorio Antiviolenza, uno dei primi in Italia per combattere la piaga che lede la dignità fisica, morale psicologica, affettiva e sociale delle violentate.
Un tragico incidente aveva posto fine ai loro sorrisi, mentre festose si recavano con la mamma, Tina Arbues ed il papà Franco d’Agostino, allo Zoosafari di Fasano, un parco faunistico attraente per i bambini, a cui la società industriale aveva sottratto persino la conoscenza delle galline e dei pulcini.
Quando si riprese dal trauma, Tina venne a sapere che l’intera famiglia era stata falcidiata. Esperienza incredibile, destabilizzante che lacera ogni cellula ripetutamente anche più volte e prostra, annichila l’anima.
Un macigno grande come una montagna si era abbattuto su quella famiglia perennemente impegnata nel sociale. Tina non si lasciò travolgere dalla immane tragedia. Pianse, tanto! Per molti, molti giorni, fino a quando si svuotarono le ghiandole lacrimali.
Passò del tempo. Trovò in sé il coraggio, Tina, donna mai addomesticabile, neppure con i flutti più esacerbanti, di reagire dignitosamente, aiutata dalle persone che le volevano bene e dai valori sociali in cui aveva sempre creduto con Franco, Giulia e Rossella.
Dal fondo del tunnel esistenziale con il vigoroso colpo d’ala di un’aquila, la piccola grande Tina partorì in casa come una volta, senza ginecologo, con la solidarietà di altre donne, l’Osservatorio Antiviolenza che da circa trent’anni è impegnato nel far volare farfalle, libere dalle profonde ferite, dalle crepe della vita.
Urge, ora, rileggere “Farfalle libere” Alda Merini…
“O donne povere e sole,
violentate da chi
non vi conosce,
Donne che avete mani sull’infanzia,
esultanti segreti d’amore,
tenete conto
che la vostra voracità naturale
non sarà mai saziata.
Mangerete polvere,
cercherete di impazzire
e non ci riuscirete,
avrete sempre il filo della ragione
che vi taglierà in due.
Ma da queste profonde ferite
usciranno farfalle libere.”
Grazie, padre Saverio, grazie donne dell’Osservatorio “Giulia e Rossella” a nome dei barlettani, di quegli uomini e donne di tutto il mondo, i cui cuori palpitano per le cause giuste, che danno senso alla vita. Infinitamente, grazie di cuore, facendo auspicare, immaginare, costruire un mondo più umano.
Occorre un colpo di reni, quindi, signor Sindaco Cannito, per dichiarare, nel Consiglio Comunale, Padre Saverio Paolillo e le donne dell’Osservatorio “Giulia e Rossella”, figli prediletti, ché seminano e spandono luce, vita, solidarietà, condivisione.
Congiuntamente per liberare la città dell’impressionista Giuseppe De Nittis da tutte le nefande figure che lainfangano. Da spregevoli figuri, come Massimo D’Azeglio che provava voltastomaco per noi, gente del Mezzogiorno, e Enrico Cialdini complice con le soldataglie piemontesi dello stupro di molte nostre trisavole sotto gli occhi sgomenti dei genitori, e dello sterminio di due interi paesi, Pontelandolfo e Casalduni, in provincia di Benevento.
Avevano capito, le reiette, in sintonia con i padri ed i fratelli “briganti”, povera gente, che si stava realizzando la colonizzazione del loro territorio con la retorica dell’Unità d’Italia, che porterà, invece, emigrazione all’estero e al Nord, remota ed ancora in fieri, lasciando miseria, rovesciando pregiudizi.
Ma lei, signor Sindaco Cannito, forsennatamente impegnato nelle lotte di potere, ne sarebbe capace?
Dubito, personalmente. La vedo fortemente abbarbicato alla poltrona di comando ed ai perversi intrecci economici e sociali che la alimentano!
Domenico Dalba
(Lo scrivente detesta visceralmente il titolo “professore”, escludente, pretenzioso, umiliante nei rapporti umani ravvicinati, preferendo quello di “folle”, “picchiatello” o “sivone”, come sono soliti chiamarlo, gli amici più creativi.)
Poesia pura per le coscienze e sveglia morale Bravo!