
Così sei morto. Sul pavimento il cacciavite
aspetta le tue mani sporche di grasso e i colpi di tosse
del motore.
È nella stanza accanto, dice qualcuno.
Se fosse vero ci daresti un segno: una pinza
che cade, uno sportello che si chiude, una valvola
col minimo rotolio che l’accompagna.
Un colpo sulla scocca.
Ma tu sei morto e tutti ti voltano le spalle, anche i tuoi figli
non ti riconoscono, non riconoscono il tuo silenzio.
Tu continui a guardarli rigirando un sorriso
stranito tra le mani, impacciato
davanti a tanta incomprensione.
La vita ti ha condotto fin qui e adesso
non sta bene che continuiamo a parlarti
sei sceso senza domandare
sei sceso con la faccia buona
quasi chiedendo scusa
e non c’è niente da ridere
niente da ridere.
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