
Negli ultimi venti giorni si è tornato a parlare dell’argomento Unione Europa, molto spesso in termini negativi e purtroppo mal informati, lamentando un mancato aiuto e il solito favoritismo verso i Paesi più ricchi dell’eurozona. In questo articolo si proverà a far chiarezza su alcuni aspetti dell’argomento come i 25 mld italiani contro i 550 mld tedeschi, la presunta assenza di finanziamenti dalla BCE e gli eurobond.
Caro direttore,
La più rumorosa ondata di malcontento ha avuto inizio proprio dalla presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde quando durante una conferenza del 12 marzo ha dichiarato: «Noi non siamo qui per accorciare gli spread. Non è questa la funzione né la missione della BCE». La frase ha immediatamente causato una forte sfiducia dei mercati verso i titoli di stato italiani, con aumento repentino dello spread, quindi una pesante perdita della borsa a seguito della quale lo stesso Presidente della Repubblica ha voluto esprimere il personale disappunto verso la dichiarazione fatta; ma analizziamo i fatti gradualmente ponendoci un paio di domande: qual è il ruolo della BCE? Davvero non sta aiutando i vari Paesi europei?
Cominciamo dicendo che, seppur posta in modo scorretto e ‘’irresponsabile‘’, la dichiarazione della Presidente non è del tutto sbagliata: infatti la Banca Centrale Europea è un organo mirato al controllo dell’inflazione in tutti i Paesi dell’eurozona, non ha quindi il compito specifico di abbassare lo spread degli Stati in difficoltà. Ma, è noto a tutti, questo è un caso eccezionale ed è l’Europa tutta ad essere coinvolta: il rischio è infatti di un tracollo economico generale e non solo dell’innalzarsi dello spread in alcuni dei Paesi. Dobbiamo quindi parlare, come molti stanno professando, di un abbandono da parte della BCE e dell’UE tutta? La risposta è no, sarebbe bastato infatti ascoltare integralmente la conferenza per scoprire che si stava annunciando un provvedimento di 120 mld ai quali si sono aggiunti più recentemente altri 750 mld, che verranno ‘’distribuiti‘’ attraverso l’acquisto dei titoli di stato, a basso interesse, dei vari Paesi in difficoltà, compresa l’Italia.
‘’La Germania è favorita‘’ e gli eurobond?
Un’ altra critica mossa verso l’UE è stata quella riguardante l’apparente maggior flessibilità nell’indebitamento per la spesa pubblica contro il virus a favore della Germania. Anche Matteo Salvini infatti ha contribuito a render noti dei dati che mettevano a confronto i 25 mld stanziati dal governo italiano contro i 550 mld stanziati dai tedeschi, confermando quindi l’egemonia economica di questi ultimi nella UE e il trattamento non paritario che ne deriva. Ma l’Italia ha davvero stanziato un ventiduesimo del finanziamento tedesco?
Partiamo dal presupposto che 25 mld non sono una cifra esigua e non sarà facile sdebitarsi, ma cosa più importante 550 mld sono una somma esorbitante anche per la Germania. Infatti i due numeri si rifanno a dati del tutto differenti: i 25 mld italiani sono utilizzati in politiche attive, come ad esempio l’assunzione di medici per fronteggiare l’epidemia, mentre i 550 mld tedeschi sono un fondo messo a disposizione per dare dei prestiti ad aziende in difficoltà, cosa che faremo anche noi attraverso la nostra Cassa depositi e Prestiti (1).
Sfatato questo primo punto passiamo alla seconda critica mossa verso le istituzioni europee, questa volta non solo da noi italiani ma da più Paesi come Francia e Spagna: il rifiuto degli eurobond o coronabond da parte di Germania, Austria e Paesi Bassi. Per parlarne, seppur in modo semplice, bisogna prima spiegare velocemente cosa sono e cosa cambierebbe per gli Stati europei con l‘adozione di questi nuovi titoli.
I titoli di stato hanno un funzionamento molto simile ad obbligazioni societarie, vengono comprate ad un prezzo fisso e dopo un tempo x restituite con un interesse. Consideriamo quindi un imprenditore (il mercato privato) che ha a disposizione del denaro da investire su una delle nazioni appartenenti all’ UE, ognuna delle quali emette i propri titoli: a cosa farà riferimento per la sua scelta? Sicuramente ai tassi di interesse che vengono proposti e alla stabilità del Paese in questione (2). Inutile dire che, considerando ad esempio l’Italia e la Germania, sarebbe sciocco per l’imprenditore scommettere sulla prima, a meno che quest’ultima non proponga tassi di interesse più elevati. Bene, nel caso in cui l’UE adottasse gli eurobond cederemmo la capacità di emettere titoli a un organo sovranazionale che deciderebbe scadenza, quantità e tassi di interesse, con la differenza che questi ultimi sarebbero basati sulla stabilità e credibilità dell‘Europa tutta e non dei singoli Stati. Diventa quindi facile comprendere perché paesi come Olanda e Germania abbiano subito rifiutato la proposta: i loro titoli di stato attuali frutterebbero certamente di più degli eurobond.
Cosa non va davvero nell’ Unione Europa?
L’Unione Europea è purtroppo ancora in uno stato embrionale: ogni Stato coltiva i propri interessi a discapito degli altri e si ha l’impressione, forse la certezza, che l’unità sia forzata solo dalla paura di un possibile conflitto mondiale. Questo deve essere un buon motivo per uscire? Assolutamente no. L’Italia al momento non è un paese competitivo se preso singolarmente, come l’Europa intera non compete con le due superpotenze economiche e politiche attualmente più emergenti: la Cina e gli USA. L’unico modo per rimanere a galla in questo periodo storico che fa della globalizzazione la sua dottrina è creare un UE con politiche ambientali, economiche, sociali e di difesa comuni per tutti gli Stati membri, ognuno dei quali deve riuscire a guardare all’Unione con lungimiranza, come un grande progetto che andrà a vantaggio di tutti anche se non nell’immediato. Rinunciare ai sovranismi, creare regole comuni in ogni ambito e applicarle rigidamente: questo è il sentimento europeo che serve per evolvere verso gli ambiziosi ‘’Stati Uniti di Europa‘’.
- Approfondimento : https://www.youtube.com/watch?v=tPmitxD2v-A
- Approfondimento : https://www.startingfinance.com/approfondimenti/funzionamento-vendita-titoli-di-stato/
Enrico di Noia