
«In quel momento capii che ciò che conta di fronte alla libertà del mare non è avere una nave, ma un posto dove andare, un porto, un sogno… che valga tutta l’acqua da attraversare»
(Alessandro D’Avenia)
Amo il mare. Lo amo visceralmente. Come per tutte le passioni viscerali, lo amo senza una ragione precisa, sin da bambino.
Sì, so che fa bene alla pelle l’acqua salina, so che fa bene alle ossa lasciarsi riscaldare dai raggi solari (riscaldare: non scottare…), so che fa bene il nuoto alla mia cifosi, so che mi allena il fiato e mi restituisce braccia e spalle vigorose. Ma la passione per il mare prescinde da questi pur rispettabili fini utilitaristici.
Amo il mare perché il mare è libertà. Quando all’alba lascio il tepore di casa, lancio un saluto muto a moglie e figli che ancora dormono, e vado a immergermi per le mie mille o duemila bracciate; quando ci siamo solo io, il vento, il sole che sorge, le onde che ora mi accompagnano, ora mi schiaffeggiano, non c’è ragione pratica che tenga: è questione di libertà, di passione e libertà. Di silenziosa e creativa solitudine.
Ma se si ha una barca la faccenda cambia. A nuoto, per quanto resistente e veloce, puoi durare una o due ore, percorrere tre o quattro chilometri. Poi, devi rientrare. La grandezza del mare merita rispetto e considerazione del proprio limite. Il che è sempre un bene. Anche perché ti fa guadagnare la riva con la nostalgia delle acque e il desiderio di tornare a tuffarti, non appena sarà possibile.
Con una barca non è così e ci si potrebbe montare la testa. Una barca a vela, solo che sia munita di un desalinatore e di una canna da pesca o di una rete, ti potrebbe consentire di valicare l’oceano in totale autonomia. Roba da hybris, altro che! Roba da perdere la strada di casa.
E a quel punto la differenza la fa la meta.
Perché quando puoi andare in ogni dove, quel che conta è cosa scegli: e soprattutto chi scegli. Chi scegli di essere e con chi o per chi scegli di vivere.
Ci sono mete lontane e mete vicine, traguardi facili e altri che sembrano impossibili. Ma nessuno muove un passo se non sa dove andare e se non ha una ragione precisa per partire. Oltre che una ragione per ritornare.
Caro lettore, adorata lettrice,
verso dove indirizzerai la tua prua, stamattina?
Quale che sia la tua scelta, quale che ne sia la condizione, ricorda: un sogno grande, una grande visione rendono fantastico anche il viaggio. E lo rendono attraversabile, a dispetto delle funi che segano le mani e del sale che brucia sulle ferite.
Ché: «Fatti non foste a vivere come paperelle nello stagno, ma per seguire virtute e canoscenza”» (papà Dante perdonerà…).
Quasi dimenticavo: anche i marinai hanno bisogno, al mattino, di un caffè robusto e forte!
Amo il mare per gli stessi imperscrutabili motivi. È un’attrazione che, come il virus dell’herpes, si nasconde nei gangli e riappare al minimo contatto sensoriale, anche solo in forma iconografica, con questa immensa bellezza in continuo movimento. Da sempre cerco di capire i motivi di questa passione, ma non ne vengo a capo. Non sono neanche nata in una città sulla costa!!!! Ma oggi tu sei riuscito a dare forma e parola alla mia passione. Come lo strizzacervelli che tira fuori da te i pensieri più reconditi….quelli di quando eri neonato (mah!!!!).
Almeno ora so da dove partire per cominciare quest’altra ricerca….
Difficile immaginare di ricevere un apprezzamento più bello: grazie mille, Mina!
https://youtu.be/P8oAPchzyQs
“Mediterraneo sia”….forse la canzone più bella dedicata al Mare Nostrum.