Quanto ci delude perdere. Quanto si fa fatica a chiedere aiuto, ad accettare che “è finita”
Quando Gesù muore, è buio, ovunque.
È buio sulla terra, è buio dentro. E anche quella piccolissima luce che dava respiro, quel suo essere in croce, sofferente, ma vivo, si spegne quando, con l’umiltà di un uomo, con la fragilità di un uomo che riesce solo a dire “ho sete”, consegna lo spirito. E il giorno diventa notte.
Quando Gesù muore, muoiono con lui le speranze. “È finita”, avremmo detto. “È finita”, avranno pensato i discepoli.
“È finita”. Diciamo noi ogni volta che anche l’ultima possibilità svanisce.
(Mi ritorna prepotente in mente l’immagine di Caponnetto che dopo la strage di via d’Amelio dice, disperato e sfiduciato, “È tutto finito”).
“È finita”.
Dopo tutto questo sforzo, dopo tutto questo tempo, dopo tutte le energie e le risorse investite… è finita. Non può essere, non deve essere. Non è giusto.
“È finita”, è la parola, è il pensiero che ci mette davanti al nostro essere inevitabilmente, incomprensibilmente, meravigliosamente limitati. Esseri umani.
Quanto ci fa arrabbiare essere umani. Quanto ci fa arrabbiare sbagliare. Quanto ci delude perdere. Quanto si fa fatica a chiedere aiuto, ad accettare che “è finita”.
Poi arriva la Pasqua.
Arriva e distrugge. Arriva e ricostruisce.
Arriva e ci ricorda che anche se siamo umani, proprio perché siamo umani, dobbiamo risorgere. Ricominciare. E che possiamo ricominciare solo se accettiamo di dire “ho sete”, solo se ci permettiamo di morire, solo se ci lasciamo curare da chi abbraccia la nostra croce, solo se abbracciamo anche noi la croce dell’altro
Arriva la Pasqua e ci mette davanti alla possibilità di Essere. Di essere ancora. Di essere sempre.
E la sfida più grande, quella più bella, sta nel (ri)trovare la meraviglia dell’inizio, l’ansia bella del primo passo, la gioia del ricominciare il cammino dopo la sosta, con la carica nuova, la carica giusta. La bellezza di riconoscere che anche nella croce, anche nel silenzio, anche nella fatica della salita, anche nella disperazione della “fine”, batte forte un’unica grande certezza: IO NON HO PERSO TEMPO.
E allora, risorgiamo.
E allora, anche Lui risorge davvero.