Tappeti sonori eleganti e mai invasivi, pensati per lasciare spazio alle parole del grande autore, apprezzabili in tutta la loro potenza. Il flusso musicale inframezzato poi dai brevi interventi del narratore, voluto per accompagnare lo spettatore nell’abisso del  mondo tenchiano

La notte del 28 gennaio 1967, dopo aver cantato al Festival di Sanremo in una disastrosa esibizione, Luigi Tenco, si sparò. Aveva 28 anni e le cause del gesto, nonostante il cantautore avesse lasciato un biglietto di spiegazioni, non sono mai state chiarite fino in fondo. Nella confessione si parlava di un gesto di protesta verso il pubblico e il mercato discografico italiano. Alcuni addebitano la cosa allo stato psicofisico alterato da alcol e droghe dell’artista, altri a pene d’amore. Addirittura per diverso tempo si è pensato anche che potesse essere stato un omicidio, ipotesi tuttavia recentemente archiviata dalla magistratura. Tutte congetture rimaste tali. La cosa certa è che dal giorno della sua morte, di Tenco non si è più smesso di parlare, né tanto meno di ascoltare le sue canzoni.

Proprio con l’intento di omaggiare il grande cantautore genovese (d’adozione) a cinquant’anni esatti dalla sua morte, è nato il “Tenco Project”. 5 musicisti e una voce narrante. Nello specifico la cantante Anna Maria Sanna accompagnata da Riccardo D’Avanzo al pianoforte, Donato Castagna alla batteria, Alberto Di Leone alla tromba, Giuseppe Schiavone al basso, poi Andrea Colasuonno per i testi e la voce narrante. Una rilettura in chiave jazz dei più celebri brani del tormentato cantautore: da “Lontano Lontano” a “Ho capito che ti amo”, da “Vedrai vedrai” a “Ciao amore ciao”. Tappeti sonori eleganti e mai invasivi, pensati per lasciare spazio alle parole del grande autore, apprezzabili in tutta la loro potenza. Il flusso musicale inframezzato poi dai brevi interventi del narratore, voluto per accompagnare lo spettatore nell’abisso del  mondo tenchiano: nella sua infanzia, nei rapporti con gli altri colleghi, nei suoi amori, nella notte del suo suicidio. Uno spettacolo pensato dunque come un’esperienza a tutto tondo, messa a punto per restituire la complessità di un personaggio difficilmente inquadrabile, da cui a distanza di 50 anni si continua ad essere affascinati e inquietati.

La prima dello spettacolo si è tenuta domenica 11 giugno, durante una partecipata serata alla masseria Guardiola, nelle campagne andriesi, grazie all’apporto organizzativo dell’associazione Myrabbasc. Adesso l’intenzione dei musicisti è quella di far girare il progetto il più possibile , così da mantenere vivo e fruibile il ricordo di uno dei pezzi più pregiati del patrimonio musicale italiano.

Dalida, sua compagna nella vita oltre che nell’ultima canzone cantata a Sanremo quel gennaio 1967, una volta disse : «Nessuna storia d’amore è paragonabile a quella che ho vissuto io con Luigi Tenco. È il compagno del quale mi sento vedova. Dio mi perdoni se non ho avuto il tempo di capirlo, di proteggerlo fino in fondo. Lui era il mio istinto, la mia vocazione musicale. Mi sentivo presa dal quel “rivoluzionario” che nel ’64 aveva abbandonato il Partito comunista perché, diceva, “i rossi si son tutti sbiaditi”. O che aveva interrotto gli studi d’ingegneria perché sosteneva: “Io non costruirò mai ponti e case solo per far accumulare quattrini ai potenti. Meglio che nelle case arrivino le mie canzoni”. Come tutte le persone romantiche che rifiutano di crescere, lui era il mio uomo ideale. Come non rimanerne soggiogata psicologicamente? Era un fiume in piena del quale io pretendevo invece di arginare l’impetuosità. Mi sono accorta troppo tardi che avrei dovuto aiutarlo”. Resta fiume in piena tutt’oggi Tenco, purtroppo non più la sua persona, ma la sua arte, un fiume dal quale allora forse, per una sera, conviene farsi travolgere.

 


Fontehttps://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/4/44/Dalida_e_luigi_tenco.jpg
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