Incollati ad una poltrona impregnata di suspance e commedia nera

Diretto da James Watkins e prodotto dalla Blumhouse, “Speak No Evil” è un cosiddetto “instant remake”, la fedele riproduzione di un recentissimo film danese dei Fratelli Tafdrup, due pellicole che, però, possono essere viste anche in ordine inverso, in quanto, apparentemente, distaccate l’una dall’altra, ma unite dalla contrapposizione esistenziale di una famiglia inglese ed una americana, nella campagna britannica, nel pieno di un dissacrante delirio sociale che sfocia nella più misera violenza.

Facendo il verso a capolavori quali “Arancia Meccanica”, ”Funny Games” e ”Shining”, “Speak No Evil” trascina lo spettatore fino all’estremità del raziocinio, è il male tellurico che affonda le radici nel perbenismo genitoriale, nella salvifica e vana condotta relazionale, nel bramoso desiderio di ottenere ciò che non abbiamo, in maniera machiavellica ed attraente, restando incollati ad una poltrona impregnata di suspance e commedia nera.

Il dramma psicologico, che si consuma lungo tutta la durata del racconto, è incentrato sulla disgregazione di un nucleo familiare e sulla cementificazione di un altro, sono i poli opposti di un disegno criminale, forse scontato, ma certamente accattivante, un’opera, quella di Watkins, che non eccede in virtuosismi accattivanti ma che fa quadrare i conti di un genere innovativo dalle spiccate sfumature yankee.