La triste, silenziosa accettazione della solitudine da smartphone
Negli ultimi giorni è balzato agli onori della cronaca il risultato di una ricerca effettuata da sociologi e antropologi italiani che hanno indagato per arrivare a quantificare numericamente il fenomeno ossessivo degli smartphones sempre a portata di mano. Il risultato, di per sé agghiacciante, dice che il 72 % degli intervistati non riesce a fare a meno di controllare continuamente il proprio smartphone. Se si fa il paio, poi, con il fatto che questa ossessione trova massimo sfogo nei luoghi come i mezzi pubblici, posti di lavoro, ristoranti, bar e scuole, i quali un tempo rappresentavano i luoghi per scambiare idee, fare addirittura nuove conoscenze, o semplicemente osservare, si ha una dimensione più definita della situazione.
Fin qui, si parla di ciò che è quantificabile, conteggiabile grazie a sondaggi. Provando ad andare oltre i freddi numeri, troviamo una situazione ben più grave, con tutte le conseguenze negative portate dall’invasione degli smartphones nelle nostre vite.
Quanto è triste alzare la testa e trovarci di fronte degli automi che fissano solo i loro telefoni e controllano ossessivamente messaggini e chat? Quanto è indecoroso non riuscire a scambiare due chiacchiere a bordo di un treno, di quelle chiacchiere sul più e sul meno di cui era fatto il mondo fino a pochi anni fa? Quando potremo tornare a far cominciare le nuove conoscenze, senza richieste di amicizia virtuali, senza “mi piace” strategici, senza questi schemi che in pochi anni hanno distrutto qualsiasi poesia che ci potesse essere anche in una presentazione fatta vis à vis.
Sarebbe facile rassegnarsi, lo è nella maggior parte dei casi farlo, e lasciare che le cose scorrano ormai così, con questa apparente velocità, che in realtà sta diventando lassismo e immobilismo. Come è difficile scavarci dentro per capire quanto in realtà dietro questa necessità di avere qualcosa continuamente sotto controllo, ci sono tutte le nostre debolezze e insicurezze? L’incapacità di bastarsi, la scarsa capacità a saper gestire i rapporti interpersonali, a iniziarli male e a volte a finirli peggio, senza rispetto probabilmente anche per sé stessi e per ciò che si costruisce, se si costruisce. È difficile fermarsi a riflettere se le conclusioni possano essere solo di questo tipo, se non peggiori.
Eppure, sembra inevitabile che dovrà arrivare il momento in cui mettere un punto fermo, per non andare ancora più alla deriva, in cui dovremo fermarci per salvare il salvabile di ciò che ci è rimasto, per recuperare l’umanità che si sta smarrendo dietro l’alienazione da smartphones e ciò che essi hanno portato: fenomeni bipolari, sdoppiamenti di personalità, manie di protagonismo e simili. Tutto sembra alla portata di tutti, ma in realtà, di questo passo, anche un caffè in compagnia di un amico fra poco diventerà un privilegio per pochi eletti.