«Vorrei che tu comprendessi bene, anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e non avrò mai da vergognarmi di questa situazione»

(Antonio Gramsci)

Negli ultimi giorni il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano ha dichiarato di voler apporre una lapide commemorativa di Antonio Gramsci presso la clinica Quisisana di Roma, dove Gramsci morì il 27 aprile 1937.

Per noi Pugliesi il nome di Antonio Gramsci ha un sapore speciale, perché fu recluso a Turi dal 19 luglio 1928 al 18 novembre 1933. Lì, in condizioni tremende, sono nati i Quaderni dal Carcere, una delle più profonde testimonianze della cultura mondiale.

Il Ministro Sangiuliano, ex direttore del TG2, pochi mesi fa è salito all’onore delle cronache per aver definito Dante Alighieri “un autore di destra”, in ossequio al tentativo di dare una dignità culturale al Governo oggi in carica, in rivolta contro una non meglio specificata “egemonia culturale della sinistra”.

Premesso che il rapporto fra Antonio Gramsci e la sinistra è oggetto di analisi molto accurate e per nulla semplicistiche, vorrei lanciare un appello al Ministro affinché lasci in pace Gramsci e le sue ceneri, di pasoliniana memoria. Gramsci fu e rimane intrinsecamente e definitivamente antifascista e il suo concetto di popolo non ha nulla a che vedere con la propaganda populista.

È il caso di ricordare le parole pronunciate dal Pubblico Ministero nel processo del 1928: “Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. Gramsci fu condannato a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni, ma il suo cervello, pur fra indicibili sofferenze e limitazioni, rimase lucidamente antifascista.

Il Governo del ministro Sangiuliano non ha mai chiuso con il fascismo: perché dovremmo accettare mistificazioni fatte passare come gesti di riconciliazione?

Antonio Gramsci, in una lettera del 1928 alla madre, ci risponde meglio di chiunque altro: “Vorrei, per essere proprio tranquillo, che tu non ti spaventassi o ti turbassi troppo qualunque condanna stiano per darmi. Che tu comprendessi bene, anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e non avrò mai da vergognarmi di questa situazione. Che, in fondo, la detenzione e la condanna le ho voluto io stesso, in certo modo, perché non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione. Che perciò io non posso che essere tranquillo e contento di me stesso. Cara mamma, vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, è molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini”.


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Sono nato a Barletta nel 1956; ho insegnato Lettere per 23 anni e sono stato dirigente scolastico dal 2007 al 2023. Mi sono dedicato allo studio di vari aspetti della storia locale e sono membro della Società di storia patria per la Puglia; ho censito, trascritto e tradotto le epigrafi di Barletta. Per i tipi della Rotas ho pubblicato il romanzo-saggio “Ricognizioni al giro di boa”. Da molti anni mi interesso di religioni (specialmente il Buddhismo Mahayana) e di dialogo interreligioso. Ho avuto la fortuna di avere tre figli e ora di essere anche nonno! Da settembre 2023 sono in pensione: si dice tecnicamente "in quiescenza" ma è un po' difficile fermarsi. Gioco a tennis, mi piace molto viaggiare e credo molto nel lifelong learning. Sono stato cooptato in Odysseo da Paolo Farina :) e gli sono grato per avermi offerto uno spazio per parlare di scuola (e non solo) fuori dall’ambito formale/ istituzionale.

5 COMMENTI

  1. Michelangelo Filannino è un “grande” !
    Me ne accorsi immediatamente quando lo conobbi mentre era preside del liceo scientifico di Andria, quando era frequentato anche dai miei figli.
    Ha colto nel segno anche questa volta con precisione “chirurgica”. COMPLIMENTI

  2. Caro Vito, ti ringrazio per i complimenti, ma sarebbe più opportuna una tua opinione sull’operazione culturale a cui il mio articolo fa riferimento.

  3. Gramsci non rientra nelle codificazioni della sinistra. Come potrebbe anche solo lontanamente avere punti di intrerconnessione con la destra? Lui è l’uomo della libertà e la destra è l’assassina della sua libertà. Apporre una lapide nel luogo dove è morto è come impossessarsi definitivamente dell’omicidio indiretto di questo uomo. Un uomo fra l’altro che nelle scuole italiane si studia troppo poco. All’estero, insieme a Montessori, è fra gli Italiani il cui pensiero non solo è studiato di più, ma è anche oggetto di sperimentazioni o di think tank.
    Se il Ministro volesse realmente onorarlo dovrebbe leggere tutta la sua opera, comprenderla e tradurla in praxis. Come? Diminuendo i fondi del PNR per gli asili nido? La lapide sarebbe una litote: negare per affermare o, meglio, “affermare per negare”.

  4. Condivido pienamente. Aggiungo che porre una lapide dove Gramsci è morto è come commemorare finalmente la sua morte e non certo la sua grandezza intellettuale e morale. Difatti se si volesse fare questo lo si porterebbe ad esempio di pensiero e di azione etica e politica. Ma è pretendere troppo in un periodo storico di gravissima crisi culturale e politica.

  5. Le persone di destra sono la rovina della Destra, per l’afflato retorico e populistico che pervade e connota ogni loro pensiero, intenzione o azione. Il Ministro Sangiuliano poi sta dimostrando ad ogni costo di essere colto, di aver cioè poggiato le terga sulla poltrona giusta; nulla di più, niente di che. Avrebbe potuto dire qualunque cosa, citare qualunque intellettuale di un passato prossimo o remoto, la sua ignoranza sarebbe stata ugualmente manifesta. Pertanto parafrasando il “destrorso” Dante diciamo: “non ragioniam di lui”.

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