A noi che siamo qui ad ascoltare le voci urlanti, a noi che siamo qui a guardare fotogrammi di vita spezzate per caso
Una società che lascia morire delle persone, in mare aperto, sulle spiagge, nei tir; o che li abbandona per le strade, infreddoliti e inzuppati al gelo dell’inverno o al caldo afoso estivo, non è degna di questo nome. Oggi tocca a loro, domani potrebbe toccare ai noi europei.
Quando prevale l’idiozia e la miopia, aggravata da menti demagogiche, si è già nella barbarie. Quello che sta accadendo, da anni ormai, rende impossibile qualsiasi discorso sulla cittadinanza, la cultura e la lingua. A nulla sono servite le strazianti immagini del piccolo Aylan, privo di vita raccolto su un bagnasciuga.
Nella cultura cristiana è centrale il “valore” della vita. Bisogna chiedersi però se la certezza della resurrezione possa giustificare la morte di 39 persone. Nella notte tra martedì 22 e mercoledì 23 la polizia inglese, ha trovato i corpi di 39 persone chiuse nel container di un camion nella zona industriale di Grays, una città a est di Londra. Erano stipati come bancali, dentro il rimorchio troppo stretto. Una politica che contabilizza le vittime, è una condanna per tutti noi.
“È uno scandalo che in Europa si possa morire ancora così”. Più che rabbia, è un grido di dolore e orrore quello del cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Comece (Commissione delle conferenze episcopali dell’UE). “…E come cristiani non possiamo tacere. Bisogna chiedersi: come parlare di identità cristiana se la gente continua a morire così e queste tragedie non ci toccano più?”.
So solo che è spaventoso ciò che ci sta circondando. Un dissesto che riguarda ogni parte del mondo e che scombussola le coscienze di ognuno. A noi che siamo qui ad ascoltare le voci urlanti, a noi che siamo qui a guardare fotogrammi di vita spezzate per caso, non resta che ammutolirsi e stringersi alla nostra anima con il fine ultimo di purificare la nostra quotidianità e rendere vivo il ricordo di chi non c’è più attraverso uno stile di vita più parsimonioso in cui condivisione, umanità, generosità, benevolenza, pace e giustizia possano essere i cardini di riflessione in cui specchiarsi ogni giorno e ogni notte.
L’amara verità è che quanti cercano, con ogni mezzo, di raggiungere il vecchio-nonno
Continente, attraversando, o per la rotta mediterranea o per quella balcanica, sono null’altro che “avanzi”, “scarti”, “resti”, “esuberi”, per dirla alla Bauman “distopie” che camminano.Questa parte di umanità è considerata ambasciatrice di notizie ‘nere’ accusandola, così, ancor prima di arrivare, di essere criminali e di non rispettare la legge, di essere il peggio della criminalità, perché vengono per “rubare” le nostre risorse, quelle già rubate dai tanti corrotti e avidi personaggi.
In quanto comunità ecclesiale è doveroso difendere la nostra umanità, ormai alla deriva, senza più il faro della ragione e della fede, che da millenni salva anime e vite nel cuore e nel porto sicuro di nostro Padre. Per noi cristiani alzare la voce con la Parola del Vangelo per l’umanità scartata, rifiutata e oppressa significa rendere un atto di giustizia, di verità, di amore nei confronti del prossimo.
Infatti essere cristiani è diventare differenza e profezia per il fratello e la sorella. Per cui diventa sempre più impellente il bisogno, di un cristianesimo, che arde di una testimonianza incarnata nella storia e lotta con i mali del razzismo, del pregiudizio e della morte.
Un parteggiare per l’umanità e la vita.