di Ornella Mereghetti
Quando la poesia diviene narrazione di un amore struggente e altamente palpitante, anche la vita possiede una bellezza straordinaria così come il tempo.
Lo afferma anche il grande Pino Roveredo nell’introduzione alla raccolta “Seme d’Infinito e buio d’Abisso” di Ornella Mereghetti pubblicata da Zephyro Edizioni.
Scrivere d’amore tra passato e presente con riverberi di futuro significa farsi materia di spirito e carne, piantare semi d’infinito e confondersi col vento, con l’aria, con la terra, il fuoco.
Tra cellule e pelle lo stupore s’ammanta di desiderio tra pazienza, silenzio, battiti e lontananze. Come quando dentro qualcosa esplode e poi si ha bisogno di ricomporsi e di avere spazio per volare.
La rorida rosa sul ramo che gemma come carezza… Cosa c’è dietro il velo bugiardo delle parole?
Essere il cuore di chi si ama tra deserti di solitudine, sogno di primavera e tenera erba che attende segnali d’amore.
L’autrice tra metafore e sinestesie conferisce ai suoi versi un ritmo molto personale contando i grani della gioia nello spazio turchese dei sensi dove affiora un’intimità che sa di pane e scocca come lampo negli occhi.
Tra l’Infinito e l’Abisso c’è la pienezza dei respiri, la fusione delle emozioni, un fuoco liquido divino affinché il dolore scompaia e muoia per sempre la noia.
Si può essere colpevoli per il solo fatto di amare?
Si può essere folli perché non si conoscono vie di accesso ad un altro cuore?
La risalita trasforma, libera dai ceppi, segue altri passi che si fanno storia dentro: è l’anima che coniuga l’amore del mondo in nuova luce apparecchiando il tempo come speranza.
Spento l’autunno, cavalcate le onde del mare, non si resta come fermo immagine per offrire preghiere di perle da levare al Cielo.
… il mio tralcio sta nella vite di Dio,
non puoi non sentire il “Suo” Amore,
insieme siamo vendemmia, per il mondo!
L’anima danza fra le mani, sono fontane di luce gli occhi innamorati, in procinto di crescere per esplodere in un’alba nuova. Allora s’incontrano le città, i fiati a mezz’aria e le parole sono liturgia vera.
Tu, Amore,
che agiti la mia Anima
e l’abitui ad un ampio respiro, …
Nella stagione dei miracoli,
trasforma la mia sete
L’infanzia torna a bussare con amarezza ma non ci si rassegna al dolore trattenuto tra le pagine di un quaderno macchiato di vino e sangue dal patrigno. Ci si sente spiegazzati come depliant ma basta una ventata d’aria fresca a far vincere la partita del dolore con la resilienza, mai con la rassegnazione.
Il porto giusto è quello che rattoppa l’anima col filo di Dio, sì da ricercare il raggio destinato a riportare la luce.
Non conosco l’orgoglio:
sopra un mare di seta
ho tentato il mio viaggio…
Viaggiare per danzare al ritmo di nuove stagioni, per superare il capriccio dei ricordi, per balzare nel cuore contro ogni paura, per sentirsi meno incompleti e seguire i sogni che configurano altri orizzonti.
Quando si resta anima e fiore e le parole stampano in viso la memoria, quando la quiete è un altare da cui osservare un probabile futuro, andare avanti è un imperativo sostituendo la pena di vivere all’eco della primavera.
L’autrice ci rammenta che qualsiasi volo è possibile quando ci si veste di stelle e di fiori. Ogni segno sulla mano, ogni solco, ogni ruga è un mare d’appartenenza anche quando il vento infuria a Trieste e scuote i rami nudi.
L’abisso è nell’impotenza, quando manca l’ossigeno e il fiato si assottiglia.
L’infinito, invece, è canna di flauto che sa espandere musica… Sempre!