Alcuni genitori hanno deciso di interrompere l’esperienza dei propri figli poichè ritenevano “inutili e non educative” le mansioni che i ragazzi avrebbero dovuto svolgere: ma non erano lì per imparare?
Durante lo scorso anno scolastico ho avuto modi di seguire come tutor un progetto di alternanza Scuola-lavoro all’interno della realtà in cui offro un Servizio-lavoro, che si occupa di assistenza socio-educativa e servizi alle persone in condizioni di disagio.
Il progetto prevedeva la possibilità per i tirocinanti di affiancare e collaborare con le diverse figure operanti all’interno della Comunità, potendo così arricchire sia il proprio bagaglio formativo ma, anche e soprattutto, entrare in contatto con una realtà che mette al centro del proprio operato i Valori della Solidarietà e dell’Umanità.
Proprio per questo motivo, sono rimasto profondamente amareggiato e spiazzato dalle lamentele di alcuni genitori che hanno deciso di interrompere l’esperienza dei propri figli poichè ritenevano “inutili e non educative” le mansioni che i ragazzi avrebbero dovuto svolgere, per una parte del percorso, affiancando gli operatori delle strutture e i mediatori interculturali nel loro Servizio-lavoro quotidiano all’interno delle case, con una duplice finalità.
Da una parte, infatti, il servizio all’interno delle Case di accoglienza permette di avere un approccio diretto con i beneficiari attraverso la condivisione della loro quotidianità, dall’altro l’affiancamento di queste figure professionali avrebbe permesso di comprendere meglio il delicato compito che ricoprono coloro che, svolgendo mansioni umili ma dignitose, rivestono un ruolo fondamentale di riferimento per gli ospiti delle strutture, entrando nelle pieghe della loro quotidianità e facilitando il contatto con le altre figure trasversali.
Lungi da me l’intenzione di volermi sostituire agli specialisti del campo ma, personalmente, ho sempre vissuto il ruolo educativo dalla parte del “figlio” e mi è stato insegnato sin da subito a rispettare il ruolo degli educatori e quello che mi dicevano di fare, anche e soprattutto quando non ne comprendevo l’utilità.
Quello che i miei genitori hanno voluto trasmettermi, pur non avendo frequentato corsi o scuole di pedagogia, non è un’idea di cieca obbedienza, ma il rispetto dei ruoli e la consapevolezza che tra la famiglia e le altre agenzie educative debba esserci collaborazione e non interferenza.
Di fronte agli episodi sopracitati mi sono tornati alla mente i miei genitori, le infinite discussioni con loro dopo i colloqui con i professori, le mie accuse di “non prendere mai le mie parti” e il loro continuo ribattere a suon di “un giorno capirai”.
Mi sono tornati in mente i miei genitori e, silenziosamente, li ho ringraziati per quello che mi hanno insegnato. Mi avessero educato a pretendere prima che a dare, probabilmente non avrei avuto la possibilità di innamorarmi del lavoro che faccio.
La Comunità di cui faccio parte da anni fonda il suo operato sul rispetto dell’altro, sulla valorizzazione dell’Umanità, ma anche sul rispetto, la dedizione e l’umiltà, valori essenziali per poter interagire con le marginalità ed aprirsi all’altro nella sua unicità e universalità, senza pregiudizi e discriminazioni.
Chiunque entri a far parte di questa Comunità, anche per breve tempo, è chiamato a ad assaporarne e condividere i valori.
Tra questi, l’umiltà ricopre un ruolo fondamentale, se utilizzata nella sua pienezza di significato e non in maniera errata. Utilizzare questo termine per indicare le mansioni ritenute di poco conto ne svuota di senso e di significato.
Umiltà è il vedere noi stessi come una piccola parte in un insieme più vasto, fatto da persone ed esperienza dalle quali possiamo imparare, sempre.
C’è una particolare dignità nelle persone sinceramente umili. Possono diventare anche persone di successo e ottenere ottimi risultati, ma avranno sempre la saggezza e l’esperienza necessaria per comprendere i loro limiti e il valore altrui perchè non dimenticheranno mai che qualsiasi successo ha sempre avuto inizio dal basso e questo sarà sempre fonte di forza, che permetterà loro di ricevere rispetto e poter offrire maggiore ispirazione alle persone con cui entreranno in contatto.
Nel lavoro, come nella vita privata, la complessità che ci circonda rende sempre più importante affidarci agli altri, soprattutto a chi ha più Esperienza di noi. Una persona dotata di umiltà riesce a comprendere che tutti noi dipendiamo, per la nostra esistenza, dal sostegno pratico ed emotivo di altre persone, poichè è capace di spostare la prospettiva dall “Io” al “Noi”.
L’umiltà è un punto di partenza: come possiamo crescere ed evolvere se pensiamo di non avere nulla da imparare?
È questo che avremmo voluto trasmettere attraverso questa Esperienza, ma con alcuni ragazzi non ci è stato dato modo e tempo di poterlo fare al meglio.
Poco male. Abbiamo sufficiente umiltà per poter ammettere di avere ancora molto da migliorare, ma altrettanta consapevolezza di essere sulla strada giusta.