No, non c’è limite!

Caro Direttore,
guardo la foto del ministro satollo e mi domando che cosa abbia da festeggiare la sera di ferragosto 2018, a poche ore dalla catastrofe di Genova. Camicia tirata sullo stomaco ad anguria, occhio brillo e luccicoso, la mano che scivola stanca lungo la sedia. I piatti sono colmi di pesce, i bicchieri appannati di bianco vino gelido. Il ministro ride divertito e soddisfatto. La Lega nel Messinese celebra una cena di consòlo per i morti di Genova.
Ci vorrebbe un punto di domanda, che sarebbe al contempo un punto di risposta. Si celebra l’osceno, officiante il ministro dell’Interno, mentre in val Polcevera si scava alla ricerca di cadaveri, una quarantina di morti. E lì, al tavolo dei bagordi senza pudore, si capisce anche l’ultima gaffe del Truce, il cui ufficio stampa aveva emesso un comunicato nel quale il ministro “ringrazia i morti e i soccorritori…”
Sì, avete letto bene. La Liguria è in ginocchio, i cadaveri non si contano più, e non dico del disastro economico, di quello sociale, della paura che prende chiunque ormai deve mettersi in strada. No, io non dico, ma il ministro dell’ordine pubblico ci beve sopra. Prosit.
Credo che in un Paese serio, Salvini sarebbe stato mandato a casa a calci in culo. Nel nostro Paese sale nei sondaggi, è l’uomo del giorno. Nel locale del sacrilego consòlo ci sono quasi trecento invitati, gente che fra un bicchiere e l’altro si candida a governare un pezzetto di questa Italia ubriaca. A nessuno di loro viene in testa di domandarsi se l’orrore può o debba avere un limite.
No, non c’è limite. Anzi, gli zeloti corrono a postare le festose foto sui social, con tentativo maldestro di rimuoverle quando i fumi dell’alcol allentano la presa, ma è troppo tardi. La rete talvolta fa giustizia dei suoi stessi indicibili orrori. E meno male.
Ma c’è un dato che appare poco tranquillizzante. Il governo degli onesti tace. Di Maio usa la strage contro Renzi, con la solita finezza del birraio di Pomigliano che non guarda in faccia a nessuno, neanche ai morti. Toninelli che, ministro competente si fa per dire, copre i suoi amici no-Gronda, quelli che linciavano chiunque dubitasse della solidità del ponte Morandi, quello crollato. Il premier Conte che rassicura sulla giustizia a venire…
Gli altri? I parlamentari della maggioranza gialloverde? Allineati, coperti e silenti. Come un sol uomo. Salvini ci beve sopra? E che vorrà dire mai? Il ministro aveva preso l’impegno da tempo, non aveva scuse. Gli amici di Messina avevano già ordinato il pesce. Chi poteva prevedere che crollasse quel cavolo di ponte? Ma che pretese!
Nel mio infimo, mi permetterei di dare un consiglio al ministro da osteria. Ministro, i morti non votano, ma i morti si vendicano.

Articolo precedenteBergoglio e i giovani…
Articolo successivoLa smorfia. Applaudire?
Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).