
È morto il dio delle parole, dopo Hemingway, Faulkner, Melville e pochi altri.
Cormac McCarthy. Lo affermo, coram populo, è morto il dio dell’uomo che tutti siamo: carne, muscoli, cuore e cervello tenuti assieme da coscienza e paure. L’uomo che se provocato, spinto in un angolo dal destino, può diventare capace di ogni bestialità. L’uomo che siamo e che la religione ha relegato per quieto vivere a essere buono redento dal peccato originale.
Se non vogliamo prenderci per il culo, diciamocelo pure: “Ultima hominis felicitas non est in hac vita”.
Quindi, ribadisco, è morto il dio delle parole, dopo Hemingway, Faulkner, Melville e pochi altri.
Un po’ più vicino abbiamo quel dio della scrittura meraviglioso ma impietoso con gli uomini che è Ágota Kristóf. Non averla letta è come non aver mai bagnato i piedi nel mare.
In Italia, non ha eguali, abbiamo Beppe Fenoglio. Tutto il resto è solo meritevole. Non aver letto Fenoglio è come non aver mai corso dietro qualcuno che si ama disperatamente senza essere ricambiati.
Ricordate che chi non ha le parole per capire il mondo non può avere le cose che lo circondano. È un vivere in privazione.
Io non me la sento di elencarvi i libri e i premi, di farne biografia. Dovete fare la fatica di leggere e sperimentare.
McCarthy è morto la sera in cui io ero preoccupato per mia figlia che stava poco bene e l’indomani avrebbe dovuto sostenere l’esame di terza media. L’ho saputo il giorno dopo.
Non ho avuto il tempo di sedermi e pensare a quanto restava del suo contributo e a quanto non avremmo più avuto.
McCarthy è vissuto perché tutti quelli che si definiscono “scrittori” avessero un altare, una chiesa, una moschea, un cazzo di albero sotto cui meditare.
Era quel po’ che c’è da scoprire al di fuori della grotta platonica da cui non riusciamo a stare lontani.
Tutti coloro che collezionano diplomi e lauree, pezzi di carta, e pensano di sapere e potere ma non leggono con fame, si dovrebbe augurare almeno una volta nella vita di provare la solitudine di non riuscire sostenere una conversazione che non sia un riassunto di roba già masticata e digerita da altri.
I personaggi dei libri di McCarthy insegnano una sola cosa: morendo si guarisce dalla vita che non ha compreso e non abbiamo compreso ma è stata necessaria.