
Sarà ritirato il prossimo 21 giugno, in occasione del Convegno Nazionale SIPED, che si svolgerà a Parma, il “Premio Italiano di Pedagogia” assegnato all’andriese Francesco Pizzolorusso, ricercatore in Pedagogia generale e sociale all’Università di Bari, e autore della monografia “Reti reali. Cittadinanza digitale e relazioni in aula”, un volume che esplora un collegamento ancora troppo poco indagato all’interno della letteratura pedagogica nazionale e internazionale, attraverso una proposta capace di rispondere all’evoluzione della tecnica attraverso l’idea di una cittadinanza sensibile, ponendo alla radice della questione tecnologica la dimensione umana e relazionale.
Ciao, Francesco. Che sensazione hai provato ad essere scelto tra i vincitori del “Premio Italiano di Pedagogia”?
La SIPED (Società Italiana di Pedagogia) promuove “lo sviluppo degli studi e delle ricerche nell’ambito delle discipline pedagogiche”. Il mio passaggio da socio Junior (come dottorando) a socio Cooptato (da dottore di ricerca e assegnista presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” dal 2023) mi ha dato l’opportunità di candidare a fine 2024 la monografia “Reti reali. Cittadinanza digitale e relazioni in aula”, pubblicata nello stesso anno con la casa editrice FrancoAngeli (che ringrazio) nella prestigiosa collana “Il mestiere della Pedagogia” diretta dal Prof. Massimo Baldacci, Ordinario di Pedagogia Generale e Sociale e definito uno tra i massimi esponenti del panorama pedagogico nazionale e internazionale. Quando ho ricevuto la comunicazione da parte della SIPED contenente l’elenco dei vincitori del Premio la gioia è stata enorme, condivisa alle prime luci del mattino con la Prof.ssa Valeria Rossini, professoressa associata di Pedagogia Generale e Sociale presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e mia Maestra in questi anni. La notizia è stata poi comunicata alla mia famiglia e i miei affetti più cari hanno sin da subito gioito con me e per me. Le congratulazioni ricevute da parte di colleghe e colleghi hanno contribuito a rendere la giornata indimenticabile. Un riconoscimento così importante, per un giovane ricercatore che intende proseguire il lungo e tortuoso percorso nell’ambito della ricerca accademica, non può che essere un boost motivazionale importante.
Perché hai deciso di scrivere un volume dal titolo “Reti reali. Cittadinanza digitale e relazioni in aula”?
Il testo “Reti reali. Cittadinanza digitale e relazioni in aula” è il frutto del lavoro di studio e ricerca sviluppato durante il mio dottorato in “Scienze delle Relazioni Umane” all’interno di un curricolo denominato “Dinamiche formative e educazione alla politica” svolto dal 2020 al 2023 presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e supervisionato della Prof.ssa Valeria Rossini. Attraverso un percorso di ricerca-azione partecipata denominato «Noi, cittadini digitali» realizzato all’interno di tre scuole secondarie di I grado del di Bari e Andria (Vittorio Emanuele III e Mariano-Fermi) si è giunti a constatare l’esistenza di un legame positivo tra percorsi di digital citizenship education, esercizio delle competenze di cittadinanza digitale e miglioramento del clima di classe, controllato attraverso tecniche di analisi quali-quantitative. I risultati quantitativi recuperati grazie all’utilizzo di un questionario – adattato nella sua versione italiana a partire da uno strumento internazionale – confermano un miglioramento statisticamente significativo del clima di classe all’interno dei gruppi coinvolti; parallelamente, l’analisi qualitativa dei focus group con i docenti ha fatto emergere quanto le riflessioni e le analisi sul clima abbiano condotto le stesse figure educative ad interessarsi all’educazione degli studenti come cittadini, valorizzando le dinamiche di convivenza in aula e dando valore alle loro esperienze digitali. Su queste basi e alla luce della ricerca svolta, la prima parte del testo sviluppa l’idea di considerare le aule scolastiche come moderne agorà, luoghi aperti alla sperimentazione degli obiettivi e dei compiti comunitari, all’interno di contesti caratterizzati da un clima di classe positivo e da sentimenti di appartenenza, e suggerendo un nuovo modello di educazione alla cittadinanza in chiave digitale. La seconda parte del volume descrive, infatti, una proposta educativa che mira a favorire non solo expertise nell’uso delle tecnologie, ma soprattutto fairness nelle relazioni, valorizzando le dinamiche di gruppo, da declinare secondo i valori del rispetto, dell’inclusione, della partecipazione attiva, attraverso la promozione del pensiero critico, nonché delle capacità di cooperazione e collaborazione.
Da qui, l’ultima parte del volume raccoglie strumenti, materiali e itinerari di intervento quale contributo pratico-progettuale alla riflessione pedagogica sul ruolo delle competenze di cittadinanza digitale nell’arricchimento dell’esperienza relazionale virtuale e reale di adulti e minori. “Reti reali” esplora un collegamento ancora troppo poco indagato all’interno della letteratura pedagogica nazionale e internazionale, attraverso una proposta capace di rispondere all’evoluzione della tecnica attraverso l’idea di una cittadinanza sensibile, ponendo alla radice della questione tecnologica la dimensione umana e relazionale.
Cosa si intende oggi per educazione alla politica e alla cittadinanza digitale?
Questa domanda è allo stesso tempo interessante e insidiosa e richiederebbe ore e ore di dibattito e un confronto con numerosi esperti. Ufficialmente potrei dirti che per cittadinanza digitale si intende l’unione tra l’educazione civica e l’educazione digitale: da un lato, dunque, la formazione ai propri diritti e doveri come cittadini e dall’altro la consapevolezza che le azioni che si effettuano online hanno un impatto per sé stessi e per gli altri.
Questa definizione però sembra, dal mio punto di vista, per certi versi riduttiva. Le tecnologie digitali, di fatto, stanno trasformando spazi, tempi, flussi e direzioni degli scambi comunicativi e delle relazioni umane. Recuperando le parole di Papa Francesco nel 2020 “la modifica nei linguaggi, nei modi di pensare e di pensarsi nel mondo, di entrare in relazione, di vivere il tempo e lo spazio stanno cambiando il modo di ciascuno di essere nel mondo”. Per il loro carattere di pervasività e di flessibilità, oltre a raggiungere simultaneamente e in modo trasversale numerosi ambienti vita, i dispositivi digitali stanno modificando il nostro ecosistema civico e socio-relazionale, superando la distinzione tra sfera pubblica e sfera privata e rivestendo un ruolo chiave all’interno delle dinamiche di costruzione identitaria.
La dilagante sfiducia nei confronti di un mondo sempre meno umano e sempre più legato agli algoritmi restituisce l’immagine di un cittadino connesso e allo stesso tempo isolato, fermo e costantemente in moto, unico e al contempo multiforme; un soggetto dominato dalle tecnologie, incapace di fronteggiarle e di comprenderne le dinamiche fino in fondo, per di più inserito all’interno di una società individualista, incapace di guardare alla collettività e al bene comune quale obiettivo di tutti e di ciascuno. Lungi dal rifiutare le tecnologie e il loro contributo allo sviluppo della società, per educare giovani e adulti a questa nuova declinazione dell’essere cittadini si debba partire dalla scuola, creando occasioni per cercare di leggere, comprendere e interpretare l’attuale paradigma di complessità. Tenendo ben presente che la conoscenza e la facilità d’uso delle tecnologie da parte delle giovani generazioni non si mostra un indice sufficiente a testimonianza delle competenze di cittadinanza, quest’ultima deve configurarsi come opportunità per tornare a parlare di democrazia a partire dall’elemento fondativo dell’esperienza educativa: la relazione. Gli ambienti educativi possono integrare la dimensione personale con quella comunitaria, nell’ottica della promozione di una moderna coscienza del bene comune, secondo una dinamica contemporaneamente analogica e digitale; la scuola, proiettata nel futuro, è chiamata a ripensarsi tenendo fede a quei pilastri che guardano all’essere e all’essere con l’altro. Questo significa puntare ad un nuovo umanesimo pedagogico nel quale la cittadinanza digitale si declina come connubio di responsabilità, identità e partecipazione: un umanesimo 2.0 che veda coesistere il mondo della tecnica, delle expertise e delle competenze pratiche con un ecosistema che abbia al centro la persona. Non sono esenti da questo discorso i genitori e le famiglie. L’idea è pensare una scuola aperta anche a loro, con queste ultime che sono oggi chiamate a collaborare responsabilmente e a non delegare ai docenti ogni aspetto dell’educazione dei figli, soprattutto in materia di digitale. Come sostiene Luigina Mortari (2018) la politica, che riguarda tutti, ha bisogno dell’educazione, perché senza menti educate non c’è la possibilità di dare forma a una civiltà autenticamente umana.
Come si incastrano i percorsi rivolti all’infanzia con quelli riferiti all’età adulta?
Come detto, le competenze di cittadinanza nell’era digitale si basano sul pensiero critico e sulla capacità di risolvere problemi complessi, elementi essenziali per navigare il mondo digitale. La comunicazione e la collaborazione vengono potenziate attraverso l’uso efficace degli strumenti digitali, sia online che offline. Infine, la responsabilità e l’etica guidano le azioni, garantendo un comportamento consapevole e rispettoso.
In questo senso, il sapere pedagogico nell’era digitale si configura come ponte essenziale che collega l’infanzia all’età adulta e svolge un ruolo cruciale nello sviluppo delle competenze di cittadinanza. Questo collegamento si realizza attraverso la promozione di un’alfabetizzazione digitale consapevole fin dalla prima infanzia, educando, ad esempio, le giovani generazioni a distinguere tra fonti affidabili e non e a comprendere l’impatto delle loro azioni online sulla vita delle persone presenti dietro gli schermi. Parallelamente, l’educazione alla sicurezza online diventa parte integrante del percorso formativo, proteggendo i dati personali e sensibilizzando sui rischi del web.
Nell’età adulta, l’ottica di un apprendimento permanente, deve incoraggiare le figure di riferimento ad adattarsi ai cambiamenti del mondo digitale, promuovendo l’uso responsabile dei social media e delle piattaforme digitali per il dibattito pubblico; inoltre, la capacità di riconoscere e contrastare la disinformazione e le fake news diventa fondamentale, trasformando gli adulti in promotori di un’informazione accurata e verificata. Questi elementi, purtroppo, spesso appaiono come il tallone d’Achille degli adulti, basti guardare i recenti dati promossi dalla Mappa dell’Intolleranza o dalle ricerche sull’hate speech e sull’odio online, aspetti che vedono gli adulti protagonisti di situazioni sicuramente non d’esempio per le giovani generazioni.
Progetti futuri?
Il percorso di un giovane ricercatore non è mai definito. L’intento è quello di continuare questo cammino fatto di studio e ricerca sul tema della cittadinanza digitale, anche alla luce delle recenti trasformazioni dettate dagli algoritmi e dai big data, rivolgendo nuove attività di formazione e scambio a studenti, insegnanti e genitori. Parallelamente, l’idea è quella di continuare ad approfondire altri interessi di ricerca, che si focalizzano sulla pedagogia dell’infanzia e sulla formazione di educatori e insegnanti dei servizi zerosei.