
«A Londra, Herzl ottenne nel 1903 la promessa di un territorio africano, l’Uganda, in cui gli ebrei avrebbero potuto creare una nuova patria. La proposta fu bocciata dal VI Congresso sionista nell’agosto del 1903 e definitivamente respinta dal VII Congresso due anni dopo»
(Sergio Romano da I falsi protocolli)
«… I nazisti… erano sinceramente convinti che l’antisemitismo potesse divenire il comune denominatore che avrebbe unificato tutta l’Europa. Fu un errore grave e costoso. Ben presto si vide che… esistevano grandi differenze tra gli antisemiti dei vari paesi. E, cosa ancora più fastidiosa, gli unici ad apprezzare ed esaltare il “tipo” tedesco radicale erano proprio quei popoli orientali (gli ucraini, gli estoni, i lettoni, i lituani e in certa misura i rumeni) che i nazisti avevano deciso di considerare orde barbariche “subumane”».
(Hanna Arendt da “La banalità del male”)
Vi siete accorti che l’incontro/scontro tra Trump e Zelensky e le successive puntate della soap “Tregua e pace tra Russia e Ucraina” occupano intere prime pagine dei giornali e tutta la programmazione dei TG e dei talk televisivi ? E che la questione tra palestinesi e Israele è passata in secondo piano?
Eravamo rimasti ad una debole tregua, resa ancor più fragile dai continui ricatti reciproci della serie “se anziché 4 ne liberate 3 di prigionieri, e magari pure americani, anziché israeliani, riprendiamo i bombardamenti” e altre amenità di questo genere, la più deliziosa delle quali è stata l’ideona di far nascere, magari in un prossimo futuro, al posto di quel carcere a cielo aperto che è Gaza, una specie di terra dei divertimenti, dei resort, del turismo per classi medio-alte, naturalmente “occidentali”, che plasticamente ha preso corpo in un video (benedetta intelligenza artificiale!) in cui i corpaccioni di Trump e Musk prendono beatamente il sole sulla spiaggia. Che sagome!
E quindi, adesso, non sappiamo se la tregua più o meno regge, non sappiamo il destino amaro dei gazawi, dei loro bambini e dei loro malati. E cosa bolle in pentola per il futuro delle relazioni tra palestinesi ed israeliani. Radar spenti!
Ogni tanto, sentiamo che in qualche città europea qualche sinagoga, qualche cimitero ebraico vengono profanati in nome di un antisemitismo sciagurato e mai sopito. Fiumi di parole per condannare simili episodi non sono mai abbastanza.
Tuttavia, e qui la cosa si fa un po’ diversa, quando qualcuno, magari di religione ebraica, come alcuni intellettuali italiani (leggi: Gad Lerner, Moni Ovadia, ecc.) criticano il governo di Israele per il massacro perpetrato a danno dei palestinesi, si parla ancora di antisemitismo.
E qui il sostantivo viene usato un po’ a caso, un po’ come estratto da un insieme di parole e la prima che esce è quella buona.
E no! Il governo di Israele, retto da troppo tempo dal buon (?) Bibi Netanyahu, si è macchiato di un’orrenda strage. Si contano, secondo il ministero della Salute palestinese, dal 7 ottobre 2023 al 19 gennaio 2025 a Gaza 46.913 morti e 110.750 feriti. Il 59% delle persone uccise erano donne, bambini ed anziani.
Stessi agghiaccianti dati secondo l’Università svedese di Uppsala. Addirittura, per il giornale scientifico Lancet, almeno «186mila» persone, tra morti dirette e indirette.
Di fronte a questi numeri si può solo impallidire.
Chi critica e condanna Israele per questa ignobile macelleria, non solo non è antisemita, ma si dimostra sincero amico di Israele. Cionondimeno, la stampa, la politica, le norme, addirittura, in una sorta di delirio di onnipotenza, sono arrivate a tacciare di antisemitismo chiunque ragioni con la propria testa e abbia conservato in sé un minimo di senso critico.
Lasciatemi dire che è giustificazione inutile e pretestuosa collegare, come in un vincolo di causa/effetto, l’attentato del 7 ottobre 2023 che fece circa 1000 morti ebrei, alla reazione, abnormemente spropositata, contro i palestinesi con i numeri di cui si diceva. Né qui è il luogo per fare dietrologia, ricordando che a Netanyahu e al suo governo prima che l’attentato del 7 ottobre prendesse corpo, i servizi segreti avevano fatto sapere che quella strage era in programma e potevano prevenirla.
Israele ha diritto a esistere e a vivere pacificamente con i suoi vicini, cosa che, dalla sua nascita, nel 1948, in pratica, non è mai accaduto. Il sionismo, cioè, il diritto ad una patria per gli ebrei tutti, che si è concretizzato, appunto con la nascita dello stato di Israele in Palestina, è sacrosanto. Ma è altrettanto sacrosanto il medesimo diritto garantito ai Palestinesi, come da risoluzione ONU n. 181 del 1947.
Vero è che questi ultimi hanno sempre osteggiato la divisione della Palestina in due stati, ma ciò perché molti di loro furono cacciati dalle loro case o costretti all’esodo (nakba), per far posto agli ebrei.
Questa situazione, che ogni tanto ha delle sue visibili recrudescenze, ma che costantemente, dal 1948, è come un magma sotterraneo pronto a risalire e ad devastare ogni cosa, è ora che conosca la parola fine. E’ ora che nel vicino Oriente anche quelle disgraziate popolazioni, a prescindere dal loro credo religioso, conoscano la pace, ( che non significa solo assenza della guerra), la prosperità, la serena convivenza coi loro vicini. Bisogna sedersi attorno a un tavolo e discutere, ciascuno rinunciando a qualcosa per un bene più grande… Magari (ri)partendo dalla risoluzione n.181/47 dell’ONU, sciogliendo quel marcio grumo di interessi economici e politici che impediscono la Pace.
Accadrà mai?
Un articolo che dovrebbero leggere in tanti…un’analisi dei fatti perfetta ma soprattutto REALE