Chiesa e Stato: due poteri in competizione o in tacite spartizioni? e le comunità? …vittime di in­tri­ghi e attriti tra vertici? In questa eterna diatriba, frutto di una lettura riduttiva e anacronistica, c’è chi sceglie posizioni fanatiche e integraliste e pretende di imporre a tutti le proprie convinzioni e c’è chi, forte della propria posizione gerarchica, rinuncia a un confronto, snobbandolo, e si colloca spettatore ai margini: pericolosissima quest’ultima categoria di persone perché, irrigidendosi nel rifiutare ogni forma di confronto e di dialogo, si rintana all’interno di un ristretto gruppo di simpatiz­zanti diventando non più pastori del gregge, ma pastori di una sola parte del gregge … quando l’autorità si fa “partito” diviene “potere totalitario” e i ruoli, intesi come servizio alla comunità, ven­gono ricoperti non più da una professionalità acclarata ma da “prestanomi”.

 

Il rimando alle esigenze di Dio non significa disimpegno civi­le, ma appello alla coscienza religiosa quale riserva critica che rende liberi e perciò radi­cali nell’adempimento dei propri doveri verso l’intera comunità. La coscienza diventa così il luogo di una originale sintesi tra fede e impegno con un’attenzione particolare a due scogli: quello di politicizzare la fede, riducendo la missione della Chiesa all’ambito temporale e quello dell’integralismo, che battezza una politica identificandola con la fede.

 

Il “rendete” a Cesare e il “rendete” a Dio implica una “restituzione”: se la moneta doveva essere “restituita” a Cesare, perché su di essa c’era impresso il volto del suo padrone, all’uomo va “resti­tuito” quel servizio che gli spetta come immagine di Dio in terra; anzi lui è l’unica creatura su cui è impresso il volto di Dio (Genesi 1,27 Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagi­ne di Dio lo creò: maschio e femmina li creò), quindi la sua persona è sacra e nessuno se ne può appropriare o, ignorandolo, condannarlo nella solitudine a una morte lenta.

 

All’essere umano, quale ricchezza della comunità, vanno “restituite” guide necessarie, sicure, pre­murose e affidabili per potersi esprimere al meglio e quindi vivere. La vera e grande crisi è data dalla mancanza di tutto questo così come il profeta Daniele si esprime in 3,38 …Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia…

 

La religiosità, come sorgente di valori e di grandi aperture, porta il cre­dente non al semplice protestare, ma soprattutto a co­struire risposte: la fede comporta dialogiche as­sunzione e condivisioni di compiti. L’uomo immagine (= possesso) di Dio diventa colui che agisce come agirebbe Dio: un Dio dalla mano tesa per “offrire” piuttosto che per colpire … i “non allineati”… ignorandoli.


Elia Ercolino


Articolo precedenteIl giovane Alvino
Articolo successivoQuel No-Global di Papa Francesco
Elia Ercolino, nato a Peschici (FG) 15/02/1954. Formazione classica con specializzazione in teologia biblica. Ha tenuto corsi di esegesi e teologia   vetero e neotestamentaria. Giornalista pubblicista dal 1994 e professionista dal 2004. Impegnato nell’emittenza televisiva locale dal 1992. Direttore di Tele Dehon dal 1994 con auto dimissioni nel 2012. Direttore responsabile e fondatore della testata giornalistica “Tele Dehon Notizie” dal 1995 al 2012. Impegnato da sempre nel mondo del volontariato sociale.