Grazie a mio figlio Francesco di 8 anni ho conosciuto la disciplina del Parkour e il suo insegnante Antonio Calefato. Sono rimasto positivamente impressionato e a tal proposito ho chiesto cortesemente ad Antonio di rispondere a qualche domanda.

In piazza Plebiscito a Trani, durante una manifestazione di Parkour organizzata da te e dalla tua Associazione Rhizai ho trovato interessanti le tue parole sull’importanza che dai al concetto di “organizzazione urbana delle persone”. Me ne parli nel dettaglio per favore dopo avermi spiegato chi sei e cosa fai insieme ai tuoi collaboratori?

Mi chiamo Antonio Calefato e ho una laurea magistrale con lode e plauso in Scienze delle Attività Motorie Preventive e Adattate: il che vuol dire che la mia specializzazione consiste nel fare in modo che le persone non si infortunino/ammalino e nel farle recuperare al meglio nel momento in cui malauguratamente si dovessero infortunare/ammalare.

Sono Autore del libro “Il Parkour in Età Evolutiva – metodologia, didattica, valutazione”. Sono Responsabile nazionale Parkour/UISP (Unione Italiana Sport Per Tutti). La UISP è stata il primo Ente di promozione sportiva ad accogliere, nel 2012, il Parkour tra le discipline riconosciute ed è, ad oggi, il contenitore più importante per tutte le associazioni e rispettivi praticanti di Parkour in Italia. Sono Head Coach e Responsabile Formazione Interna in Rhizai. Head Coach vuol dire gestire tutte le attività sul territorio nonché tutti i coach e gli assistenti e tutte le strutture che ospitano i nostri corsi.

Qualcosa sull’associazione Rhizai?

Rhizai è un’associazione sportiva che ha come “mission” quella di “Educare le Persone alla Salute attraverso le pratiche di Movimento”, nasce a Trani nel 2008 e da circa 10 anni portiamo i Valori e gli approcci propri della pratica del parkour in tutta Italia. Attualmente abbiamo corsi attivi a Torino, Genova, Varese, Bari, Molfetta, Trani e Andria. Nel 2018 partiranno anche i corsi a Bologna. Quello che facciamo sostanzialmente è cercare di Educare tutti i praticanti a riconoscere quali sono i principi della Salute umana, intesa non soltanto come “assenza di malattie”, ma proprio come ricerca del benessere psico-fisico, utile a vivere serenamente in un ambiente caotico e carico di stimoli come il mondo in cui viviamo. Per farlo facciamo riferimento a conoscenze nell’ambito Pedagogico, Educativo, Psicologico, Comunicativo, Motorio, Medico, Tecnico e alle Carte Internazionali che danno una direzione a tutti i governi finché restano in vigore.

Un po’ di storia della disciplina che insegni? Dove si pratica? Esige un vestiario particolare?

Il Parkour nasce in Francia negli anni ’80, ad opera di un gruppo di ragazzini nelle periferie di Parigi che si facevano chiamare “Yamakasi”. Inizialmente era un semplice gioco tra di loro ma nel tempo questi stessi ragazzi hanno iniziato a riflettere su tutto un sistema valoriale che ha iniziato a ruotare intorno ai movimenti. Potremmo definire il Parkour come una vera e propria disciplina figlia di internet, in quanto il suo primo sviluppo e diffusione è avvenuta prima che i grandi marchi cominciassero a notarla. Per cui dietro la diffusione del Parkour c’è una vera e propria spinta “dal basso” in quanto grosse Federazioni ed Enti non hanno in alcun modo contribuito nelle prime fasi.

Il Parkour è una disciplina motoria che ha come scopo motorio quello di adattare il proprio movimento all’ambiente circostante, naturale o urbano che sia.

Non esige alcun vestiario particolare, ovvio che è caldamente suggerito l’utilizzo di abbigliamento comodo utile a muoversi in sicurezza, ma per il resto non c’è alcun obbligo.

Si può diventare bravi atleti anche senza una istruzione scolastica o universitaria?

Quello che noi pratichiamo si trova in una posizione distante rispetto a quella della scuola e dell’istruzione “classica”, la nostra ricerca come coach è quella di comprendere quali strumenti possiamo utilizzare per passare concetti, a volte anche molto complessi, che teoricamente potrebbero essere compresi solo in parte come il coraggio, la responsabilità, la resilienza e tutte gli attributi e valori fondamentali alla Persona ancor prima che al praticante di Parkour. Per cui teoricamente direi di no, in pratica però non posso che notare che i nostri corsisti sono generalmente figli di genitori o giovani con un livello di istruzione elevata o comunque molto attenti e riflessivi rispetto alla crescita propria o dei propri figli. Direi che siamo ad un livello di divulgazione troppo embrionale per poter dire con certezza se sia necessaria una buona istruzione per poter comprendere a pieno il Parkour oppure no. In linea di principio tuttavia direi di no.

Esiste una scala di valori? Il tuo compito di formatore e istruttore non prevede il dovere morale di insegnare prima a camminare e poi a saltare o fare acrobazie? Nell’immaginario collettivo chi pratica Parkour è di solito sfrontato e avventato!

La scala di Valori nel Parkour non è soltanto importante, è fondamentale. E questa etica valoriale si traferisce a cascata anche sul coaching ovviamente. Purtroppo il Parkour è vittima costante di incomprensioni, un po’ anche per colpa di chi si fa pochi scrupoli pur di ottenere qualche like e condivisione in più. In verità la nostra pratica promuove introspezione e riflessione come poche. “Conoscersi per conoscere” è una delle frasi principali insieme a “Essere Forti per Essere Utili”.

I pilastri fondanti della pratica sono:

– Rispetto: per se stessi (prevenzione infortuni/non eccedere nei movimenti/umiltà), per gli altri e per l’ambiente;

– Coraggio: in contrapposizione all’incoscienza, il coraggio è inteso come capacità di riconoscere la paura e relazionarcisi in modo costruttivo;

– Forza: intesa non semplicemente come forza fisica, ma anche forza d’animo. La capacità di prendere decisioni ed essere coerenti e responsabili rientra negli aspetti della Forza.

– Condivisione: in contrapposizione alla competizione, perchè riteniamo che fare rete e creare legami sia più costruttivo, nel lungo periodo, rispetto che ad essere in contrapposizione gli uni con gli altri.

Quanto deve sacrificare di sé qualcuno per diventare un bravo atleta?

I praticanti di Parkour non sono atleti, non è necessario inseguire una performance per essere buoni praticanti. I nostri corsi sono pieni di liberi professionisti e impiegati che riescono a dedicare al Parkour solo 2 o 3 ore a settimana. Il punto è che queste esperienze servono a loro a migliorare nella loro vita quotidiana, non è importante riuscire a fare questo o quel salto, ma imparare a scegliere consapevolmente se saltare o meno ad esempio. Si può essere buoni praticanti di Parkour anche senza per forza allenarsi per ore ed ore. Certo è che chi come me ne ha fatto un lavoro è sempre alla ricerca costante di metodi, sistemi e didattiche utili alla trasmissione della pratica, ma in quel momento sono un coach, non un praticante.

Il Parkour italiano ha un futuro?

Il futuro del Parkour non è scritto. Se questa cosa prenderà piede o migliorerà dipenderà dalle scelte di chi se ne occupa a tempo pieno come noi in Rhizai. Noi impegniamo moltissime delle nostre energie nel cercare di far comprendere quanto possa essere utile praticare il Parkour anche una sola volta a settimana. Con i bambini i risultati sono eccezionali e la gente inizia a comprenderlo. Secondo me se continuiamo a lavorare sodo il futuro non può che essere roseo. Risale a qualche giorno fa il riconoscimento da parte del CONI, per cui siamo considerati Sport a tutti gli effetti. Questo vuol dire poter praticare senza problemi e addirittura presentare progetti scolastici eccetera. Tutto sta nel chiarire alla gente cosa vuol dire praticare Parkour, perché se passa questo concetto allora la pratica verrà riconosciuta dalla gente come una pratica nobile e questo non può che fare bene alla disciplina.

Grazie Antonio per la tua gentilezza

Grazie a te per l’interessamento.