(PEPE MUJICA, VIVIR ES TENER UNA CAUSA PARA LUCHAR)

(Vita di Mujica, parte prima)

Si estendeva per 45 metri quadrati, la sua villa principesca, una baracca di legno e latta, destinati a una saletta, alla stanza da letto, alla cucina e al bagno. L’avevano tirata su le sue callose mani, unitamente a quelle più delicate di Lucia, sua moglie e di alcuni amici. L’avevano eretta alla periferia di Montevideo, su una terra abbandonata, di nessun valore, tra case, senza pretese, di operai e contadini.

I due coniugi, José Mujica e Lucia Topolansky, si trasferirono nella loro magione appena finirono di completarla e vi vissero anche durante il mandato presidenziale. Erano dell’avviso che il palazzo presidenziale, predisposto per loro, doveva essere utilizzato, al meglio, per alloggiare i senzatetto, che ne avevano un impellente bisogno.

 Ne era fiero, Pepe, l’amava incondizionatamente e la esibiva con orgoglio a Capi di Stato, ministri, alti rappresentanti politici e gente umile, operai e contadini, che andavano a trovarlo.  Non l’avrebbe mai tradita, abbandonandola per abitazioni più ampie, più eleganti, più confortevoli, tra strati sociali ritenuti più elevati. Soleva, infatti., ripetere: “Me ne andrò dalla mia casetta con le gambe in avanti.”

Si affacciava, la dimessa dimora, su un semplice orticello familiare, illeggiadrito da aiuole olezzanti di fiori dagli svariati colori. La sostenibilità era la cifra che lo caratterizzava, per l’amore verso la natura. Dai suoi viaggi istituzionali aveva portato piante, che, messe a dimora, erano attecchite e crescevano rigogliosamente. Calda ospitalità, avevano ricevuto minuscoli semi che era più facile conservare e trasportare.

L’unica pianta, che da decenni non coltivava nel suo giardino, era l’odio: “L’odio è fuoco come l’amore, ma l’amore è creativo e l’odio ci distrugge.”

Ogni sorta di vita vi ferveva animatamente per l’intera giornata. A partire dai microrganismi, lombrichi, porcellini del suolo, lucertole, rane; farfalle, api e coccinelle nell’aria. Vi razzolava senza sosta, perennemente beccanti, uno stuolo di galline seguite da un codazzo di pulcini, pigolanti.

Gli garantivano allegria, compagnia e uova in abbondanza, distribuite cortesemente anche ai vicini, gente povera, che contraccambiavano l’innata gentilezza con frutta e gesti di affetto. Ghiotta occasione per connettersi con la faticosa quotidianità del lavoro di fabbrica e campagna e verificare la solidità dei suoi principi etici.

Ogni mattina, allo spuntare del sole, Claudio, un gallo del suo pollaio, lo svegliava con i suoi festosi chicchirichì, che allertavano tutti i viventi, e lui saltava di scatto dal letto. Rinfrescato da fredda acqua di pozzo, (in casa non c’era acqua corrente) si precipitava all’aria aperta.

Era rituale, la passeggiatina con la sua cagnetta prediletta, Manuela, una meticcia a tre zampe tra i campi e le terre incolte. Quando era in viaggio per impegni istituzionali immancabilmente la chiamava a telefono per salutarla.

Gli altri cani, per nulla ingelositi od invidiosi, anzi orgogliosi, capendo l’amore sconfinato del loro capogruppo per una disabile, gli facevano moine senza sosta, arrivando a leccargli ripetutamente il viso, non appena lo intravedevano.

Era la risposta degli animali all’affetto che lui mostrava verso di loro, prendendosi personalmente cura di ognuno. Nessuno, proprio nessuno veniva trascurato, e tutti intuivano che ogni gesto, ogni azione era vissuta intensamente con amorevolezza, senza fatica.

Manuela morirà il 2018, lasciando un vuoto incolmabile nell’uomo che dichiarava pubblicamente: “Più conosco gli esseri umani, più adoro i cani”. In un’altra occasione Pepe disse che la sua cagnolina era stata il membro più fedele del suo Governo, e non esitava mai a mostrarsi insieme a lei, anche nelle cerimonie istituzionali.

Si era raccomandato alla moglie: “Le mie ceneri devono essere sepolte vicino a quelle di Manuela” l’amica che era rimasta ferita ad una zampa durante un incidente con un trattore guidato da lui. Sotto l’ombra, il silenzio e la frescura della gigantesca sequoia del giardino, verde amica, dove si rifugiava nei momenti di inquietudine, quando voleva essere solo con sé stesso.

Personalmente provvedeva a sciorinare all’aria gli umili panni che penzolavano e svolazzavano liberi su un filo steso in prossimità dell’ingresso fino a quando, asciutti, venivano raccolti per essere riportati in casa prima che l’umidità li umettasse.

Per lui ogni gesto della quotidianità era pregnante di significato, di libertà. Lo stendere i panni al sole non era un’incombenza riservata a Lucia. Era ad appannaggio di ambedue, come tutte le mansioni della casa. Lei, senatrice, interveniva quando il marito non era in casa o era impegnato altrove. Tra i coniugi i ruoli non erano rigidamente definiti, se li scambiavano, secondo le occorrenze e le disponibilità.

Detestando ogni forma di spreco e di lusso, emblemi della società opulenta, si vestiva dimessamente. Non possedeva l’auto di rappresentanza, che gli spettava d’ufficio. Quando doveva percorrere lunghi tragitti si avvaleva di una vecchia Volkswagen Maggiolino del 1987, donatagli da amici.

Da più parte gli veniva la richiesta di vendere la sua vetusta vettura, a prezzi sostenuti. Si è sempre rifiutato, poi il tenace guerriero ha ceduto. La Maggiolino, infatti, è stata messa all’asta, e il denaro della vendita, un milione e mezzo di euro, devoluto ai diseredati, inquilini a tempo pieno nel suo cuore.

Era nato in Uruguay, Paese dell’America Latina, bagnato dall’Oceano Atlantico, confinante con Argentina e Brasile, da Demetrio, originario di un paese basco e Lucia Cordano, la cui famiglia, contadina, proveniva da Fanale di Malvaro, un paesino dell’entroterra ligure, vicino a Rapallo.

Il padre venne presto a mancare nel 1943, quando lui aveva appena otto anni e sua sorella, due. Nonostante fosse così piccolo, avvertì subito l’esigenza di offrire il suo fattivo contributo lavorativo all’economia della famiglia.

Fioricultore, consegnava fiori ai rivenditori della città quando raggiungeva in bicicletta la scuola, dove all’arrivo, gli facevano festa, i numerosi amici, che adorava. S’impegnava con fervore nello studio, che stava tanto a cuore anche a sua madre, vivamente interessata alla sua crescita culturale.

Presto fu attratto e divorato dalla passione politica, che veniva alimentata dalla assorbente lettura di una rivista settimanale, dove scrivevano i migliori pensatori del Paese. L’anarchia fu la sua prima fiamma, propensione libertaria che non lo abbandonò mai.

Viaggiando per Cuba, l’Unione Sovietica e la Cina, paesi che avevano avuto una storia rivoluzionaria, maturò l’idea che non sarebbe mai diventato comunista, per le nefandezze riscontrate e per l’odiosità della burocrazia di Stato che tartassava il popolo per il quale si sarebbe dovuto battere, difendendolo ed emancipandolo.

Detestava la politica statunitense che favoriva e fomentava la nascita di governi oppressivi nei Paesi dell’America Latina, subalterni alla loro economia. Esprimeva così la sua rabbia verso il capitalismo: “Il dio mercato è la fanatica religione del nostro tempo.”

Invece, suo modello ideale di politico e uomo era l’argentino Ernesto Che Guevara, simbolo della rivoluzione che non muore mai. Una sua effigie lo guidava, sovrana, da una delle pareti della sua abitazione, incoraggiandolo a tenere sempre dritta la barra della libertà, della giustizia sociale e dell’emancipazione dei popoli da ogni forma di sfruttamento.

Dovette passare alla lotta armata, nella clandestinità, tra i tupamaro, organizzazione di guerriglia urbana, che rapinava le banche e ne distribuiva i soldi ai poveri, per l’impossibilità di difendere i diritti del suo popolo con gli strumenti e le modalità democratiche. Diede prova come guerrigliero di grande coraggio in campo e congiuntamente si mostrò sempre umano con i propri nemici.

La dittatura militare lo ha tenuto in prigione per un totale di 15 anni, molti in isolamento in una buca scavata nel terreno in condizioni disumane. Le allucinazioni non gli davano tregua. Perse, uno alla volta, quasi tutti denti. Toccò il cielo quando poté disporre di un vasino di plastica che, una volta libero, conserverà ed utilizzerà per piantare fiori.

Lo confortavano, la presenza di rane e formiche e la ferrea convinzione che lottava per difendere la dignità sua e del suo popolo, per l’espansione capillare dell’uguaglianza sociale, per contrastare l’assalto spietato dei potenti verso tutti gli altri esseri viventi, vegetali e animali ed enti apparentemente abiotici.

Nel 1985, col il ritorno del suo Paese al sistema democratico, partecipò alla fondazione del Movimento di Liberazione Nazionale. Ricoprì dal 1995 svariate cariche istituzionali e ministeriali. Deputato e senatore, fu nominato presidente dell’Assemblea generale e del Senato. Nel 2009 venne eletto Presidente della Repubblica. Nelle sue tasche rimaneva solo il 10% degli emolumenti, circa 800 euro; il restante 90% veniva devoluti a chi ne aveva fortemente bisogno.

Non poté ricandidarsi perché era vietata la replica del mandato. Dimessosi per l’età, la pandemia mondiale e una malattia autoimmune che i sanitari non riuscivano a diagnosticare, rinunciò alla pensione presidenziale, devolvendola a favore dei poveri.

Nel 2024 gli era stato diagnosticato un tumore all’esofago, che si era esteso poi al fegato. All’inizio del 2025 annunciò che intendeva rinunciare al trattamento oncologico, perché anche il guerriero ha diritto a riposare.

È morto a 89 anni, tra le braccia della moglie, nella sua casetta a cui era rimasto fedele innamorato per l’intero arco della sua vita.

Lascia un segno incancellabile nei cuori della gente umile, dei diseredati, e nella politica per la sua dedizione al bene pubblico.

Informazioni relative alle foto:

  • Daniela Sersale, giovane pittrice uruguaiana, residente da oltre vent’anni in Italia, realizza un murale di Pepe nel parco “Gargasole” di Bari, gestito e vissuto dalla gente, per onorarne la sua straordinaria figura.
  • Il ritratto, lo ha dipinto Domenico Dalba. Per affetto e stima, verso le persone che stima, come è sua consuetudine fare. Prossimamente, infatti, campeggerà in questo giornale, a corredo pittorico delle interviste, il ritratto di Paolo Farina, direttore di Odysseo e quello di Riccardo Polichetti, umile contadino andriese, instancabile giramondo.
  • Un’interpretazione pittorica di Pepe in stile Van Gogh verrà offerta nella seconda parte dell’articolo su Mujica, “Lezioni di vita e riflessioni”.


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Percorso scolastico. Scuola media. Liceo classico. Laurea in storia e filosofia. I primi anni furono difficili perché la mia lingua madre era il dialetto. Poi, pian piano imparai ad avere dimestichezza con l’italiano. Che ho insegnato per quarant’anni. Con passione. Facendo comprendere ai mieli alunni l’importanza del conoscere bene la propria lingua. “Per capire e difendersi”, come diceva don Milani. Attività sociali. Frequenza sociale attiva nella parrocchia. Servizio civile in una bibliotechina di quartiere, in un ospedale psichiatrico, in Germania ed in Africa, nel Burundi, per costruire una scuola. Professione. Ora in pensione, per anni docente di lettere in una scuola media. Tra le mille iniziative mi vengono in mente: Le attività teatrali. L’insegnamento della dizione. La realizzazione di giardini nell’ambito della scuola. Murales tendine dipinte e piante ornamentali in classe. L’applicazione di targhette esplicative a tutti gli alberi dei giardini pubblici della stazione di Barletta. Escursioni nel territorio, un giorno alla settimana. Produzione di compostaggio, con rifiuti organici portati dagli alunni. Uso massivo delle mappe concettuali. Valutazione dei docenti della classe da parte di alunni e genitori. Denuncia alla procura della repubblica per due presidi, inclini ad una gestione privatistica della scuola. Passioni: fotografia, pesca subacquea, nuotate chilometriche, trekking, zappettare, cogliere fichi e distribuirli agli amici, tinteggiare, armeggiare con la cazzuola, giocherellare con i cavi elettrici, coltivare le amicizie, dilettarmi con la penna, partecipare alle iniziative del Movimento 5 stelle. Coniugato. Mia moglie, Angela, mi attribuisce mille difetti. Forse ha ragione. Aspiro ad una vita sinceramente più etica.

11 COMMENTI

  1. Grazie Domenico, spesso, delle Persone che hanno donato la loro esistenza al bene altrui se ne parla poco, tu, con questo articolo hai arricchito questo vuoto.

  2. Conoscevo questo personaggio solo di nome
    Ho trovato questo articolo interessante e molto piacevole nella lettura
    Tanti complimenti a Domenico che, come sempre, è molto preciso ed esaustivo nei suoi racconti

  3. Grazie a questo articolo scritto in maniera inappuntabile da Domenico, ho potuto conoscere questo bellissimo ed interessante personaggio

  4. Grande UOMO – icona della vera politica che guarda e fa gli interessi del popolo che lo ha eletto. Dovrebbe essere un esempio per tutti i nostri politici che fanno solo inciuci e danni alla collettività. Grazie Mimmo per avercelo ricordato

  5. Ti ringrazio di cuore per questo articolo, hai raccontato molto bene la sua vita e le sue idee e convinzioni. La speranza è che questo murale possa essere uno stimolo a chi non lo conosce di approfondire il suo modo di essere e pensare. Grazie 🙏

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