“Pane gratis a chi ne ha bisogno”: e la statua di san Francesco approva…
Pane gratis: chi ci crederebbe? Eppure, da un paio di mesi conosci Michele, fu il Referendum a far incrociare ed intrecciare le vostre vite. Disoccupato da sei anni. Senza tetto. Per sfamare sé, sua moglie e tre figli, frequenta la Caritas, quella di Trani o di Barletta. Sempre con lo stesso giubbotto e pantaloni marroncini, un bel viso rotondo, ti confessa: “Non puoi immaginare, Domenico, quanti barlettani siedono alla mensa di Trani! Un tempo non erano straccioni, ma gente rispettabile. Vengono fornite pietanze più abbondanti e gustose, cucinate in sede. Se vuoi, puoi verificare con i tuoi occhi e… dare voce sui giornali a chi conta meno di una “mappina”, uno strofinaccio consunto”.
Eccovi a Trani, sotto il portoncino della Caritas, suoni il campanello, si affaccia un giovane, gli riferisci di voler contattare il responsabile. Ti fornisce il numero telefonico di don Raffaele. Provvederai in serata. Vi rimettete in macchina, Michele e tu, e raggiungete la stazione. Là fai conoscenza con Felice, Sebastiano, Ruggiero, Gianluca ed Emanuele.
Lunga e bianca è la barba di Felice, un anziano, piccoletto, che mostra molti più anni di quelli anagrafici, viso bonario, dolci occhi. Da oltre quattro anni mangia alla mensa della Caritas e dorme nel vano antistante la biglietteria. Tutto il suo misero patrimonio è sistemato ordinatamente nella nicchia sottostante allo sportello chiuso al pubblico.
Non appena calano le tenebre, Felice mette per terra un sottile materassino di gomma ed alla men peggio si copre con un lenzuolo ed una copertina. “Nei giorni di neve, si crepava per il freddo, battevo i denti e mi rannicchiavo sempre di più, non vedevo l’ora che facesse giorno. Non ce la faccio proprio più!” ti comunica, sfiduciato. In tanti lo sanno, anche ai piani alti di Trani, ma nessuno muove un dito. Un giorno o l’altro mi troveranno stecchito e mi porteranno al cimitero, dove i vermi mi offriranno maggiore accoglienza di quella riservatami dagli uomini.” Chiama Gianluca, che si avvicina allo sportello della biglietteria e gli dona dei pezzi di frutta ed un panino.
Ruggiero, sulla quarantina, originario di Barletta. Anche lui disoccupato. Raggranella quattro soldi, offrendosi come bracciante agricolo, ma non dispone di un ricovero. Per molti mesi ha dormito in macchina nel cortile dell’ospedale di Trani. “Medici, infermieri, parenti degli pazienti passavano. Tanti. Vedevano un uomo, una donna ed un cagnolino raggomitolati sotto le coperte, tremanti, ma nessuno si fermava, neanche quando la vettura venne coperta da un palmo di neve. Anzi no, arrivò una pattuglia delle forze dell’ordine. Senza assicurazione e bollo, è la macchina. Avrebbero dovuto verbalizzare, i due militi. Sequestrare il veicolo. Si guardarono negli occhi, espressero la loro amarezza e, scuotendo la testa, si allontanarono.” ti confida.
Per pochi giorni ancora potrà alloggiare in un ricovero convenzionato con i “Servizi sociali”. Poi… di nuovo all’addiaccio, guardando le stelle dal parabrezza. Ha con sé del cibo che porterà a sua moglie, affetta da influenza contratta nelle lunghe notti trascorse sui sedili di una vecchia e malandata macchina.
Sebastiano e Gianluca ogni giorno prendono il treno da Barletta. I controllori li conoscono, fingono di non vedere la povera gente sprovvista sistematicamente di biglietti. Passano oltre. Se lo sapessero i loro dirigenti…! Un tempo, Sebastiano stava bene economicamente, poi la sua azienda saltò in aria per una commessa non pagata, e si trovò sul lastrico, abbandonato anche da sua moglie, per i sopraggiunti motivi finanziari. Gianluca ha lavorato come precario per sei mesi al palazzo della Marra, sede della Pinacoteca De Nittis. La sua barba è lunga. “Di proposito, la lascio crescere, voglio che la gente sappia come mi sono ridotto, che sono povero. Non mi vergogno della mia condizione economica e sociale, altri, i veri responsabili, i colpevoli con i colletti bianchi, dovrebbero farlo!” Ascolti sgomento ed interdetto.
Emanuele, dai bianchi capelli ondulati, una volta cameriere, avvolto da una giacca celeste, passeggiando nervosamente tra gli altri diseredati, affonda con avidità i denti nella pagnotta farcita di mortadella. Sembra che non mangi da giorni. Porta alle stelle Don Raffaele e lancia sprezzanti parole di fuoco contro un prete di un’altra struttura assistenziale, che a suo dire non sarebbe motivato dal Vangelo, ma esclusivamente dal “bisinisso”. Gli vorrebbe schiacciare la testa sotto i piedi, ed alle tue orecchie arriva lo scalpiccio convulso del suo piede
La sua rabbia si scatena anche contro gli extracomunitari che sarebbero preferiti nelle graduatorie. Inutilmente sostieni che non bisogna farsi la guerra tra poveri, che gli extracomunitari fuggono da guerre fomentate dal mondo civile, che bisogna mirare alla vera causa, responsabile del divario sempre più grosso tra i ricchi ed il resto dell’umanità. Aggiungi che i Paperoni continuano ad alimentare la diseguaglianza, comprimendo verso il basso i salari ed usando il loro potere per influenzare la politica. Gli racconti che i primi sette miliardari italiani posseggono una ricchezza superiore a quella del 30% più povero dei nostri connazionali. Niente da fare, passa all’attacco personale: “Giornalista, io ho esperienza di vita. Che ne sai tu?” Abbozzi, sornionamente. Che brutti scherzi fa l’ignoranza e la disinformazione!
Nel piazzale della stazione una bellissima statua di bronzo di San Francesco! Volto schiumante di rabbia e gesti profondamente sdegnati per le nefandezze perpetrate ogni giorno ai danni delle creature che adora, per gli ultimi. Se potesse, si autofonderebbe per aiutarli.
Lasciato il salotto dei poveri disgraziati, durante il ritorno, Michele ti confida la sofferenza di sua figlia Carmela (nome di fantasia) di 13 anni: “Papà, va bene che non teniamo la casa, ma neanche pane ce n’è!”. “Figlia mia, ma non ho soldi per comprarlo.” Un pugno allo stomaco.
Nei pressi del semaforo, svolti a sinistra e, superata la Caserma dei Vigili del fuoco, ti fermi davanti al panificio “Fornaio dei mulini vecchi” di Vincenzo Paolillo. Sostate per alcuni minuti davanti al cartello che comunica: “Dopo l’orario di chiusura, offriamo pane e focaccia per chi dovesse averne bisogno”. “Vincenzo, sei grande!” sussurra una vocina proveniente dagli anfratti più remoti. Dopo un po’, un cestone è a disposizione degli indigenti. Per la cinica burocrazia, voluta e sorretta da una politica ignobile, se il titolare donasse direttamente del cibo a chi ha fame, la sanzione scatterebbe inesorabile! Per chi in Italia ruba, per chi corrompe o evade alla grande, che sono la stessa cosa… Benevolenza!
Ti è stato raccontato che la moglie di Vincenzo offre gratuitamente piatti già pronti a vecchine versanti nella più estrema indigenza.
Michele tornerà dai suoi con un bustone di pane invenduto del giorno precedente. “E’ fresco” esclama con compiacimento. Oggi sarà festa a casa.” Arrivati sotto Eraclio, mi prega di fermare, scende, chiama una ragazza di sua conoscenza con un carrozzino e due bambini e le dà una pagnotta di pane. “Anche lei è una povera disgraziata” ti riferisce scuotendo la testa.
Foto nell’articolo: Domenico Dalba