L’ipocrita apologia e la reale capacità di farci toccare il male da parte del criminale più ricco della storia

A partire dai primi giorni di Settembre, è disponibile sulla piattaforma online Netflix la seconda parte della serie televisiva “Narcos”, incentrata sugli avvenimenti della vita del più ricco e potente narcotrafficante della storia: Pablo Emilio Escobar Gaviria .

La prima serie ha lasciato estasiato chiunque si sia affacciato alla visione, da appassionato del genere. Con taglio documentaristico (una chicca l’uso delle immagini di repertorio originali dell’epoca tratte dalle tv Colombiane) è stato possibile interfacciarsi alle dinamiche che hanno portato un uomo talmente diabolico a essere non solo uno dei più ricchi al mondo, ma anche, paradossalmente, uno dei più idolatrati. Persino nella serie, tramite Wagner Moura, fascinoso attore brasiliano, il personaggio di Pablo diventa facilmente irresistibile, con i dialoghi in lingua originale, che trasudano calore e colore latino, anche nelle parti più drammatiche.

Tornando alla cronaca, sembra assurdo, oggi, parlare della scalata al potere di Escobar e collocarla solo a 33 anni fa. Infatti, è del 1983 il tentativo di iniziare la carriera politica che lo porta a ottenere un seggio nel Parlamento Colombiano dell’epoca, da cui viene fortunatamente escluso poco dopo, quando il governo Colombiano iniziò una crociata contro Escobar e il cartello che ormai teneva sotto scacco la Colombia intera. Tale crociata va inquadrata nel sistema di corruzione a dir poco dilagante instaurato proprio da Escobar: durante la sua vita corruppe un numero incalcolabile di ufficiali governativi, giudici e altri politici, e spesso uccideva personalmente i gregari che si rifiutavano di collaborare. La sua strategia, chiamata “plata o plomo” (soldi o piombo), era chiara: o ci si lasciava corrompere o si moriva. C’è chi dice abbia ucciso 4mila persone, nei modi più disparati e crudeli, esempio lampante è l’attentato aereo Avianca 203, in volo da Bogotà a Cali, il 27 novembre 1989, appena 5 minuti dopo il decollo, una bomba esplose a bordo, causando la morte di 107 persone innocenti.

Forse può essere facile giustificare l’idolatria dell’epoca nei confronti di Escobar, il quale era solito girare per le vie di Medellin elargendo soldi alla gente, che poi per osannarlo e proteggerlo, non esitava a fornirgli coperture. Lo chiamavano “don Pablo”, “El Patron”.

Più difficile è capire come questo mito sia rimasto intatto negli anni, dopo che numerosi dettagli della sua vita sono venuti allo scoperto e la sua immagine demoniaca è stata totalmente svelata.

Probabilmente, spingendosi un po’ più sulla dimensione intima dell’ammiratore medio di Escobar, la ricchezza di cui faceva ostentazione vagamente eccessiva (giusto per capirci, nella sua villa c’era uno zoo con specie rare e la più grande presenza di ippopotami fuori dall’Africa, numerose piscine, uno stadio per la corrida, 12 laghi, un ospedale, piste di atterraggio per gli elicotteri del narcotraffico che facevano la spola con il Perù, collezioni d’auto) ha finito, come spesso succede, per affabulare, senza realmente tenere conto della distruttività concreta del personaggio Escobar, per gli altri, e soprattutto per sé stesso.

È un fenomeno, quello di Escobar, a noi forse geograficamente e anche temporalmente lontano, ma, con testimonianze importanti e quasi dirette come la serie NARCOS, diventa rilevante avvicinarsi per comprendere determinate dinamiche, che possono definirsi anche paradigmatiche per altri personaggi, simili, che la storia, seppur in contesti diversi, ci ha presentato.


Fonteit.wikipedia.org
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Maturità classica, dei genitori (e non solo) che avrebbero tanto voluto vedermi continuare studiare, ma la testa dura che ha spinto a impegnarmi nell’azienda di famiglia. Non un ottimo biglietto da visita, ma proprio da qui scaturisce la voglia di mettere insieme dei pensieri, dare vita alle idee sulle tematiche più disparate. Numerose passioni tra lo sport (il calcio in maniera quasi ossessiva). Fruitore ossessivo di cinema, nei generi più disparati. Quando posso viaggio, cercando di capire quanto meno cosa mi sta attorno, cercando di stare dalla parte di chi abita,vive il posto, e non di chi lo visita semplicemente per poi tornare a casa. Cerco di mettermi in discussione su Odysseo spinto dall’importanza che negli ultimi anni ha assunto in me il significato della parola CONDIVISIONE: “Le idee racchiuse in se stesse s’inaridiscono e si spengono. Solo se circolano e si mescolano, vivono, fanno vivere, si alimentano le une con le altre e contribuiscono alla vita comune, cioè alla cultura.” (Gustavo Zagrebelsky)