PER UN FONDAMENTO SCIENTIFICO DI UN’AGRICOLTURA SERIAMENTE BIOLOGICA
Il suolo, costituito da sostanze minerali ed organiche, è sede di attività biologiche, di processi chimici e fisici che ne determinano un’evoluzione continua nel tempo. Il terreno agrario non è solo un semplice ammasso di detriti minerali provenienti dall’alterazione delle rocce, ma possiede una propria storia, un organizzazione, una tendenza evolutiva e un insieme di proprietà (land qualities) in grado di garantire alle piante un rifornimento di nutrienti per permetterne lo sviluppo e una costante attività produttiva. Quando si vuole esaltare l’attitudine produttiva di un terreno agrario attraverso le pratiche agronomiche: lavorazioni, irrigazione, somministrazione di concimi, ecc., la conoscenza delle caratteristiche chimico-fisiche del suolo è fondamentale. A titolo di esempio si riportano i principali caratteri chimici e fisici di terreni in cui l’olivo ha mostrato una buona produzione e un accrescimento soddisfacente:
- sabbia 45-75%
- a) TESSITURA: b) limo 5-35%
- c) argilla 5-35%
- b) STRUTTURA: glomerulare
b’) POROSITÀ: 50%
- c) RITENZIONE IDRICA 30-60% secondo il metodo di Lambe
(corrispondente a 10-25% di umidità)
- d) PERMEABILITÀ 10-100 mm/h
- e) pH intorno a 7
- f) SOSTANZA ORGANICA > 1%
- g) AZOTO > 0,10 %
- h) FOSFORO ASSIMILABILE 5-35 ppm
- i) POTASSIO SCAMBIABILE 50-150 ppm
- j) CALCIO SCAMBIABILE 650-5.000 ppm
- k) MAGNESIO SCAMBIABILE 10-200 ppm
Analizziamo i primi tre parametri:
- TESSITURA O GRANULOMETRIA parte solida del terreno; è espressa come percentuale in peso delle particelle elementari che compongono il terreno. La tessitura è una proprietà fisica modificabile solo con arature profonde, le uniche in grado di rimescolare strati di terreno a tessitura diversa. Per indicare la granulometria si utilizza la classificazione USDA (United States Departement of Agricolture). Secondo tale sistema, le particelle superiori a 2 mm costituiscono lo scheletro, tutte quelle al di sotto di 2 mm costituiscono la terra fine. A sua volta, la terra fine è suddivisa nelle seguenti frazioni:
- SABBIA GROSSA 2 0,2 mm
- SABBIA FINE 0,2 0,05 mm
- LIMO 0,05 0,002 mm
- ARGILLA 0,002 mm
Determinate le percentuali di sabbia, limo e argilla, per stabilire la tessitura di un terreno, ci si avvale di un triangolo equilatero che riporta sui lati valori da 0 a 100 delle frazioni di sabbia, limo e argilla. All’interno del triangolo è definita una serie di poligoni ognuno dei quali individua una classe di tessitura.
Fig. 1: Triangolo della tessitura.
Riportiamo alcune classi di tessitura definibili con questa metodologia.
- TERRENO A SCHELETRO PREVALENTE: è un suolo ricco di pietre, trattiene poco l’acqua ed ha scarsa presenza in elementi nutritivi, soprattutto azoto e potassio. I processi ossidativi sono elevati, richiede frequenti interventi irrigui e abbondanti concimazioni. In particolare l’azoto è trasportato in profondità dalle acque di percolazione rendendosi indisponibile alle piante.
- TERRENO SABBIOSO: la sabbia supera il 50-60% in peso della terra fine. Questo tipo di terreno ha un’elevata macroporosità, è molto permeabile, è dotato di debole capacità idrica, è soffice e arieggiato perciò mineralizza facilmente la sostanza organica risultando, così, povero di elementi nutritivi.
- TERRENO LIMOSO: contiene più del’80% in peso di limo. Tale costituente non possiede capacità d’aggregazione con le altre particelle del suolo, quindi è un terreno mal strutturato e di non facile coltivazione. È povero di elementi nutritivi ed ha una modesta permeabilità perché genera una crosta superficiale che causa ristagno d’acqua.
- TERRENO ARGILLOSO: l’argilla supera il 40% in peso. È un terreno ben dotato di elementi nutritivi, in particolare di potassio. Trattiene elevati quantitativi d’acqua che gli conferiscono notevole plasticità quando è umido e forte coesione fra le particelle quando è secco.
- “TERRENO AGRARIO IDEALE” O DI MEDIO IMPASTO O TERRA-FRANCA: dovrebbe essere costituito da sabbia, limo e argilla in proporzioni tali che le caratteristiche fisico-chimiche delle singole frazioni si completino a vicenda. Dovrebbe contenere le seguenti percentuali in peso:
- SCELETRO assente
- 30% 50%
- 15% 30%
- 10 15%
- 5 10%
- 1% 5%
- 3% 5%
- STRUTTURA modo in cui le diverse particelle che compongono il terreno si dispongono nello spazio e/o si aggregano le une con le altre. Relativamente a questa caratteristica del suolo possono essere schematizzate due situazioni.
- STRUTTURA A PARTICELLE SINGOLE (O STATO ASTRUTTURALE): le particelle minerali del terreno, di limo o di argilla o di sabbia, sono completamente separate l’una dall’altra e assumono la disposizione di massimo assestamento. In questo caso, se le particelle solide hanno dimensioni cospicue (sabbia) anche i pori sono grandi e quindi la macroporosità è prevalente, se le particelle sono minute (limo o argilla) la porosità è tutta sotto forma di microporosità. Lo stato astrutturale è tipico dei
Fig. 2: stato astrutturale
terreni sabbiosi, infatti le particelle aventi dimensioni cospicue non riescono ad aggregarsi tra di loro. Tuttavia la macroporosità non determina problemi di asfissia, ma difficoltà relative a scarsa ritenzione di acqua, povertà chimica ed eccessivo arieggiamento con conseguente rapida mineralizzazione della sostanza organica.
2 STRUTTURA GRUMOSA O GLOMERULARE: le particelle di suolo più fini con proprietà colloidali, possono dar luogo a fenomeni di aggregazione e, mediante l’intervento di sostanze cementanti organiche o minerali, formare grumi (chiamati glomeruli o aggregati). In tal modo si viene a creare microporosità all’interno dei grumi e macroporosità tra un grumo e l’altro. Grazie alla struttura grumosa, nei terreni a grana fine si sta-
A B
Fig. 3 terreno compatto A e glomerulare B.
biliscono le giuste proporzioni tra micro e macroporosità che, sotto l’aspetto fisico, realizzano il giusto equilibrio tra acqua e aria nel terreno. Sotto l’aspetto chimico basta una maggiore o minore aerazione per influenzare in un senso o nell’altro i processi di ossidazione e di riduzione che avvengono nel terreno. Ad essi è legata l’attività dei microrganismi, la conseguente trasformazione della sostanza organica e la disponibilità degli elementi nutritivi. La formazione di aggregati strutturali riveste importanza solo nei terreni a grana fine dove, grazie al passaggio dalla struttura a particelle singole a quella glomerulare il terreno, da asfittico e inospitale per le piante, diviene estremamente fertile: l’immagazzinamento di acqua e di aria possono avvenire con relativa facilità; le radici possono espandersi liberamente, gli attrezzi da lavoro incontrano una minore resistenza. Inoltre la presenza di grumi attenua i fenomeni erosivi in quanto favorisce l’infiltrazione piuttosto che il ruscellamento dell’acqua. Da quanto detto si evince il motivo dell’impegno che gli agricoltori riservano al ripristino dello stato strutturale nei terreni pesanti (resistenti alla lavorazione; terreno leggero = facilmente lavorabile). La demolizione e il ripristino della struttura si riferiscono ai terreni pesanti. La struttura, infatti, è soggettà a una dinamica attiva che costringe l’agricoltore a una grande fatica per ripristinare lo stato ottimale che vari fattori contribuiscono a demolire.
La demolizione della struttura di un suolo è imputabile a diversi fattori i principali sono:
- AZIONI DI NATURA FISICA: azione battente dell’acqua di pioggia; calpestio di macchine, animali e uomini; lavorazioni fatte male: impastamento di terreni umidi o polverizzazione del terreno da parte di particolari organi lavoranti (fresatrici, zappatrici rotative).
- DEFLOCCULAZIONE DEI TERRENI ARGILLOSI per carenza o diluizione dei cationi responsabili della flocculazione, calcio in particolare.
- Presenza o apporto di ioni deflocculanti: in particolare sodio.
- Povertà in humus che rappresenta il principale agente cementante per i grumi.
Per tutte queste azioni i terreni a grana fine col passare del tempo tendono a ripassare alla struttura a particelle singole e a trasformarsi in una massa compatta, inospitale per le piante. S’impone, pertanto, il ripristino della buona struttura, come condizione per la vita e la produttività delle colture.
Gli interventi per il ripristino dello stato strutturale sono diversi a seconda della causa che ne ha determinato la demolizione.
- Se la ragione del compattamento del suolo è imputabile soltanto alle azioni di natura fisica, le lavorazioni sono le arature più o meno profonde che realizzano la disgregazione del terreno rassodato. Difficile è realizzare direttamente con le lavorazioni una struttura grumosa ottimale. Salvo i casi in cui il lavoro sia fatto nel momento in cui il suolo si trova al giusto grado di umidità (il cosiddetto terreno in “tempra”). In terreni asciutti si ottiene la formazione di zolle di notevoli dimensioni. Tuttavia la formazione di grosse zolle non è preoccupante se si ha il tempo di attendere l’azione degli agenti atmosferici (alternanza di indurimento ed essicazione, di basse ed alte temperature, gelo disgelo) in grado di disgregare gradualmente anche le zolle più grandi e dure e ridurle ad un soffice cumulo di grumi. Lavorazioni fatte in terreni umidi possono peggiorare lo stato strutturale del terreno.
- La presenza di un eccesso di sodio non permette alle particelle del terreno di aggregarsi, in quanto si tratta di un catione ad elevato potere defloculante. Al fine di ripristinare lo stato di aggregazione occorre allontanare questo elemento utilizzando del gesso come correttivo (CaSO4, solfato di calcio) associato a irrigazioni dilavanti e ad una efficiente rete di scolo.
- Se la struttura del terreno è instabile a causa dell’assenza di calcio, catione flocculante per eccellenza, come spesso si verifica nei terreni con reazione acida, l’intervento consiste essenzialmente nell’apporto di questo elemento sotto forma di calce viva o spenta o di carbonato di calcio.
- La presenza di humus nel terreno influenza la struttura e la sua stabilità: agendo direttamente come cementante; combinandosi con gli ioni calcio forma una sorta di pellicola intorno agli aggregati; costituendo l’alimento principale dei microrganismi, agevola la proliferazione di funghi e batteri che, rispettivamente, con la produzione di ife e mucillagini favoriscono la formazione di aggregati estremamente stabili. L’apporto di sostanza organica nel terreno rappresenta una pratica sempre proficua. Qualora non fosse possibile reperire materiale organico – letame in particolare – da somministrare al terreno, si può ovviare attraverso l’inserimento nell’avvicendamento di quelle colture che rilasciano nel terreno grandi quantità di residui vegetali. La massima efficacia in tal senso è espletata dalle specie foraggere poliennali.
b’) POROSITA’ (= p = percentuale di spazi vuoti presenti in un determinato volume di terreno): il terreno è costituito da particelle solide tra le quali vengono a crearsi degli spazi vuoti di dimensione variabile. Questi spazi vengono definiti pori. La porosità si misura indirettamente determinando la densità assoluta (D) e quella apparente (d) del terreno. La porosità è data dalla formula:
dove
Fig. 4: densità apparente
d = densità apparente. Massa di un campione di terreno indisturbato di volume noto.
Fig. 5: porosità
p = porosità. Volume complessivo di spazi vuoti del campione di terreno espresso in percentuale.
Fig. 6: densità reale
D = densità reale o assoluta. Peso specifico delle particelle di terreno del campione.
Per i terreni minerali più comuni: 2,6 <= D <= 2,7 g cm-3.
Per i terreni argillosi: 1,1 <= d <= 1,2 g cm-3.
Per i terreni limosabbiosi: 1,3 <= d <= 1,4 g cm-3.
Per i terreni sabbiosi: 1,4 < d <= 1,6 g cm-3.
Prendendo i valori medi indicati si ha:
La porosità di un terreno medio si aggira intorno al 50%; nella sabbia è inferiore (30-40%); nei terreni argillosi è più alta (55-60%). Il destino dei pori del terreno è di essere occupati da acqua e da aria. Nei pori avvengono i più importanti processi biologici dall’assorbimento radicale alla respirazione. Infatti, in questi spazi vuoti, l’acqua, aria, radici e microrganismi si muovono, si sviluppano e agiscono. È importante più che il valore assoluto della porosita, la dimensione dei pori. La dimensione dei pori è correlata direttamente con la dimensione delle particelle solide del terreno. Nel caso dell’argilla, le particelle minutissime delimitano pori di dimensioni ridottissima; nel caso della sabbia, costituita da grossi granuli, anche la dimensione dei pori è grossolana. Per cui si definisce MICROPOROSITA’ il volume complessivo dei pori aventi dimensioni così piccola (< 8 mm) che la tensione capillare supera la forza di gravità. Questa porosità, detta capillare, rappresenta la capacità del terreno a trattenere l’acqua. La MACROPOROSITA’ è la porosità avente dimensioni tali ( > 8 mm) da non trattenere l’acqua contro l’azione della forza di gravità. Questi pori consentono un movimento dell’acqua molto rapido. Nella giusta misura risultano utilissimi per lo sgrondo delle acque in eccesso. La macroporosità (o porosità non capillare) rappresenta la capacità del terreno a contenere aria.
Fig. 6: macropori in A sono di celeste chiaro e contengono acqua; in B sono bianchi e contengono aria. I micropori sia in A che in B sono di celeste scuro e contengono sempre acqua trattenuta per capillarità.
Ai fini della vita delle piante è indispensabile che micro e macroporosità siano rappresentate in maniera equilibrata nel terreno: idealmente 50% e 50%. Un eccesso di macroporosità si verifica in terreni sabbiosi e ha come effetto scarsa capacità di trattenuta per l’acqua e abbondante o eccessivo arieggiamento. Questa condizione non è sfavorevole alla vita dei vegetali a condizione di una assidua irrigazione. Un eccesso di microporosità si verifica nei terreni argillosi e comporta:
-l’acqua di pioggia o di irrigazione si infiltra con difficolta nel terreno creando problemi di ristagno nei terreni piani e di ruscellamento in quelli declivi;
-l’acqua penetrata nel terreno è in gran parte trattenuta contro la forza di gravità dalla tensione capillare, restando a lungo a saturarlo;
-l’aria e scacciata dall’acqua e le radici, trovano poco ossigeno, hanno difficoltà ad espandersi e ad assorbire;
-la flora microbica favorevole, quella aerobia, stenta e tende a prevalere quella anaerobia, sfavorevole.
In queste condizioni, questi suoli sarebbero asfittici, inospitali e assolutamente improduttivi, se non intervenisse a ripristinare la fertilità un’altra caratteristica fisica del terreno: la struttura di cui abbiamo già parlato.
La trattazione presentata si è soffermata solo sui primi tre parameri dell’analisi chimico fisica riportata all’inizio dell’articolo. Da quanto scritto si evince la complessita dell’argomento suolo e la difficolta a caratterizzare tutti gli aspetti che contribuiscono alla fertilità del terreno, condizione essenziale per una produzione sana, sostenibile ed economicamente redittizia.
Articolo pregevole. Sarebbe auspicabile conoscere la correlazione tra caratteristiche pedologiche e coltivazioni biologiche.