Passi tutto ma la disinformazione anche no

Mi passino pure la retorica di dire che sono giorni duri, mi passino il non ci si ricordava una pandemia da che siamo nati manco fossimo in metempsicosi alla decima vita

Passi tutto ma la disinformazione anche no

Ricordo il tg1 delle venti e mio nonno seduto di spalle con l’orecchio teso, ascoltava assorto in un retaggio di radio Londra e mica aveva bisogno di vedere le notizie.  Noi altri tutti zitti: quello era il comunicato ufficiale e le cose stavano così. Forse. L’altro nonno invece non parlava.  Di ritorno a piedi dalla campagna di Russia si era beccato una malattia polmonare e una profonda sfiducia nell’essere umano. Il minimo che era in grado di tradurre in parole riguardava la confusione di informazioni che regnava nel paese dilaniato da tutto. Ad essere ignoranti si era tagliati fuori e quando non moriva il corpo ne risentiva lo spirito. A volte moriva il corpo.

Noi siamo decisamente più fortunati: abbiamo mille rotocalchi da leggerei e le ANSA e le tv di ogni dove ma invece di folleggiare nelle opportunità di pensiero facciamo una fatica immane a decidere le fonti da considerare.  Che fonti è il plurale di fonte e se l’acqua non è potabile è velenosa. Niente mezze misure. Tutto prezioso tempo perso

Arriviamo quindi alla grande torre di Babele dei social che dona voce a gratis e nell’intreccio degli idiomi viene fuori un signor niente condito di niente. Confusione assordante e altre energie sottratte al vero

Poi c’è il sentito dire e lì vi giuro che il quadro d’infanzia si completa con la vicina di casa e le sue quattro amiche di chiacchiera che come i motori di ricerca avevano nomi improbabili e come le Parche tessevano il filo della vita, sempre altrui. A seconda della velocità di lingua diffondevano voci, elargivano i giudizi del tribunale nazionalpopolare. Riconosciuto sovrano poi da chi è mistero della fede

E siamo alla fede che se non risolve niente certo da la speranza in un modo migliore, dopo la morte di covid chiaramente

Quindi? Come se ne esce?

Nell’unico modo che sappiamo. Diamo spazio vi prego a speranza e fantasia, accendiamo i motori del bello e sbugiardiamo gli adepti del disgusto di vivere. Ma perché questo avvenga uccidiamo l’ignoranza. Quella delle paure vestite da notizie che tanto seguito hanno nell’incertezza del momento.  Decapitiamo i mostri che ci deturpano e contagiamoci ma solo nella gioia. Non c’è davvero momento migliore

Così la pianta dell’ignoranza, rimasta allora senza acqua piovana, non prepara il sottobosco alle erbacce sue figlie e figliastre e allora sulla sua tomba ci mettiamo pure un epitaffio. Una di quelle belle pietre con venature da portarci i figli una domenica che non piove.

Che col sorriso del domani penseranno che strani i vecchi che strani e bravo chi li capisce, mettono un fiore e chi cavolo è questa signora ignoranza.

I ragazzi allora alzeranno le spalle e sfrecceranno lontano. Voleranno via.