La Seconda Guerra Mondiale è uno dei temi più studiati durante gli anni della scuola dell’obbligo e, escludendo alcune rare ed ignoranti eccezioni, sappiamo tutti in che periodo è stata combattuta, quali nazioni siano state coinvolte, chi siano stati in positivo ed in negativo i protagonisti.

Tuttavia, la notizia battuta dall’Ansa due giorni fa è di quella che suscitano immediato scalpore. A quanto pare, a detta degli “studi storici” del presidente Israeliano, Benyamin Netanyahu, la seconda grande guerra non si è svolta come è narrata in un normale libro di storia moderna. Le asserzioni del premier Benyamin Netanyahu hanno destato molto clamore. Infatti, le affermazioni del premier sionista contemplano un autentico capovolgimento della medaglia, secondo il quale Hitler fu persuaso a ordinare la “Soluzione Finale” dal Muftì di Gerusalemme Haj Amin Al-Husseini. Queste le parole di Netanyahu: «Hitler ha detto al Congresso sionista che non voleva sterminare gli ebrei ma espellerli. Il Muftì andò e gli disse “Se li espelli, verranno in Palestina!” – “Cosa dovrei fare?”, chiese il cancelliere tedesco e il Muftì rispose: “Bruciali!”».

Il quotidiano Haaretz rammenta come Netanyahu avesse già avuto modo di dare la sua “versione dei fatti” in un convegno tenutosi alla Knesset nel 2012. In quell’occasione provò ad argomentare la tesi secondo cui Husseini sarebbe stato “uno dei principali architetti” della Soluzione Finale.

A controbattere quelle che sembrano davvero delle avventate dichiarazioni, ci ha pensato il cancelliere tedesco Angela Merkel, con telegrafiche e sentenziose asserzioni: «Conosciamo bene i fatti, non c’è nessun motivo per cambiare la storia. Sappiamo certezza qual è l’origine dei fatti ed è giusto che la responsabilità sia sulle spalle dei tedeschi».

Intervistati dal quotidiano “Yedioth Aharonot”, diversi tra i più accreditati storici hanno nuovamente contrastato la tesi del premier isreaeliano. Il professore Dan Michman, capo dell’istituto per la ricerca sulla Shoah dell’Università di Bar-Ilan, a Tel Aviv, e presidente dell’Istituto Internazionale per la ricerca sulla Shoah dello Yad Vashem, ha confermato l’incontro tra Hitler e il Muftì, sottolineando però che questo avvenne quando la Soluzione Finale era già stata avviata.

A sostegno di queste parole si uniscono quelle del presidente degli storici dello Yad Vashem, Dina Porat, le quali respingono la mistificazione storica di Netanyahu: «Non si può dire che è stato il Muftì a dare a Hitler l’idea di uccidere o bruciare gli ebrei. Non è vero».

Sulla scia delle dichiarazioni degli storici, si unisce la replica arcigna del leader dell’opposizione israeliana, Isaac Herzog: «Una pericolosa distorsione. Chiedo a Netanyahu di correggerla immediatamente perché minimizza la Shoah e la responsabilità di Hitler nel terribile disastro del nostro popolo».

Ha espresso il proprio parere anche Efraim Zuroff, direttore del Centro Wiesenthal di Gerusalemme, il quale ha stigmatizzato: «L’affermazione di Netanyahu è totalmente senza basi. Che il Muftì spingesse sui nazisti per evitare l’invasione della Palestina è fuori discussione, ma Hitler non doveva essere convinto da nessuno».

Non poteva mancare una reazione anche in campo palestinese. Saeb Erekat, segretario generale dell’OLP, ha dichiarato: «Lo Stato di Palestina denuncia le affermazioni di Netanyahu in quanto moralmente indifendibili ed infiammatorie».

Una svista, quella di Netanyahu, o un’uscita calcolata, magari ispirata al più becero revisionismo storico e tesa a legittimare, una volta di più, l’uso del pugno di ferro contro quella che è stata già battezzata come la “terza Intifada” o “Intifada dei coltelli”?

Ai lettori l’ardua sentenza…


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