
E ti pareva. Tutto il mondo esulta per l’accordo raggiunto a Vienna tra Teheran e il Governo USA ed ecco che puntuale arriva la condanna di Israele, per bocca del primo ministro Netanyahu.
Solo tre giorni fa, Amin Oren, analista di “Haaretz”, una delle maggiori testate israeliane, scriveva: «Molto tempo prima che Netanyahu diventasse primo ministro, Israele già si opponeva a un Iran in possesso di armi nucleari, per questa ragione dovrebbe dare il benvenuto all’accordo (di Vienna) e non condannarlo, poiché è un buon mezzo per conseguire un obiettivo vitale».
E invece è avvenuto, chissà perché, il contrario. Il coro dei no israeliani all’accordo è quasi all’unisono, visto che alla condanna di Netanyahu si è aggiunta anche quella dell’opposizione centrista (che però è più a destra della “destra” italiana…). Da una parte e dall’altra, si predica l’arrivo della fine del mondo e si condanna senza mezzi termini la politica dell’Amministrazione Obama: Isaac Herzog, leader laburista, ha parlato di «accordo con il regno del terrorismo».
Lo spauracchio è rappresentato dal fatto che con questo accordo si aprono le porte delle relazioni diplomatiche (e il mercato…) tra Iran e Occidente. In altri termini, non si potrà più annoverare sic et simpliciter tra i “cattivi” il governo di Teheran e toccherà farci i conti, cosa che a Israele proprio non va giù. Tanto che, a parte poche voci di esponenti di sinistra, di giornalisti degni di tal nome o anche di ex leader dei servizi segreti o ufficiali in pensione, la propaganda ha la meglio. L’opinione pubblica, ancora una volta, è manipolata e legge di autorizzazione concessa all’Iran perché si costruisca la bomba atomica, mentre si paventa lo spauracchio di un nuovo genocidio degli ebrei.
Nondimeno, Netanyahu ha fallito. A dispetto del suo giudizio negativo, la sua politica volta a impedire lo sdoganamento dell’Iran deve segnare un punto a sfavore di non poco conto, considerato che in tutto il mondo si parla di accordo storico, di terza guerra mondiale scongiurata e di passo decisivo verso la costruzione della pace in Medio Oriente.
Per il premier israeliano si è invece trattato di un «errore di portata storica», che rende il mondo «molto più pericoloso», tanto più che l’Iran «insiste nel volerci distruggere». E ancora: «Nel prossimo decennio questo accordo garantirà all’Iran centinaia di miliardi di dollari, una abbondanza di fondi che sarà utilizzata per diffondere il terrorismo e per accrescere gli sforzi di distruggere Israele». Infine: «In maniera stupefacente questo cattivo accordo non esige in alcun modo dall’Iran di cessare la propria aggressività». I Paesi che si sono adoperati per l’accordo «hanno così scommesso sul nostro futuro collettivo».
A Netanyahu ha già risposto il presidente iraniano Hassan Rohani che ha usato a sua volta parole di fuoco: «Israele è il principale pericolo per la regione. Questo regime, il più criminale e terrorista, pretende di parlare di pace e di pericoli futuri mentre esso stesso è fonte del principale pericolo per la regione. Il mondo vede con soddisfazione i progressi nei negoziati tra l’Iran e il gruppo 5+1, e solo un regime di aggressione e occupazione non è contento ed è in collera».
Alcuni dati. Israele è l’unica potenza nucleare del Medio Oriente (con almeno 100-200 testate nucleari al suo attivo), è un Paese che non rispetta le risoluzioni ONU circa il principio dei due Popoli in due Stati, è un Paese che mantiene da quasi 50 anni la Cisgiordiania sotto una ferrea occupazione militare e che nega i diritti umani dei Palestinesi, in particolare di quelli residenti nella Striscia di Gaza, stretti da Israele nel più grande ghetto del mondo. Eppure, per il suo premier tutto questo sembra non far testo e, dal suo punto di vista, di certo non attenta alla pace.
Il prossimo passo di Netanyahu non potrà dunque essere che delegittimare in tutti i modi l’accordo stesso nonché la politica di Obama che, però, al premier israeliano ha già risposto “a denti stretti” quando ha dichiarato che, a suo giudizio, nelle parole del premier israeliano: « […] non c’era niente di nuovo. Il primo ministro non ha offerto alcuna valida alternativa».
Sulle reali intenzioni di Netanyahu, il professor Gerald Steinberg, analista del centro “BeSa” di studi strategici di Tel Aviv (un’organizzazione vicina alla destra) ipotizza: «La sua mossa immediata sarà quella di mobilitare il Congresso Usa contro l’accordo, ma con scarse possibilità di successo, l’altra più concreta è quella di dimostrare che l’Iran non rispetterà i suoi impegni e che ingannerà il mondo».
Oppure Israele potrebbe avviare azioni di “difesa”, si fa per dire: con Gaza, il governo Netanyahu ha già dimostrato che “la miglior difesa è l’attacco”, e il ministro della difesa Yaalon ha già annunciato che «Israele si difenderà», laddove necessario, mettendo così in mobilitazione uno degli eserciti più agguerriti, tecnologici e temibili del mondo.
“Si vis pacem, para bellum”, dicevano i romani: “Se vuoi la pace, prepara la guerra”. Alla guerra Israele è già pronto. Alla pace no. E chissà se e quando lo sarà mai.