Quello che fa paura non è il petrolio, e non sono nemmeno le trivelle. Quello che fa paura è il disastro ambientale.

Diciamoci la verità. Quello che fa paura non è il petrolio, e non sono nemmeno le trivelle. Quello che fa paura è il disastro ambientale.

Ancor di più. Quello che fa paura è che i trivellamenti possano essere stati voluti, pensati e messi in atto solo per tutelare l’interesse di pochi affaristi e non della collettività.

No, non è il petrolio a far paura. È l’essere totalmente indifesi in situazioni così grandi come queste a far paura. Questo è purtroppo quello a cui ci hanno abituato in tutti questi anni.

Il petrolio di per sé non fa paura, infatti. Chi non desidererebbe avere un pezzo di terra e sapere che sotto la sua superficie siano presenti preziosissime risorse minerarie?

Avere un terreno e trovarne una fonte di ricchezza è una fortuna che solo a pochi capita. Avere una nazione con un sottosuolo carico di materie prime e risorse energetiche è una fortuna che solo a poche nazioni capita. E l’Italia sappiamo quanta poca “fortuna” abbia in questo senso.

Se avessimo il petrolio non sarebbe una tragedia. Sempre se poi non ci fossero sempre i soliti spettri del malaffare e dell’incompetenza delle amministrazioni pubbliche ad aleggiare sopra questi grandi affari di interesse nazionale.

Quello che fa paura è il rischio di vedere il proprio paesaggio naturale irrimediabilmente compromesso. E poi a quale scopo? Per far arricchire le solite multinazionali? Oppure la collettività?

Chi non ha in mente quando si parla di disastri ambientali quello che è successo con i rifiuti seppelliti irregolarmente sottoterra? In quei casi si trattava, tuttavia, di illeciti, di reati di privati. Qui, invece, è lo Stato con tutta la sua forza e tutta la sua legittimità della legge a intervenire.

Anche la sola eventualità che il dono gratuito e generoso della natura possa essere scippato incute timore, scuote dal di dentro le coscienze. Ecco spiegate, allora, tutte le mobilitazioni per il SÌ al referendum per impedire le trivellazioni in prossimità delle coste.

Nella nostra era dell’informazione si constata troppo spesso di essere, però, nella più completa disinformazione.

A ben ragione molte molte parole vengono profuse in giornali, social, convegni, in favore del “ SÌ ”. Ma chi sa in quale ottica strategica nazionale di approvvigionamento delle risorse e materie prime si inserisce questo intervento programmato delle trivellazioni? Da dove nasce – non il referendum – ma il provvedimento legislativo che autorizza le prossime trivellazioni? Chi ne beneficerà? E soprattutto, chi garantisce le popolazioni indifese in caso di errori, di incompetenze, di corruzioni, di sfruttamenti, di disastri, di abusi? Perché non si tratta di fare un buco in una strada, e poi male che vada, in caso di errori, si potrà sempre buttare sopra una colata di cemento e rimediare. Interventi di questo tipo sono molto delicati e trasformano irreversibilmente il paesaggio.

Il sottoscritto, da “non addetto ai lavori”, confessa tutta la sua ignoranza e le sue responsabilità a motivo di ciò; ma non si può mica essere informati e approfondire ogni tipo di problematicità. Per questo ci sono e vengono nominati i Rappresentanti. Il problema è la fiducia che li lega con i loro elettori.

Il primo Ministro Renzi e i suoi successori quanto sono disposti a soffrire nel caso in cui la fiducia di milioni di persone venisse ferita a morte in caso di disastro ambientale?

Se solo ci potessimo fidare di chi governa, e se solo la fiducia dei cittadini non fosse quotidianamente tradita dalla corruzione diffusa e cieca presente nel nostro Paese!

Il male più grande non è solo la morte della coscienza di chi ruba. Il male più grande è la morte della fiducia e della speranza della persone. L’assenza di fiducia mina le fondamenta stesse della convivenza civile e della società.

Se la fiducia non fosse tradita, quanto opere e quanto bene si potrebbero fare a beneficio della collettività e a beneficio degli ultimi e dei senza voce!

Nel sentire comune, il governo è divenuto “di norma” corrotto e incompetente. Per il sentire comune, è esso a dover fornire l’onere della prova di essere in buona fede. E la colpa non è certo della popolazione, come abbiamo detto.

Al di là dell’esito del referendum, comunque, si trivellerà. Quello che ci auguriamo è che si agisca per solo beneficio e interesse della collettività. Solo così si potrebbe essere disposti ad accettare gli eventuali rischi e pericoli, e sostenerne i correlati costi.

Ma ad oggi, nessuna garanzia è pervenuta.