«Non sono un prete ambientalista. Sono un prete. Punto. Anzi, prima ancora, sono un credente e Gesù Cristo mi ha insegnato ad amare ogni uomo»: così don Maurizio Patriciello, il prete anticamorra, il prete della “Terra dei Fuochi”, da Caivano, in provincia di Napoli.
Lo abbiamo raggiunto e intervistato ad Andria, lo scorso 6 maggio, in occasione della “Settimana di san Tommaso”, organizzata dalla locale Biblioteca Diocesana, in collaborazione con il MEIC, l’Azione Cattolica, la Caritas e il Forum di Formazione all’Impegno Sociale e Politico.
Il tema della settimana era Per una grammatica della politica e proprio dai politici parte padre Maurizio che ha appena incassato la delusione dell’ennesimo rinvio dell’approvazione della legge per i reati ambientali: «La risposta della politica è di una lentezza esasperante. Vi leggo il messaggio che mi ha appena mandato il ministro dell’Ambiente, Galletti, proprio colui che alla Camera ha proposto l’emendamento per cui la legge sugli ecoreati è tornata al Senato: “Ti prometto che tra due settimane la legge sarà approvata”. Miei cari, tra due settimane ci ritroviamo qui e vediamo cosa è successo. Io intanto gli ho risposto: “Torno stasera da un giro di conferenza tra Marche e Puglia, addoloratissimo per la sorte della legge ecoreati. Povero popolo mio, condannato a morte! Confido nel giudizio di Dio. I criminali ambientali brindano questa sera».
Legge altri sms, don Maurizio, tacendo i nomi degli autori, ma precisando che si tratta di figure di spicco della politica nazionale. Un messaggio in particolare recita: «Amico e fratello mio, temo che vi sia tutto un disegno ben più ampio e più feroce, ma guardiamo al futuro con la speranza dei Cieli. Insistere, insistere, insistere».
Don Maurizio, infatti, non si lascia abbattere e ricorda che l’impegno suo e di tanti militanti ha ottenuto una legge sulla “Terra dei Fuochi” e soprattutto un alto livello di attenzione dei mass media e della Chiesa. Ricorda anche che l’episcopato campano, con a capo il Cardinale Sepe, lo scorso mese di aprile ha inviato una nota al Parlamento per chiedere la sollecita approvazione della legge sugli ecoreati. Aggiunge don Maurizio: «Ma questo non basta se in Italia chi ruba una mela rischia di andare in carcere e chi invece venisse trovato nelle vostre campagne a sversare rifiuti tossici, rischierebbe solo una multa. Ma questi criminali come li vogliamo fermare? Solo con le mazze di scopa?»
Certo è che l’opinione pubblica non si può rassegnare: «Il peggio deve ancora venire: secondo il geologo Gianni Balestri, incaricato della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia), il picco dell’inquinamento per quanto già sotterrato sarà tra il 2060 e il 2064 e durerà almeno fino al 2080. Si parla di 800.000 tonnellate di rifiuti tossici, di 8 milioni di “ecoballe”, ciascuna grande quanto un salone: se le si volesse bruciare, un inceneritore dovrebbbe lavorare giorno e notte, senza mai fermarsi, per i prossimi 15 anni, salvo poi rilasciarci ceneri a loro volta tossiche. Altro che “ecoballe” o “bonifica”! Incominciate a temere ogni volta che sentite una parola che inizia con “eco-” o ogni volta che sentite parlare di bonifica: potrebbero nascondere un nuovo reato contro l’ambiente. Tipo la bonifica di Val Bormida, in provincia di Savona, con 30.600 tonnellate di rifiuti tossici dell’ACNA di Cengio, sversati in Campania, a Giugliano, nella discarica Resit, appartenente all’illustre avv. Cipriano Chianese. Davanti a tutto ciò, possiamo ancora tacere? Se non conosco il male, nel giorno del Giudizio potrò pure dire: “Non lo sapevo”. Ma se so che c’è chi muore e io non faccio niente, cosa potrò dire? Gesù ha detto di amare il prossimo come se stessi e ha aggiunto che se noi tacciamo, grideranno le pietre. Ora, se il nostro prossimo, da qui a due/tre anni, è condannato a morte di cancro e noi lo sappiamo, possiamo ancora tacere? Peraltro, i soli a dirsi pentiti sono i camorristi. Ma coloro che hanno coperto questi accordi, i politici che, a sentire pentiti come Carmine Schiavone e Giuseppe Vassallo, erano conniventi? E che dire degli industriali che hanno lucrato sui servizi gentilmente offerti dalla camorra? Zagaria, boss del clan dei Casalesi, vuole “squartare vivo” il giornalista Sandro Ruotolo solo perché ha ricordato che, ogni tre camion che giungevano nelle discariche campane, 2 erano di monnezza e uno “d’oro”, in quanto carico di rifiuti tossici provenienti dalle grandi industrie del Nord».
Don Maurizio non tace. Parla, anzi denuncia, fa i nomi, sfida i poteri (mica tanto) occulti, specie quelli dei colletti bianchi, e qualcuno si meraviglia che giri ancora senza scorta, ma lui commenta: «Ringrazio Iddio di non avere la scorta. Credete davvero che la scorta ti salvi la vita? Se decidono di farti fuori, eliminano anche la scorta. Non è così che si sconfigge la criminalità: deve essere un popolo intero ad alzare la testa, un popolo intero».
La cosa grave, continua don Maurizio, “non è la monnezza”, ma le grandi industrie che non voglio smaltire in sicurezza le loro scorie, perché “costa un sacco di soldi”.
A don Maurizio, abbiamo anche avuto modo di rivolgere direttamente alcune domande.
Don Maurizio, quali le ragioni di un impegno che le costa quanto una vita intera?
A Napoli si dice: « S’ pò campà senza sapé pecché ma nun s’ pò canpà senza sapé pe’ chi». Si può vivere anche senza un ideale, ma non si può vivere senza una persona che ti guarda negli occhi e per la quale tu vivi. Questa persona per me è nostro Signore Gesù Cristo e poi sono i miei fratelli che incontro sul mio cammino. Quando a queste persone viene tolta la dignità, viene tolta la stessa umanità, due sono le cose: o anche tu ti rassegni e poi sopravvivi a questo modo, per me, atroce di vivere oppure fai qualcosa e poi si va avanti, costi quel che costi. D’altronde, qualsiasi cosa si faccia nella vita, c’è sempre un prezzo da pagare.
Lei ha avuto più volte l’incoraggiamento di papa Francesco, inoltre ricordiamo un anno fa una lettera dell’allora Presidente Napolitano che assumeva degli impegni precisi: possiamo provare a farne il punto?
Papa Francesco mi ha incoraggiato diverse volte e forse quelli sono stati i momenti più belli della mia vita. A Napolitano, dopo che disse le cose che disse, ho scritto parecchie volte, ma non mi ha mai più risposto. Ha fatto finta di non sapere e se ne è andato via. Ho ricordato tante volte a Napolitano che era napoletano come noi e che la nostra gente soffre e muore per qualcosa di incredibile che sta accadendo, ma poi, ad un certo punto, è uscito di scena e… Dio lo benedica!
Don Ciotti, a Bologna, al termine della Marcia di Libera, lo scorso 21 marzo, davanti a 200.000 manifestanti, le TV di mezzo mondo e numerosissimi rappresentanti istituzionali, chiedeva con forza una solerte approvazione della legge per i reati ambientali. Oggi accogliamo la sua amarezza per l’ennesimo rinvio…
È così. Proprio ieri (5 maggio, ndr) la legge è ritornata al Senato nonostante noi avessimo chiesto che fosse approvata immediatamente perché l’Italia ha bisogno di questa legge. Questo passeggio tra Camera e Senato è incredibile, è inconcepibile, è esasperante, è scoraggiante. Io non lo so se i nostri parlamentari sono ancora degli Italiani come me oppure no. Non lo so.
Per di più, mentre si pensa di istituire un Polizia ambientale europea, in Italia il Corpo Forestale dello Stato rischia di scomparire
Dobbiamo dire la verità: proprio in Campania il Corpo Forestale dello Stato, con a capo il generale Sergio Costa, ha fatto tantissimo per la “Terra dei Fuochi”. Io ho scritto diversi articoli e appelli per dire: “Lasciateci il Corpo Forestale”. Non lo so se la sua soppressione rientri in un assetto o in una logica particolari, però dico: proprio il Corpo Forestale dello Stato è quello che abbiamo avuto accanto noi in questi anni di lotta così dura contro i camorristi, ma soprattutto contro gli industriali disonesti e criminali: quelli sono i peggiori.
Lei ha pubblicamente confessato, un anno fa, di aver avuto il cancro e di esserne stato miracolosamente guarito: un segno?
Il Signore parla, passa nella nostra vita e sant’Agostino diceva: “Ho paura del Dio che passa”. Ho paura perché magari può passare ed io non lo riconosco. Speriamo di riconoscerlo sempre. Certamente il Signore passa. È passato anche nella mia vita e io Lo ringrazio perché questa sera siamo ancora qua.
Solo un’ultima domanda: cosa pensa ogni volta in cui la chiamano a celebrare il funerale di un morto di cancro, magari di un bambino?
Stamattina ero a Macerata. La prima telefonata, alle 7 del mattino: pensavano che io fossi a Napoli e mi chiamavano perché la figlia di un mio carissimo collega, che ha lavorato con me in ospedale, è morta. Si chiamava Teresa, aveva 32 anni ed era mamma di un bimbo. Era ammalata di cancro. I funerali si sono tenuti nel pomeriggio. Teresa è solo l’ultima nell’ordine di tempo. Io davvero non ce la faccio più. Certo, il Signore ci dà la forza per restare accanto a queste persone sempre, però, se ci fossimo tutti, sarebbe molto bello. Lasciare invece solamente qualcuno a combattere, mentre gli altri stanno a brindare, questa è una cosa molto triste.