DI FEDERICO FABBRI
A volte ci si domanda quale sia il nesso tra la scrittura e il cuore. Si potrebbe pensare che ci sia una relazione biunivoca ma in taluni casi questo nesso è così forte, così pregnante, così generosamente grande da seminare vita dappertutto.
Sto parlando di Federico Fabbri, un eccellente scrittore, dal cuore smisurato.
La vendita del suo ultimo romanzo “Nessun nesso”, pubblicato da Les Flaneurs Edizioni, è finalizzata a supportare la Lega Italiana Fibrosi Cistica Romagna Onlus e Federico vince sempre la sua partita riuscendo ad accumulare grandi somme da devolvere in beneficenza.
Il romanzo è intrigante e avvincente sin dalle prime battute quando pone il commissario Santo Fabbri dinanzi a un’indagine complessa, che gli restituisce la botta d’adrenalina dimenticata e mette in discussione tutte le sue certezze.
Strana la scossa al petto di un terreno da definire con indizi disseminati di volta in volta a lanciare un segnale da decifrare!
Strano come qualcuno possa manipolare l’attenzione di un’intera città alla ricerca di un nesso tra morti che un senso non l’hanno mai, anzi, fanno raggelare il sangue, seppelliscono il sole e tolgono il sonno!
Bisogna cercare meglio e osservare tutto con accuratezza e l’autore trasferisce al lettore un climax di emozioni che lo lasciano stupito e lo travolgono pagina dopo pagina trascinandolo in un’avventura in cui ogni colpo di scena è un tentativo di percepire la verità e di catturare il colpevole.
Fabbri, gli ispettori e gli agenti coinvolti nell’indagine spesso hanno la sensazione di sentirsi sbagliati, di trovarsi dinanzi a qualcosa di troppo grande mentre il tempo sfugge dalle mani e secondo mirabili calcoli ci si avvicina al prossimo omicidio.
Fabbri è talmente preso da aver poco tempo da dedicare alla sua amata figlia Noemi e alla seconda moglie perché, quando scatta il campanello d’allarme in un qualsiasi giorno della vita, non ci si può fermare e bisogna correre.
Tutto comincia dal coraggio e dalle parole giuste per comunicare alla famiglia la scomparsa di un suo membro.
Tutto ha un peso. Anche gli occhi sbarrati e ormai privi di vita. Anche un braccio alzato. Anche spiccioli di prove che dovrebbero dare un senso a ciò che un senso non ha.
Com’è che le paure del giorno rubano i sogni della notte?
Com’è che non ci si perdona per ogni margine d’errore?
Come mantenere il volto imperturbabile mentre il cuore è già pieno di crepe e frana?
Le emozioni salgono in bocca ma è come se non appartenessero e la fretta è una cattiva consigliera.
A chi dare la colpa? A chi togliere una possibilità quando la morte è una sentenza senza appello?
La sete di giustizia deve basarsi sulla verità ed è il modo in cui si osservano le cose che porta a districare la matassa, non il grado che si ricopre o il tiro lungo e nevrotico di una sigaretta.
Il colpevole agisce dietro un’apparente normalità arrivando dritto alla preda, senza remore, senza se e senza ma come in un gioco in cui la posta è sempre più alta.
Come ci si libera dalle zavorre? E quanto pesa un corpo affossato dai sensi di colpa?
Basta gettare l’amo e aspettare che il colpevole abbocchi e l’autore dissemina minuziosamente una serie di oggetti che fanno pensare e, spesso, distolgono l’attenzione.
Vi consiglio di leggere questo romanzo perché il finale insegna che non bisogna mai dare nulla per scontato e non bisogna mai abbassare la guardia: la morte non si combatte dietro una scrivania ma scendendo in campo con le sue stesse armi e con un pizzico di follia. Quella che induce ad osare e infrangere le regole, se necessario.
Niente è normale e tutto può alterarsi: basta un attimo di disperazione che non si placa e cresce dentro come un mostro.
La pazienza non è un alibi ma un mordente. E la vita ci chiede sempre di più.
Sosteniamo Federico nella sua raccolta fondi e, oltre ad aver letto una storia avvincente, ci sentiremo più ricchi per aver fatto qualcosa di buono e necessario.
La gentilezza e la bontà non passano mai di moda e aprono il cuore alla speranza!