È il primo libro della cantautrice pugliese, arrivata seconda al Festival di Sanremo 2012 e vincitrice del premio della Critica “Mia Martini”.

“La verità è che c’è un’altra strada. La verità è che quello che sto per fare lo farò senza dirvelo mai. No. Non ve lo dirò mai. Uscite tutti quanti dalla mia testa. Non c’è spazio per voi, né per altri. Uscite tutti quanti dal mio corpo. Ci siamo io, il buio, il mare. Spazi grandi, adatti alla decisioni grandi”.

Erica Mou, “Nel mare c’è la, sete”. Fandango Libri. Il titolo è bellissimo, prepara speranza. Diviso in quattro parti, 220 pagine, esclusa quella finale dei ringraziamenti.

I libri sono una cosa seria, lo ripeto da sempre, anche se scriverli e pubblicarli non è più una grande fatica. Pochi sopravvivono al tempo, alle mani e agli occhi di chi ne ha letti e legge tanti. Una legge morale dura ma necessaria che separa l’inutile dall’utile, un paio di scarpe da ciabatte, un viaggio da una foto.
La storia è fragile, presumibilmente personale, intima. Protagonista è la morte, la perdita, oltre che lei, Maria. Qualcuno pagina dopo pagina, non riesce e non vuole perdonarsi, c’è confusione nella stanza dell’anima. Nessuno ha pulito la polvere, anch’essa custode e compagna involontaria.

Maria vorrebbe gridare “Io mi amo, voi amatevi senza di me”. L’eco di una involontaria immaturità letteraria, peccato, si porta via quell’imperativo.
Una giovane donna irrequieta, imprenditrice di se stessa, figlia volutamente distratta, eterna sorella tormentata da una fatalità, compagna di un uomo abitudinario, Nicola, che non riesce ad amare cui tuttavia si è abituata. Amante frettolosa senza rimorsi. Ha questa bipolarità, prima scrigno poi porta aperta, pudica, silenziosa poi facile.
Tenta di diventare moglie e madre perfetta, pensa e ripensa, si consuma ponderando possibili soluzioni e fallisce, ritorna ferita a sé. Si riperde più nebbiosa.

Tanti perché andavano chiariti, spiegati, dichiarati con più precisione, come regalo all’essenza del libro. Un diario, un mare di pensieri incontrollabile, affamato, bulimico.
Un ritratto corale abbozzato e incastrato con una ingenuità che si perdona per i modi gentili. Un ritratto sopratutto singolare, femminile, di chi ha urgenza di sopravvivere agli incidenti e deviazioni della propria vita, di essere più forte delle delusioni, delle mancanze, del destino, persino del poco amore che strada facendo le si è appiccicato addosso.
Una canzone senza musica che non avrebbe trovato spazio in un disco.
Smucinando, guadando, muovendosi nel fango del destino, si giunge ad una morale.
Non si può controllare la propria vita quando la si mette su di una barca nel mare, metafora di libertà.

Il mare non perdona, bello e spietato, calmo e agitato. Immenso, vicino alla perfezione universale, uno spazio grande adatto alle decisioni grandi.
La vita ha sete, vero, ma il mare non può dissetarla, è salato. Potrà meravigliarla.

Il cuore di Erica Mou batte all’impazzata, è protettore di un’opera delicata e incantata, seppure imperfetta.
Portate questo libro leggero nelle vostre case, è pur sempre un mobile su cui adagiare lo scorrere crudele e irrimediabile delle ore di cui sentirete la mancanza il giorno dopo.