DI ALESSANDRO ROBLES
Lì dove il cuore batte, la vita è poesia, è preghiera, è un sogno da portare avanti oltre i deliri perché, se è vero che “tutto nacque da un primo supremo dolore”, è anche vero che bisogna sapersi fermare e ascoltare le parole che sgorgano nude e affamate per cercare un senso.
Non si smentisce mai l’anima altamente lirica di Alessandro Robles, capace di sfiorare con delicatezza lembi così forti e profondi dell’umano sentire, tale da stupire il lettore e accompagnarlo al contempo alla ricerca di sé, di un suo spazio, di una fiumana di sentimenti da far affiorare.
La sua ultima opera realizzata con StreetLib Write contiene già nel titolo “M’assento ma sento” la radice dell’attenzione con cui si rapporta al mondo e agli altri. Come afferma il giornalista e scrittore Marino Pagano nella sua prefazione, “Alessandro ci dona parole sentite perché meditate, effetto di una scelta che vuole sintetizzare le quantità, mirando all’essenziale, scomponendo in frammenti di verità il fluviale e stanco scorrere delle espressioni”.
Per Alessandro l’importante è vincere in dignità e saper sognare, perché poi c’è chi tenta di rubarli i sogni provocando un danno inestimabile.Cos’è che ci lega alla vita? Un filo sottile, il pensiero di Dio, un cuore a isola, pieno d’affetti e di frutti. “Le parole sono pesi; le frasi misure”, Alessandro lo ribadisce con forza e intensità perché dev’esserci una precisa corrispondenza fra pesare e misurare se per noi l’altro non è un artificio ma qualcuno a cui regalare speranze.
La qualità è nel selezionare gli sguardi, nell’accorciare le distanze, nel ridurre la distrazione perché sono le cose insignificanti a renderci infelici. La verità è che dovremmo imparare dagli sbagli, dal nostro tempo, dalle lacrime visibili e invisibili a ritmare l’ottimismo per ricucire il cuore.
Chi scrive lo fa per necessità, per parlare di onestà, per creare attraverso i versi ponti verso altri mondi, nella speranza che “un po’ di umanità possa ancora salvare l’Umanità”.
È diverso lo sguardo dell’anima: lascia tracce, non fugge, si allena alla saggezza anche in una serie infinita di rinunce. “Il cuore è un vettore. L’origine è la nascita, la direzione, il tempo; il verso, l’amore”.
Con grande umiltà Alessandro ci insegna che l’opportunismo, l’ipocrisia, i formalismi hanno vita breve perché “i grandi traguardi hanno un cuoresemplice”. Bisogna trovarlo un nuovo idioma del cuore nel grande circo della vita in cui tra funamboli, pagliacci e schiavi il fitto gioco delle maschere stinge le elevate emozioni.
Perché poi rallentare l’immaginazione? Come vive un’anima invincibile?
Non basta vestirsi di belle parole per creare armonia, è la pienezza dell’amore a farci camminare sul filo della coscienza perché quando ci si ama, ci si rispetta, ci si attende, si eredità un po’ di infinito e il bagagliaio si colma di motivazioni.
Cos’è straordinario? La forte radice che ci porta verso l’alto? La memoria di ciò che invecchiando ci poetizza? L’equilibrio che fa riposare la mente?
Se non ci si apre al mondo, il nostro viaggio diventa un prefabbricato d’indifferenza: o si concia il cuore contro la mediocrità o si rischia di andare in corto mettendo a fuoco, infine, la considerazione di quanto si è perso.
Chi sono i poeti? “Sono libri aperti; senza copertina e numeri di pagina”. Sono coloro che un barlume lo cercano sempre. Può essere un atto illogico la luce dell’amore?
Se il corpo tradisce, l’anima mai! Allora non si può tacere se si vuole vivere per amare: fa rumore la leggerezza lontana dal giudizio. Il sogno, la verità, la vita stessa possono essere una regola d’arte e l’arte di vivere come quella di ridere incalza, ha sempre la precedenza.
Impariamo a raccontare.
Impariamo a pensare. A tenerci stretti l’attacco e la difesa, a godere di cose che non si possono acquistare ma ci possono arricchire.
Prestiamoci gli occhi, prestiamoci il cuore e non facciamo mai economia di noi stessi.
Non neghiamo mai diritti, consideriamo tutte le variabili possibili rimboccandoci le maniche contro l’intolleranza.
E se i conti non tornano, superiamo le differenze, il paradosso magari è proprio in quelle somiglianze di cui ci dimentichiamo eppure necessarie. Salviamoci! Salviamo l’amore e il tempo!
Grazie, Alessandro, per l’opportunità che darai ad ogni lettore di riflettere. Hai proprio ragione: se non ci si assenta, non si impara a sentire!