Storia di compare Nicola, contadino molto solerte e di un giovanotto di città che desiderava una vita nuova.
#nonsonsolofavolette
C’era una volta un contadino molto solerte. Non passava giorno che non si dedicasse alla cura del suo campo.
Coltivava uva e, quand’era tempo di potare, si immergeva anima e corpo in quell’operazione, tagliando via ogni tralcio che potesse appesantire la sua vite, disegnando con le forbici il flusso della linfa, sì che i grappoli diventassero pieni e sugosi.
Quand’era tempo di abbeverare le sue piante, correva alla vigna in piena notte per controllare di persona che l’acqua risalisse senza ingorghi e aspettava l’alba, seduto ad una sediolina. legnosa e rigida abbastanza da tenerlo sveglio, come una madre veglia il sonno del suo bambino più caro affinché nulla lo disturbi.
Quando giungeva la stagione calda riparava i frutti con un delicato velo che impedisse al sole di bruciare e agli insetti di cibarsi della sua uva.
E la sua uva cresceva, dolce, profumata e sugosa. E lui se ne andava in giro felice. Sorridente e canterino.
Poi, le terre confinanti furono vendute ad un giovane “stravagante”, che, deluso dalla frenesia cittadina, decise di reiventarsi contadino. Anche lui coltivava uva e, ammirando i frutti del suo vicino, prese a chiedergli consigli.
– Compare Nicola, quanta acqua date alle piante?
– Eeeeehhhhh, figlio mio …quante ce ne bisogna – rispondeva il contadino.
– Compare Nicola? E com’è che potate le vostre piante?
– Con le forbici …figlio mio. Con le forbici.
Il fatto era che al contadino interessava solo la sua uva e, a pensarci bene, era anche infastidito da quel nuovo vicino, arrivato da chissà dove.
Ma non poteva continuare a fare l’impiegato? – pensava compare Nicola – mo’ si pensa che è facile coltivare la terra? Si pensa che io lo devo tenere sulle spalle? Ma guarda un poco, ‘sti giovani di mo’!
E compare Nicola rimirava il suo campo e si beava e rideva sotto i baffi dei grappoli rinsecchiti e dei tralci rachitici del giovanotto.
Finché, l’uva del giovanotto, mal curata e trascurata, si ammalò. Di una brutta malattia.
In breve tempo il vigneto fu invaso da piccoli insetti pungitori che ferivano le piante e le lasciavano a lacrimare miele.
Gli insetti proliferarono in men che non si dica e prima che il contadino se ne rendesse conto anche la sua uva si ritrovò soffocata da fumaggini biancastre.
A nulla poté il suo intervento e nemmeno quello stupido muretto a secco tirato su in fretta e furia per rimarcare i confini.
Il raccolto andò perduto. Tutto.
Il silenziò inondò il vigneto.
E a compare Nicola fuggì il sorriso dalla faccia.
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