Mittente:

Dalba Domenico                                                                                                                                                                                         (Giornalista pubblicista)

Via Samuelli, 6

76121 Barletta BT

Cell. 328 77 66 967

Al Sindaco, Cosimo Damiano Cannito

Palazzo di Città

76121 Barletta

Per conoscenza

Al Prefetto

                                                                                      Via Cialdini

                                                                              76121 Barletta

–                                                                         Alla Procura della Repubblica

                                                                                              Trani

                                                                        

BARLETTA, SCALA MOBILE

PER… ABBATTERE LA BARRIERA ARCHITETTONICA TRA IMBRIANI E VIA CANOSA          

OLTRE VENTI ANNI DI PAZIENTE ATTESA, ORA BASTA!

Signor Sindaco,

ora, con gli ultimi bagliori della vita avverto irrefrenabile l’urgenza di dire BASTA!  Le confesso, poi, tra le righe, che sono profondamente mortificato e amareggiato per le tristi condizioni in cui versano, cittadine e cittadini, fragili, di Barletta Ma partiamo dall’inizio…

Una ventina di anni or sono due docenti della scuola media “R. Moro”, Dolores Rotunno, ora settantenne e Domenico Dalba, ottantadue primavere in groppa, raccoglievano, assieme ai loro alunni della classe III sez. G, per una vibrante lezione di educazione civica, tremila firme per l’installazione di un tapis roulant (una scala mobile senza gradini) nel sottovia di via Imbriani-via Canosa, indispensabile per eliminare la barriera architettonica che ogni giorno penalizzava migliaia di cittadini, soprattutto disabili, donne gravide, mamme con carrozzini, ammalati, vecchi, ciclisti. Più volte, poi, io scrivente, Domenico Dalba, giornalista, ho sollevato la cronica questione su giornali e riviste del territorio. Neanche una flebile risposta. Silenzio cimiteriale!

Eppure, diversi Sindaci, eletti direttamente dal 1993, (Raffaele Fiore, Ruggiero Dimiccoli, Francesco Salerno, per due mandati, Nicola Maffei per due mandati, Pasquale Cascella s’insediavano in questo lungo arco temporale al Palazzo di Città con frastuono di fanfare, pacche sulle spalle, brindisi, alludenti strizzatine di occhi e generose elargizioni di promesse poi inevase.  Lei, Cosimo Damiano Cannito attualmente è al secondo mandato. Ebbene, non sembra che la soluzione dell’angoscioso problema sia in dirittura di arrivo.

Le invio, per la cocente attualità, il dialogo, elaborato dai pargoli e dai docenti, che in quella lontanissima data fu distribuito in miglia di copie per rendere cosciente la popolazione, mobilitarla nell’affermazione di un suo sacrosanto diritto e per indurre gli amministratori a farsene carico politicamente. Ebbene, l’ascensore di via Milano, da poco installato, frequentatissimo oggigiorno da torme di cittadini, è un monito loquace per chi ha orecchie da intendere e cuore pulsante per sé e gli alti.

Congiuntamente la informo che non rimarrò indifferente, (per questo informo anche il Prefetto e la Procura della Repubblica di Trani), se l’Amministrazione Comunale non provvederà in tempi congrui a programmare, progettare e cantierizzare l’indispensabile opera, la cui mancanza drammaticamente lacera il tessuto urbano e sociale, avendo io provveduto già dagli ancestrali anni dell’asilo a liberarmi dal rango di suddito e a rivestire onorevolmente quello di cittadino attivo, fedele alla Costituzione Italiana.

DIALOGO TRA ERACLIO E MICHELE, OPERAIO ALLE CONFEZIONI NELLA ZONA INDUSTRIALE PER…   UNA SCALA MOBILE IN VIA IMBRIANI

Michele Chissà come, forse per la fatica in fabbrica, mi addormento sul piedistallo calcareo della statua di bronzo dell’imperatore Eraclio. All’improvviso delle gocce mi rigano il viso.  Mi sveglio di soprassalto, e lo sguardo si erge verso l’alto: neanche una nuvola, il cielo stellato, e pure uno spicchio di luna. La lontana amaca fulgente si dondola, avvolta da un’aurea eterea. Un’altra goccia mi colpisce ancora. Allora, sgomento, guardandomi intorno e non individuando la causa del mio disagio, dico ad alta voce a me stesso.   Ma che cos’è, piove senza nuvole!? (Michele, folta chioma, bianca come la neve, sguardo dolce.)

Eraclio   Non sta piovendo, sono io che…piango.  (con voce metallica. Eraclio, statua di bronzo finita sul litorale di Barletta per il naufragio di una nave veneziana che la trasportava da Costantinopoli a Venezia.)

M. Chi sei? (ancora più strabiliato)

E. Sono Eraclio, il gigante di Barletta! (amareggiato)

M. Eraclio? E perché piangi? (Ancora più sorpreso e compassionevole)

E. Da tanto tempo, ormai, vivo a Barletta, dopo il terribile naufragio e l’applicazione di gambe nuove, meno proporzionate di quelle originarie. Tutto è cambiato con l’era industriale! Anni addietro l’odore del mare e dei campi inebriava la vita della gente ed io ero in salute. Ora gli scarichi delle macchine, l’aria fetida dei condizionatori, le emissioni industriali e le micidiali sostanze tossiche riversate nei terreni mi creano allergie. Mi sono persino ammalato, ed hanno speso un mucchio di quattrini per curarmi dal cancro. Povere orecchie mie, poi, per i rumori infernali, per la diffusa sguaiataggine. A debilitare i miei timpani giungono anche i rintocchi radiofonici della Basilica del Sepolcro, stridenti, gracchianti. Per nulla melodiosi come le campane di bronzo di una volta.  A farmi rinascere, invece, intervengono le candide voci dei bambini e delle anime belle dei cittadini grondanti di dignità e coraggio.

M. Ma noi, caro Eraclio, operai, contadini, artigiani, disoccupati, piccoli imprenditori, minuscoli ingranaggi sociali senza potere, che cosa possiamo fare per invertire la rotta? Nulla! E’ la vita moderna! Tutti a correre, a comprare, a esibirsi, ad apparire! Alla ricerca forsennata di un lavoro, sovente precario e al nero. Sono rare le mosche bianche che non si piegano all’omologazione, imposta dall’alto e anche da noi stessi. (rassegnato)

E. Provo vergogna per il turpe andazzo, privo di senso! La mia dignità imperiale immeschinita in simili bassezze da trivio. Certe volte mi viene voglia di sradicarmi dal piedistallo lapideo e di fuggire da questa città, abbagliata dalle apparenze, abbindolata dai falsi miti, perennemente acciecata dalla falsa narrazione della disfida del 1503, una colluttazione armata tra gente mercenaria che si prostrava a due eserciti stranieri.

Vorrei andar via da Corso Vittorio Emanuele, strada dedicata a un personaggio di bassa lega, un colonizzatore del Piemonte, interessato solo dalle sue vicende sentimentali con la sua perenne amante, “la bela Rosin”.

Mi ha trattenuto finora solo l’affettuoso ricordo di Giuseppe De Nittis e Carlo Cafiero che, abitando   in questa strada, da ragazzi venivano spesso a tenermi compagnia, a farmi sognare la bellezza dell’arte impressionistica e della politica attenta alla società fragile, sfruttata, impaurita.

Frequentemente, si sofferma da quarantacinque anni sul mio piedistallo anche il pittore Borgiàc, il mio tenero Giacomino, con la sua fedele matita, che sta adornando la città di fantastici murales, pungolanti, ed avvicinando all’arte figurativa una marea di bambini ed adulti.

Un giorno è venuto con una sua giovane ed avvenente collaboratrice, Angela Ricatti, bella come un Narciso. Incantevole il suo tocco magico nel fare ritratti. E’ ritornata altre volte con figli e, mentre Francesco e Giulia si arrampicavano all’interno del mio corpo, lei mi ha ritratto alla Van Gogh. Farà molta strada, a mio parere.

Pierluigi Gorgoglione, poi, maestro di coro, mio caro amico, viene assiduamente a farmi visita con i suoi occhiali rotondi ed il viso, una palla sorridente. Lui educa gratuitamente schiere di donne e uomini a cantare. Insieme. Impegno di volontariato profuso per quaranta lunghi anni. I coreuti, poi, dopo infinite esercitazioni e vocalizzi, deliziano il cuore e l’anima dei cittadini che accorrono festosi ad ascoltarli.

M. Non è migliore la vita nelle altre strade. Purtroppo! Povero popolo, angariato, illuso ed anestetizzato.

E. Spesso, però, ho sentito dire che a via Canosa si respira aria buona!

M. Un tempo! Sì!  Le mamme vi portavano i bambini con la pertosse, ma adesso l’inquinamento ed il frastuono non risparmiano nessun ambiente! Anzi, non potresti neppur arrivare a via Canosa!

E. E perché?

M. La ferrovia…

E. Sì, lo so, il vento mi porta il fischio dei treni…

M. Il passaggio a livello di via Canosa  da diversi lustri è stato chiuso…

E. E quindi, la gente come fa a passare?

M. Si serve del sottopassaggio…

E. Che cosa è?

M. Una galleria che passa sotto i binari.

E. Ah beh! e io, con le mie possenti gambe, con la croce e la palla posso percorrerla?

M. Direi proprio di no, per l’altezza che ti ritrovi, e poi come faresti a scendere le scale anche se ti piegassi in due.

E. Le scale?

M. Proprio così, anzi due rampe di gradini a scendere e altre due nel salire tra una marea di gente, un via vai continuo.

E. E chi non può scendere e salire?

M. Si arrangia come può! Le mamme che spingono i passeggini si fanno aiutare da qualche giovane amabile, generoso.

E. E le persone anziane?

M. Avanzano ansanti piano, lentamente, con la santa pazienza…  Anche portando pacchi e borse della spesa!

E. Ei disabili? Quelli gravi, in carrozzella?

M. Per favorirli, l’Amministrazione Comunale ha installato il servo scala! Uno che sale ed un altro che scende. Tutti gli occhi degli astanti, però, puntati su quei poveri cristi, già penalizzati dalla vita (sconsolato). Lo usassero, almeno una volta nella vita, quelli che hanno avuto questa idea bislacca. Solo così capirebbero il senso di disagio che produce quella trovata, disdicevole, lesiva della dignità dei più fragili, degli ultimi, dei dannati della Terra. (indignato)!

E. Ancora i servi, quindi, al giorno d’oggi, come ai miei tempi, tanti secoli fa?

M. No, è una piattaforma mobile. Nessuno dei disabili, naturalmente, la usa. Stava anche alla stazione ferroviaria, dove hanno avuto il buon senso di eliminarla, anche se non hanno provveduto a sostituirla con una idonea e dignitosa alternativa.

E. Quindi la città risulta divisa in due!

M. Già, un muro di Berlino! Hai capito bene!

E. Il muro di Barletta! (sconsolato) Ma… possibile che il problema non si possa risolvere in qualche modo civile, urbano, consono ai tempi e alle esigenze attuali!? (deciso)

M. Una soluzione ci sarebbe… (abbozzando)

E. Quale, quale? (accorato)

M. Una scala mobile. Una scala mobile senza gradini, però, fruibile da tutti, pedoni, biciclette e carrozzini. Abbatterebbe ogni forma di discriminazione.

E. Che? Una scala che si muove?

M. Permette di salire e scendere senza fatica, non umilia nessuno, e non ci sarebbero tempi di attesa come con gli ascensori, dato il consistente traffico pedonale. Sai, gli ipermercati ne sono ampiamente dotati.

E. Allora, perché quelli dei piani alti della politica non provvedono? (seccato e disgustato da tanta cattiva volontà politica)

M. Poco fa ho visto un gruppo di ragazzi di una scuola media che con fervore si impegnavano nel consapevolizzare i barlettani e raccoglieva firme per una petizione popolare da inviare al Sindaco in merito a questa tematica, scottante. Prioritaria rispetto a tante delibere discutibili.

E. Capisco! Capisco! Come al solito i ragazzi, lungimiranti, sono gli artefici del cambiamento. Gaetano Salvemini, storico molfettese che perse cinque figli e la moglie per il terremoto di Messina del 1905 dove insegnava all’Università, asserisce energicamente nei suoi scritti: “Tra i fattori dell’avvenire esiste anche la nostra volontà, la nostra azione, la nostra testardaggine… Solo chi si arrende ai fatti compiuti non vi troverà nulla perché non vi avrà messo niente.” (Poi, dopo aver deposto croce e palla, si sradica dalla viva pietra calcarea e si muove speditamente con le falcate delle sue gambe rimbombanti).

M. Eraclio, che fai?

E. Michele, vado a firmare anch’iooooooo. (risoluto) Sai, Michelino, dalla vita e dalla filosofia ho imparato che quello che diamo non sempre ritorna, e meno male, non si tratta di un baratto, ma quello che diamo è quello che siamo! (gongolante)

M. Aspetta, amico mio, vengo anche io, mi hai infiammato! (Insieme, mano nella mano, come amici di vecchia data, si avviano con decisione ed orgoglio ad apporre la loro preziosa firma).

Scuola media “R. Moro” Classe III G, docenti Dolores Rotunno, Domenico Dalba

                                                                                                                    Firmato

                                                                                Domenico Dalba

                                                                


Articolo precedenteParlare meno, pensare di più
Articolo successivoQuanto sole ci vuole
Percorso scolastico. Scuola media. Liceo classico. Laurea in storia e filosofia. I primi anni furono difficili perché la mia lingua madre era il dialetto. Poi, pian piano imparai ad avere dimestichezza con l’italiano. Che ho insegnato per quarant’anni. Con passione. Facendo comprendere ai mieli alunni l’importanza del conoscere bene la propria lingua. “Per capire e difendersi”, come diceva don Milani. Attività sociali. Frequenza sociale attiva nella parrocchia. Servizio civile in una bibliotechina di quartiere, in un ospedale psichiatrico, in Germania ed in Africa, nel Burundi, per costruire una scuola. Professione. Ora in pensione, per anni docente di lettere in una scuola media. Tra le mille iniziative mi vengono in mente: Le attività teatrali. L’insegnamento della dizione. La realizzazione di giardini nell’ambito della scuola. Murales tendine dipinte e piante ornamentali in classe. L’applicazione di targhette esplicative a tutti gli alberi dei giardini pubblici della stazione di Barletta. Escursioni nel territorio, un giorno alla settimana. Produzione di compostaggio, con rifiuti organici portati dagli alunni. Uso massivo delle mappe concettuali. Valutazione dei docenti della classe da parte di alunni e genitori. Denuncia alla procura della repubblica per due presidi, inclini ad una gestione privatistica della scuola. Passioni: fotografia, pesca subacquea, nuotate chilometriche, trekking, zappettare, cogliere fichi e distribuirli agli amici, tinteggiare, armeggiare con la cazzuola, giocherellare con i cavi elettrici, coltivare le amicizie, dilettarmi con la penna, partecipare alle iniziative del Movimento 5 stelle. Coniugato. Mia moglie, Angela, mi attribuisce mille difetti. Forse ha ragione. Aspiro ad una vita sinceramente più etica.

4 COMMENTI

  1. Ciao Mimmo,
    davvero non capisco come mai, si investa così tanto in infrastrutture come strade nuove, ponti, sotterranei, stazioni ferroviarie etc… per migliorare la vita delle automobili e di chi ne fa uso, che se pur indispensabili per il tram tram quotidiano, inquinano in ogni modo e poi si resta così a lungo indifferenti nella realizzazione di un mezzo ormai così diffuso che andrebbe a sollevare i disagi dei cittadini che non alimentano l’inquinamento ambientale e che secondo me andrebbero aiutati a restare autonomi e indipendenti dall’uso di mezzi inquinanti come i mezzi pubblici e le automobili.
    Forse la simpatia del nostro aRé è la sua profonda indignazione può scuotere le coscienze di chi può realizzare questa opera urbana

  2. Ciao Mimmo,
    I Tuoi articoli sono sempre ricchi di storia nostrana che non si trova sui libri di scuola. Il dialogo piacevole ripropone il problema pluridecennale dello sbarramento Ferroviario, sempre attuale e pare di non facile soluzione. Speriamo da cittadini maturi!!! di vederne la fine. Un abbraccio Antonio.

  3. Questa è l’era dei politicanti, non dei politici
    Il politicante è come il negoziante.
    Vende promesse, dichiarandone la qualità ma chi ci guadagna è lui.
    Il cliente non potrà mai digerire ciò che il politicante gli ha venduto perché non avrà mai ciò che compone il contenuto delle promesse……………..

LASCIA UNA RISPOSTA

Please enter your comment!
Please enter your name here