A volte un piccolo gesto ricorda la speranza perduta

Cara Giulia,

A dire il vero non mi aspettavo un tuo messaggio, poiché pensavo ci fossimo detti tutto. Oggi tu sei qui a chiedermi “come stai?” in occasione dell’emergenza Coronavirus, e non posso negare il tuo interessamento mi abbia portato gioia, visto che è più di un anno non ci sentiamo. Come interpretare il tuo messaggio? Come risponderti, facendotela pagare ignorandoti o con un diplomatico “bene grazie”? Sì, perché questi giorni di riposo forzato di certo mi hanno fatto pensare a tante cose: per esempio alla tua superficialità, a come hai buttato al vento i miei sogni, o se preferisci, le mie illusioni. Ti accuso anche di questo, delle risate, dei progetti falliti, voglio farti sentire un essere ripugnante.

Ma adesso c’è l’emergenza Coronavirus; e forse hai soltanto bisogno di sentire un po’ di calore umano, un po’ del mio calore, di colui che, forse, a questo punto, è l’unico che senti vicino. Concedimi questa vanità. Lasceremo al destino il giudizio sulla nostra storia. Oggi, guardando il sole, e dalle tende piene di speranza, ti ringrazierò per la tua iniziativa e ti rassicurerò sulle mie condizioni di salute. Oggi.

Il sole è troppo bello per arrovellarmi con le ataviche domande sui bisogni umani insoddisfatti, ed una sorridente sigaretta (fa male lo so!) mi ricorda che la vita fiorirà di nuovo, e che presto saremo, ancora, liberi di amarci.

Tuo Savio