Ricordate che è più forte chi ha interesse che la gente, il popolo, non capisca

Caro amico direttore,

questo nostro Paese ti costringe ogni maledetto giorno alla sopravvivenza. E viviamo tristi, delusi, insoddisfatti, perseguitati dalla paura di non poter guarire da un male la cui pericolosità è proporzionata all’intelligenza di chi ne apprende.

Si muore, vero, ma per fine vita, come è sempre stato: il corpo si consuma, non è eterno. Cristiani, cattolici all’occorrenza e fanatici, hanno smesso di credere nella vita eterna promessa perché diventati unti e untori.
Non avvicinarti, non starnutire, non stringere la mano, non tossire.

Eppure i bar sono pieni di chi brinda alla felicità, tra conoscenti e non, con un aperitivo.
Hanno solo chiuso i luoghi in cui si muove lenta, stanca e affranta, la cultura. La ricerca di un prodotto per disinfettare le mani, ora non ha prezzo, impegna folle di ipocondriaci.
Siamo vestiti della angoscia che tutto come è cominciato possa finire.
A taluni, ipocondriaci, occorre una mascherina. Altri indossata in tempi poco sospetti non l’hanno mai gettata, per essere uno e nessuno e centomila.

Oggi però si esige un nome e un cognome, un volto, per essere prima colpevoli e poi liberati.
La gogna sociale. La medicina e la burocrazia.
L’essere umano si imbarazzi. Chiedete al primo che capita di che colore sia il cielo, la forma delle nuvole, cosa ha sognato, se è felice. Abbiate il coraggio di vivere disperatamente prima che un qualcosa di insensato ci avvicini, colpendoci come un pugno in volto.
Dedicate qualche minuto a chi sorride, allontanate chi si dispera. Non regalate amicizia e amore quando vi sentite soli.