Solo in qualche famiglia, fortunata, il bel costume antico permane…

Care Giorgia ed Elisa,

anni Sessanta, vigilia dell’Immacolata, celebrata festosamente l’8 dicembre, antipasto delle vacanze natalizie. Il vento scompiglia la fluente nera chioma del vostro nonno, mentre in tutte le semplici abitazioni si scodellano frittelle.

Gli studenti non vedono l’ora che la campanella della scuola annunci la fine delle lezioni, per affondare i frementi denti nelle soffici frittelle. Chi zappa la terra, sega assi di legno o si sporca le mani nelle officine e nelle fabbriche, spesso lancia una furtiva occhiata all’orologio, nella speranza che le lancette si muovano più lestamente del solito.

L’aria che hanno respirato, prima di lasciarsi alle spalle l’uscio, è diversa da quella degli altri giorni. La luce è stata accesa prima che sorgesse il sole, e la cucina ferve di preparativi. Il tavoliere, inoltre, che normalmente viene usato una volta alla settimana per confezionare il pane, fa la sua trionfale apparizione in questo giorno, speciale per i piccoli e grandi.

La sera precedente le mamme meticolosamente hanno provveduto a comprare gli ingredienti necessari per la preparazione delle frittelle. Ora, indossano una bianca bandana sulla testa, ed un grembiule protegge gonna e pullover. Intorno alla lampada della zona di lavoro svolazza un denso turbinio di pulviscolo bianco.

Come per incanto, quasi dal nulla, un bianco cratere vulcanico spunta al centro della pianura di abete, senza produrre nessun sisma, ed un rivoletto di tiepida acqua, leggermente salata, impregnata di disciolto lievito madre, scroscia timidamente da una brocca di vetro tenuta inclinata.

Laboriose mani femminili prontamente impastano l’acqua con farina. Quando diventano appiccicose, una spolveratina di candida neve restituisce agilità e scioltezza. Finalmente si ottiene una montagnola mammellonare, un impasto, soffice come un seno muliebre, che rimane a riposo al calduccio sotto una spessa coperta di ruvida lana.

A metà mattinata, quando l’impasto si arricchisce di alveoli, si prelevano ritagli di pasta modellati in varie forme. Con somma cautela finiscono uno alla volta nella padella, colma di olio evo in ebollizione, dal quale sale una colonna di fumo che opacizza i vetri del balcone.

Dopo il tuffo, che sovente macchia di schizzi la superficie della cucina ed il grembiule, emergono le creste delle sfrigolanti frittelle, sempre più gonfie fino a diventare zattere in un ribollente mare dorato. Galleggiano febbrilmente, si inerpicano, urtando e, quando la superficie si indora a regola d’arte, gli informi panzerotti possono essere pescati con la schiumarola. Di solito se ne producono due tipi, semplici o farciti con tonno, ricotta inacidita, mozzarella, polpette di ricotta intrisa di tuorlo d’uovo ed… un composto di cipolle, pomodorini ed olive.

I profumi che inondano le modeste le abitazioni, smaniosi di prendere una boccata d’aria, si danno immediatamente convegno in mezzo alla strada, non intasata di autovetture, invogliando le narici dei passanti a dilatarsi a dismisura, mentre le ghiandole salivari, riversano nella bocca saliva pregna di ptialina, miracoloso enzima pronto ad entrare in azione sui prelibati bocconcini di carboidrati.

Chissà perché in questo giorno non ci si attarda a chiacchierare con gli amici di scuola! Eppure non si è assillati da urgenti incombenze! Anche le saracinesche delle officine e delle botteghe avvertono una fregola particolare nel lasciarsi serrare da mani frettolose!

Aperta la porta, una zaffata di fragranze orgogliosamente dà il buon giorno, e gli occhi si dilatano alla vista di frittelle che civettuole troneggiano sul tavolo della cucina o della stanza da pranzo. Non si provvede neanche a sciacquarsi le mani, prese da una smania incoercibile. Alcuni panzerotti, i primi ad essere raccolti, sono già freddi, altri, ancora tiepidi, e gli ultimi, che da poco sono finiti nella schiumarola scottano, mentre nella padella l’olio continua a gorgogliare allegramente. Che goduria per il palato, l’olfatto e la vista, il tatto e… persino l’udito! Che esclamazioni!

Tutta impolverata di farina e sudata all’inverosimile, la cara massaia continua a farcire gli ultimi ritagli di pasta. È stanca, ma le basta il sorriso dei figli, del marito e degli anziani genitori per dimenticare l’immane lavoro che l’ha assorbita per l’intera mattinata. I suoi occhi, guardando di sottecchi i propri amati, brillano di gioia.

Ora questa tradizione gradualmente si va estinguendo. Il “progresso” incede a grandi falcate. Solo in qualche famiglia, fortunata, il bel costume antico permane, e negli sguardi sognanti dei convitati si legge una incontenibile gioia… per le piccole cose.

Molti preferiscono, abbandonando in soffitta mani, creatività e sani ingredienti, raggiungere una pizzeria, un panificio o una pasticceria. Saranno pure bravi, i pizzaioli, i panificatori ed i pasticcieri, ma le loro frittelle non possiederanno mai il gusto che hanno quelle preparate dalla mamma o dalla nonna. Per giunta non si respira profumata aria di festa per le strade, dove frotte di polveri sottili e nutriti nugoli di gas incombusti irrompono felici dai roventi tubi di scappamento.

Care nipotine, vi auguro che le vostre mamme riescano a ritagliarsi un po’ di tempo, per farvi rivivere la bella esperienza culinaria di una volta, condita dal valore aggiunto del loro amore, che nessun artigiano dell’arte bianca potrà mai introdurre.


FontePhoto credits: Domenico Dalba
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Percorso scolastico. Scuola media. Liceo classico. Laurea in storia e filosofia. I primi anni furono difficili perché la mia lingua madre era il dialetto. Poi, pian piano imparai ad avere dimestichezza con l’italiano. Che ho insegnato per quarant’anni. Con passione. Facendo comprendere ai mieli alunni l’importanza del conoscere bene la propria lingua. “Per capire e difendersi”, come diceva don Milani. Attività sociali. Frequenza sociale attiva nella parrocchia. Servizio civile in una bibliotechina di quartiere, in un ospedale psichiatrico, in Germania ed in Africa, nel Burundi, per costruire una scuola. Professione. Ora in pensione, per anni docente di lettere in una scuola media. Tra le mille iniziative mi vengono in mente: Le attività teatrali. L’insegnamento della dizione. La realizzazione di giardini nell’ambito della scuola. Murales tendine dipinte e piante ornamentali in classe. L’applicazione di targhette esplicative a tutti gli alberi dei giardini pubblici della stazione di Barletta. Escursioni nel territorio, un giorno alla settimana. Produzione di compostaggio, con rifiuti organici portati dagli alunni. Uso massivo delle mappe concettuali. Valutazione dei docenti della classe da parte di alunni e genitori. Denuncia alla procura della repubblica per due presidi, inclini ad una gestione privatistica della scuola. Passioni: fotografia, pesca subacquea, nuotate chilometriche, trekking, zappettare, cogliere fichi e distribuirli agli amici, tinteggiare, armeggiare con la cazzuola, giocherellare con i cavi elettrici, coltivare le amicizie, dilettarmi con la penna, partecipare alle iniziative del Movimento 5 stelle. Coniugato. Mia moglie, Angela, mi attribuisce mille difetti. Forse ha ragione. Aspiro ad una vita sinceramente più etica.