Se credete di essere affetti da “erostratismo”, cioè l’ansia di lasciare un ricordo ai posteri, sedetevi, respirate e concedetevi la piacevole lettura de “La vita in un sogno”, il nuovo libro di Ciro Daniele Lavigna, un’opera in cui paura e speranza trovano compimento nelle più piccole forme d’Amore.

Ciao Ciro, eccoti al quarto romanzo, quello della maturità artistica?

Vorrei risponderti partendo dalle parole di Pablo Picasso: “Tutti i bambini sono degli artisti nati; il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi” ed io trovo queste parole molto vere, sono convinto che ognuno di noi sia un potenziale artista, solo che io credo di essere rimasto, artisticamente parlando, allo stato embrionale. Parlare di maturità artistica, nel mio caso lo trovo a dir poco velleitario, anche se mi piace molto il mio quarto romanzo: “La vita in un sogno” dove per certi versi si evince quella che è la mia più grande aspirazione: scrivere.

La giusta via per la felicità risiede nelle grandi cose o nella ricerca di ogni, anche piccolissima, forma d’amore?

La felicità non va ricercata altrove, fondamentalmente risiede dentro ognuno di noi, solo che va coltivata, motivata, alimentata e soprattutto esternata, così facendo anche quello che ti circonda assurgerà alla felicità. Credo che tutto quello di cui ci circondiamo sia lo specchio di ciò che esterniamo, se anziché pensare solamente a costruire palazzi, grandi professioni, accumulare ricchezze condividessimo sorrisi, abbracci, cortesia, forse saremmo più poveri economicamente ma avremmo una vita più ricca. Concludendo, il vero segreto per la felicità è racchiuso nel mio libro ed è per questa ragione che dovrebbero leggerlo tutti, anzi dovrebbe passarlo la mutua.

La scelta di chiamare il personaggio ancora una volta “Daniele” (tuo secondo nome) è la componente autobiografica del libro?

Chiamare il personaggio narrante Daniele mi aiuta a vivere a pieno il romanzo e secondo me è il modo migliore per far sì che anche il lettore a sua volta si immedesimi nella storia o magari si rispecchi in uno dei personaggi del romanzo. Le parole più belle che mi hanno detto riguardo al precedente libro ed anche le più condivise sono state: “Mi sono commossa”. La mia più grande aspirazione è quella di regalare emozioni con la scrittura e per fare ciò, credo che il lettore debba entrare in quelle pagine ed immedesimarsi, magari scrivendo una pagina propria e perché tutto ciò accada, devo prima rendere mie quelle pagine.

Perché ricorri a digressioni letterarie nel tuo racconto?

Secondo me un romanzo oltre ad essere coinvolgente, deve anche arricchire il lettore. Tutte le volte che ho letto un libro ho sempre cercato di immagazzinare nuove informazioni e più il libro mi permetteva di farlo, più io adoravo quelle pagine. Ecco perché ho menzionato delle opere importanti di Márquez, di Oscar Wilde e di altri nomi prestigiosi compreso Goethe che non ho mai imparato a pronunciare bene.

Il sogno e la vita sono fonti di preoccupazione o di speranza?

Domanda dal sapore marzulliano questa. Secondo me la vita ed il sogno racchiudono l’intera esistenza, il punto di partenza di qualunque stato d’animo comprese la preoccupazione e la speranza. Spetta a noi decidere se fare di questi doni meravigliosi che sono la vita ed il sogno un’attesa fiduciosa o motivo di apprensione. Personalmente cerco di coltivare sempre la speranza.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.