«Apri la mente a quel ch’io ti paleso 
e fermalvi entro; ché non fa scienza, 
sanza lo ritenere, avere inteso»

(Paradiso V, vv.40-42)

Oltre la metà del quinto del Paradiso è dedicata alla risposta che Beatrice aveva lasciato in sospeso nel canto precedente per sciogliere il dubbio relativo alla natura del voto e alla possibilità di mutarne la materia con altra opera di bene.

Beatrice chiarisce che il dono più grande fatto da Dio all’uomo è quella della sua volontà: il voto non esprime altro che il sacrificio volontario di tale dono e, dunque, se fatto con mente retta, esso ha un valore inestimabile e insostituibile.

D’altra parte, spesso la Chiesa stessa dispensa dai voti e questo merita una spiegazione: Beatrice precisa che si può cambiare la materia di un patto liberamente stretto con Dio, ma non la sua natura. In altri termini: la materia del voto, a determinate condizioni, può variare, ma il patto in quanto tale non può essere cancellato.

Come spesso ci accade, è lecito interrogarsi sulla attualità di simili argomentazioni. In verità, se Dante vi si attarda, è per alimentare la sua scoperta polemica nei confronti delle autorità ecclesiastiche del tempo che, per vil moneta, elargivano dispense a chi poteva, letteralmente, comprarsele. Di qui l’ammonimento rivolto ad ogni cristiano, anche a quelli di oggi, a non prendere alla leggera l’espressione di un voto, per non incorrere nello stesso errore di Iefte o Agamennone, capaci di sacrificare le proprie figlie pur di non ritrattare una promessa sconsiderata e in nessun modo riparabile.

Il canto si chiude con la descrizione dell’arrivo nel secondo cielo, quello di Mercurio, dove sono beati quanti operarono per conseguire la gloria terrena. Dante e Beatrice vi giungono con la stessa velocità di una saetta che coglie il bersaglio prima che smetta di vibrare l’arco che l’ha scagliata. Una delle anime, sfolgorando, si rivolge a Dante: scopriremo nel prossimo canto chi sia e quale sia la sua storia.

Apri la  mente a ciò che ti svelo e fissalo nella tua memoria: giacché non fa conoscenza l’ascoltare senza ricordare …le parole di Beatrice, che qui traduco, hanno segnato una buona parte della mia vita. Ricordo ancora la prima volta in cui le udii dalla voce del mio docente di storia. Era il suo modo di invitarci a leggere e capire, a valutare e soppesare, ad essere critici e non canne al vento.

Negli anni, mi sono sforzato di farne tesoro, di farmi trovare pronto e attento, di non perdere occasione di “intendere e ritenere”, di perseverare “a mente aperta”.

Francamente, non so quanto ci sia riuscito. Posso dirci di averci provato con tutto me stesso. Così come posso dire che la più grande acquisizione della mia vita, tuttora in corso d’opera, è stata l’accettazione della mia fallibilità.

Ovvio, questo non significa farmi degli sconti. Di certo non intende farne a tutti gli esseri effimeri che sembrano attraversare le onde della vita con la stessa leggerezza e vacuità di un osso di seppia: galleggia su tutto, mai affonda, ma non sa di niente.

Rita Levi-Montalcini: «Rare sono le persone che usano la mente, poche coloro che usano il cuore e uniche coloro che usano entrambi».

Plutarco: «La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere».

Groucho Marx: «Laggiù è seduto un uomo dalla mente aperta. Si sente lo spiffero fin da qui».


FonteFoto di copertinta: pixabay.com rivisitato da Eich
Articolo precedenteLettera di un giovane soldato russo costretto al fronte
Articolo successivoLa vita nel sogno di Ciro Lavigna
La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...