Perché si predica bene e si razzola male?

Sfogliando alcuni giornali, pagina dopo pagina, sembra quasi aver messo un disco di vinile graffiato sul piatto e che, a singhiozzo ti rifà, se non lo blocchi, l’infinita, fissa tiritera, con relativo hops, ogni qualvolta la puntina trova il solco interrotto. A “giradischi fermo”, all’ultima pagina di un giornale, scritto per non si sa per quale motivo: se informare la gente oppure fare cassa, la mente ritrova la sua serenità. Un libro non è da meno se, chi l’ha scritto, non sapeva bene il messaggio che voleva inviare al lettore ma che si era azzardato a pubblicarlo comunque.

Paolo Segneri si chiede: – Si “predica” per far sfoggio d’ingegno e arguzie o per suscitare la fede e la morale? –

Anche lo scrivere affettato, ampolloso, retorico porta il lettore lungi dall’umore: il succo che lo scrivente si era posto versare, come concetto del suo lavoro. Certo è che scrivere in una certa maniera ed essere insignito nel vocabolario della Crusca può dar la soddisfazione di essere arrivato…ma dove? Se, d’altra parte, si mantiene confuso il mal preparato lettore a conciliarsi con l’alto scritto i cui lemmi gli sono estranei e, quindi, tonfi? Si scrive perché uno possa leggere, altrimenti gli scrittori scriverebbero solo diari e appunti per sé e non altro. Tra l’altro bisogna che uno continui ad emanciparsi: lo si fa leggendo ed ascoltando.

Citando il Segneri, di cui il Settembrini lo descrive appunto come un “paradosso letterario” per via del suo “Quaresimale”, dove la ridondanza dei termini sembra debba dare inizio al Giudizio Universale.

Poi la Chiesa che induce l’uomo alla pazienza, alla serenità, all’indulgenza, mentre il Segneri, religioso, scrive: – Ma che? Per questo non sappiamo noi bene che la pazienza lungamente irritata divien furore? -.

L’aver studiato retorica, il Segneri si era proposto di imitare Cicerone, compito assai arduo. Una siffatta scelta resta difficoltosa persino nell’immaginarla. Ma il Segneri è un buon letterato che va letto e meditato.

L’informazione, quando è di parte, crea sviluppi imprevedibili. È come lanciare un sasso nello stagno, dove innesta cerchi concentrici sulla superfice e che si espandono a vista d’occhio. Così è la notizia ridondante, da scoop, che a nulla porta se non a creare scomode e imbarazzanti situazioni…

Da quando hanno disarcionato Conte e, dal cappello del “Mandrake” di turno è comparso Draghi, i facili “cambia-casacca” hanno avuto più di un sussulto. Qualcuno è entrato in “piacevole orgasmo”. Oggi, dopo quasi due mesi che l’ex Mister “B.C.E.” è seduto a comando, i vari sussulti e orgasmi si sono trasformati in lagnanze, con relativi mal di pancia a non finire. Nel frattempo si è scritto di tutto e il contrario di tutto, giorno dopo giorno, ripetutamente. Ora siamo qui a piangerci addosso, impantanati. Attenti, però: siamo ancora alla frutta, mentre salteremo il “dolce” passando al caffè senza zucchero, amaro. L’essere stati scontenti di Conte, ora pure di Draghi, è segno che non ci sta mai bene nulla. Lagnarsi comunque vada, è da prefiche, a pagamento. Oh, quanto ci costa! Abbiam voluto Draghi solo perché si pensava che sarebbe arrivato con tutte le soluzioni in tasca? Oppure che, l’economia nostrana, disastrata, al solo vederlo, sarebbe schizzata così in alto che l’avrebbero notata alle Cayman, tipo uragano; che le banche di quell’emisfero, per paura di chissà quali disastrose conseguenze, ci avrebbero resi i capitali, lì imboscati? Non siamo andati mai così vicino alla superficialità. Draghi è andato benissimo quando stava alla B.C.E., in Germania, poiché lì era considerato un valentissimo manager a tutto tondo. Era circondato da persone che remavano nella stessa direzione: gente che lavora con la testa; gente scevra da raggiungimenti bizzarri e senza regole.

Se in altri Paesi un tipo come Draghi funziona e in Italia no, è solo che qui, da noi, non lasciamo lavorare in pace la poca gente che lo vuol fare.

Se fosse il contrario non ci sarebbero tanti avvicendamenti da far sembrare il Parlamento una scuola di ballo: se non il pontile dove Caronte attracca la sua barca, per traslare le anime dannate di là dell’Acheronte…

È risaputo che, in Italia, chi ha la testa sulle spalle deve vedersela coi facinorosi e i buoni a nulla. Questi sono elementi che si adoprano affinché nulla cambi in meglio, sapendo bene che, dove le cose funzionano non hanno motivo d’entrarci per non essere all’altezza collaborativa, poiché incapaci o indolenti. Per questo tipo di persone è meglio se resta il caos, la confusione, l’illegalità, dove ci sguazzano dentro.

Il solito Salvini che dà di testa poi… quello che, con “l’apriscatole”, aprirebbe ambienti e zone intensamente infettate da Covid19. Possiamo esser sicuri che, avendone la possibilità (l’intenzione pare gli sia già radicata, per i casini che fa) aprirebbe gli ambienti che la Merlini chiuse nel 1958, pur di racimolare qualche voto, visto che ne sta perdendo, a uffa, insieme alla credibilità.

L’informazione a base di “Fake news” (falsità), sembra stia facendo il gioco del virus in questione, dove i vari antivirus non riescono a contrastarlo, visto i “travestimenti” che assume da un giorno all’altro. Un giusto vaccino? Per noi italiani ci sarebbe, molto efficace. Basterebbe iniettarci una buona dose di umiltà, dacché l’atavico nostro virus non è altro che: la incontrollata esuberanza nel dire, più che nel fare.

Dare notizie fasulle o di parte è come sputare in cielo, e mentre cade in viso, credere che stia piovendo…


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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.