«Signor Schabowski, …Non crede di aver commesso un errore?»

C’è chi con discorsi populistici innalza barriere di disumanità e chi, invece, con una semplice domanda ha contribuito ad innescare l’effetto domino che ha portato alla caduta del Muro di Berlino.

È il tardo pomeriggio del 9 novembre 1989 e Riccardo Ehrman fatica a trovare parcheggio. Lui, giornalista dell’ANSA, sa di non essere mai stato molto puntuale, ma a quell’appuntamento, in fondo, non occorreva esserlo.

Una conferenza stampa come tante altre, la solita demagogia da Guerra Fredda, l’esaltazione delle gesta di un’Unione Sovietica che, sin dalla conclusione del Grande Conflitto Mondiale, occupava la Germania Orientale divisa, dal 1961, dalla zona ovest di Berlino da un muro oltre il quale più di cento persone avevano tentato negli anni di accedere, confine invalicabile che il Partito Socialista Unificato di Germania (SED) non riusciva più a controllare.

L’auto poteva benissimo incastrarla lì, erano già le ore 18, e la voce del funzionario Gunter Schabowski riecheggiava in una sala gremita di stereotipi e ipocrisie. Il qualunquismo di quelle parole gonfiavano casse di risonanza e vergogna, troppe le manifestazioni che negli Anni Ottanta chiedevano al governo libertà di movimento ed espressione. Troppe le stronzate raccontate quel pomeriggio da Schabowski!

Quando mancavano dieci minuti alla conclusione della patetica fiera verbale dell’irrilevanza, Ehrman prese la parola e pose all’insufficiente oratore la seguente domanda:

«Signor Schabowski, lei ha parlato di errori. Non crede di aver commesso un errore quando poche settimane fa avete annunciato una nuova legge sui viaggi che non cambiava nulla?».

Imbarazzato, il buon Gunter tira fuori dei fogli e, alla rinfusa, cerca di difendersi. Ex abrupto, un collega di Ehrman, tale Niemeyer incalza: «Da quando entreranno in vigore queste regole?». A fargli eco il giornalista di The Voice of America, Krzysztof Janowski, che chiede se, effettivamente, queste norme siano applicabili, anche e soprattutto, per Berlino.

Schabowski non solo conferma l’immediatezza del provvedimento, ma getta le autorità berlinesi nel caos, dando così vita a flussi di gente che, da un momento, all’altro si ritrovava a pensarsi al di là della barricata, dal lato giusto dell’uguaglianza, dalla forza unificatrice dell’Amore.

Riccardo Ehrman ci ha lasciato lo scorso 14 dicembre e, ad uno degli italiani più influenti del nostro secolo, sentiamo di dedicare, a mo’ di epitaffio, un verso dei Pink Floyd. Perché se “another brick in the wall” è un cult, WISH YOU WERE HERE è un saluto ed un profondo ringraziamento che sa di rivoluzione…