Ho sentito parlare di sicurezza, vita e pace – persino di pace! – nelle istituzioni dell’Unione europea a Bruxelles, e ho avuto speranza

Ho sentito parlare di sicurezza, vita e pace – persino di pace! – nelle istituzioni dell’Unione europea a Bruxelles, e ho avuto speranza, a fine aprile. Servono più persone che nelle istituzioni UE abbiano a cuore la sicurezza dei nostri figli e delle nostre figlie d’Italia, d’Europa e dell’intero frantumato villaggio globale, al riparo dalle retoriche del politicamente corretto e corrotto.

Ora che s’avvicina l’appuntamento dell’8 e 9 giugno con le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, ora che abbiamo la possibilità di sentirci parte di un nuovo programma sovranazionale per l’Italia, attraverso i nostri 76 nuovi eurodeputati da impegnare subito nello sviluppo delle pacificazioni internazionali, necessarie e urgenti: ora, proprio ora, dobbiamo invogliare la gente ad andare a votare. Giacché ogni forma di sviluppo sostenibile – dall’economia al  Welfare,  dai mercati alle infrastrutture sociosanitarie e securitarie, dall’antiterrorismo all’antiriciclaggio – non può che passare da condizioni di civiltà e pace-in-Europa.

Perché non ci facciamo inarrestabili pionieri di strategie politiche nazionali che tentino di attenuare le troppo lunghe ostilità belliche a ridosso dei nostri confini? D’inarrestabile, invece, appaiono soltanto gli strumenti e i fondi bellici. In modo ostinato e contrario al senso arreso dei comuni intenti dell’oggi, controvento, con vecchi e nuovi inediti compagni di strada: per far sventolare una bandiera – la nostra – che sulla scacchiera internazionale possa fare la differenza. Con i nostri tre colori lanciamoci più di un augurio, prima ed oltre le prossime elezioni europee. Un augurio che sia di benessere. E non c’è benessere sotto le bombe, né se i nostri militari italiani vengono mandati al fronte russo-ucraino.

Possiamo e dobbiamo evitare ogni  escalation  globalmente letale, al riguardo.

Verde  come la speranza.  Bianca  come la pagina di pace che dobbiamo scrivere su un conflitto come quello russo-ucraino in cui abbiamo solo vinti senza vincitori.  Rossa  come la memoria del sangue delle prime due guerre mondiali. Il nostro tricolore, nella sua delicatezza, va impugnato con la destrezza di chi non dimentica i racconti degli anziani con cui siamo cresciuti, nella nostra sudata Italia pragmatica, Patria di Pace fondata sul lavoro e sul sapere umano condiviso.

Non ci chiedano uomini, per la guerra fatta scoppiare dalla Russia, da tempo ormai divenuta una vera e propria guerra di logoramento senza soluzione di concrete svolte. Non ci chiedano nemmeno donne, per la guerra, in nome di una politicamente corrotta equazione di genere che fa perdere il senso originario di ogni emancipazione. Non ci chiedano sangue, tra i figli e le figlie della nostra Patria italiana ed italeuropea, culla resiliente di culture di resistenza. Giacché non si tratta più di una opportuna resistenza per una causa di liberazione nazionale di respiro europeo. Giacché, ormai, si tratta solo di risposte su risposte, belliche e belligeranti, senza finibilità alla fine. E nell’infinibilità della distruzione occorre ricordare, al Diritto, la Vita.

In modo ostinato e contrario al senso arreso dei comuni intenti dell’oggi, controvento, ma mai contronatura: poiché conciliare il valore della vita umana con le libertà e la giustizia non è solo possibile; è internazionalmente doveroso.

In modo ostinato e contrario, tra i vessilli degli Stati membri in Unione europea, sventoli il tricolore verde-bianco-rosso in segno di lotta per l’aspirazione delle genti alla fine di un conflitto letale, che sta durando troppo, con grossi costi, anzitutto umani.


FonteImmagine di copertina: Luigi Trisolino a Bruxelles nelle istituzioni dell'Unione europea ad aprile 2024
Articolo precedenteViaggio in Cina
Articolo successivoLa potenza delle immagini
Luigi Trisolino, nato l’11 ottobre 1989 in Puglia, è giurista e giornalista, saggista e poeta, vive a Roma dove lavora a tempo indeterminato come specialista legale della Presidenza del Consiglio dei ministri, all’interno del Dipartimento per le riforme istituzionali. È avvocato, dottore di ricerca in “Discipline giuridiche storico-filosofiche, sovranazionali, internazionali e comparate”, più volte cultore di materie giuridiche e politologiche, è scrittore e ha pubblicato articoli, saggi, monografie, romanzistica, poesie. Ha lavorato presso l’ufficio Affari generali, organizzazione e metodo dell’Avvocatura Generale dello Stato, presso la direzione amministrativa del Comune di Firenze, presso università, licei, studi legali, testate giornalistiche e case editrici. Appassionato di politica, difende le libertà e i diritti fondamentali delle persone, nonché il rispetto dei doveri inderogabili, con un attivismo indipendente e diplomatico, ponendo sempre al centro di ogni battaglia o dossier la cura per gli aspetti socioculturali e produttivi dell’esistere.