
Piccole. Le sue mani erano diventate piccole. E lenti i suoi movimenti.
Dal candore immacolato delle lenzuola, sempre profumate di vaniglia, Nonna Michelina, allungava lentamente il braccio destro verso il nipote, accovacciato a lato del letto.
Il rito del saluto serale all’anziana nonna, terminava con una mano che si muoveva a cercare il suo volto e gli segnava la fronte con un segno di croce. Io ti benedico, nipote mio.
Era un gesto sacro con cui, quella donna che giaceva inerte nel suo letto, chiudeva le loro giornate. La sua e quella del nipote. Figlio maschio di suo figlio. Colui a cui consegnare la famiglia, il suo onore.
E quando lei non ci fu più, quel gesto passò tra le mani di suo padre. E con quel gesto che lo segnava, lui gli insegnava il valore dell’amore per quella famiglia e per le sue tradizioni.
Io ti benedico, figlio mio.
La loro casa profumava d’amore Ed era un profumo dolce ; speziato. Ed aveva un colore, quel profumo, e forma ed essenza.
La loro forza era in quel profumo; in quel liquido caldo che si avviluppava negli enormi pentoloni di rame che roteavano continuamente, ad un ritmo lento, guidati dalla mano esperta di uomini forti che resistevano per ore a quel ruotare ininterrotto.
Ed intorno a quei pentoloni, le mani leste delle donne sceglievano mandorle provenienti dalle campagne vicine o dal più profondo sud. E infine, i frutti incontravano il cioccolato, si fondevano insieme in un dolce connubio e spettava al caramello fondente sancire quell’unione e renderla duratura e compatta.
Gli uomini di casa avevano creato dosi perfette per quelle miscele, affinché i sapori si mescolassero armoniosamente , il dolce non prevalesse sull’amaro, il tenero non cedesse al croccante.
E spesso quelle miscele erano state il frutto dell’amore per le loro donne.
Così era nata la loro fama di confettieri.
Io ti benedico.
Ogni confetto era stato pensato come un gesto d’amore. Ogni confetto era la promessa e l’augurio di un nuovo amore .
Quando ancora la vita era semplice, quando ancora i gesti sapevano di buono e l’essenza delle cose prevaleva sulla loro apparenza, il dono era concepito per regalare emozioni, per augurare il bene.
Io ti benedico.
Ad una giovane promessa sposa, l’augurio di abbondanza, di prosperità, di fertilità, attraverso il semplice dono di una manciata di confetti.
Simbolicamente lanciati come seme sparso dal contadino su un campo già arato e pronto ad accoglierlo per dare vita a nuova Vita.
“Sciam a ptrscè la zoit”
Ogni carnevale, una manciata di confetti veniva sparsa sulla giovane, in segno di benedizione . Di augurio. Da amici e parenti.
Io ti benedico e benedico la vostra unione.
E poi , piano piano le cose erano mutate , le tradizioni, ricordate solo dai più anziani, che non le raccontavano nemmeno più – che tanto i nipoti pensano solo ai cellulari e alle chat di Wattsapp-. E manco più in dialetto possono parlare, che la maestra non vuole …
Ma c’è sempre un momento in cui tutto torna. La memoria resiste nelle antiche mura di un luogo, creato per conservarla intatta, negli oggetti, nelle carte,nelle immagini . Tracce di un passato che mai si perderà fintanto che nel cuore di chi lo sta onorando resterà l’immagine di una mano che segna, di un pensiero d’amore che benedice.
In copertina, Giovanni e Michelina Mucci