La trafila di uno studente cinese per arrivare al fatidico “pezzo di carta”
Commentando un mio precedente articolo, un lettore mi ha chiesto di parlare sia del sistema scolatisco cinese che di quello economico. Premettendo subito che io non ho un’esperienza diretta nel settore dell’educazione pubblica, visto che quella dove lavoro è una scuola di lingua privata, comincerò col parlarvi dell’educazione scolastica in Cina, basandomi su ricerche personali e sulle testimonianze di mia moglie e di alcuni dei miei studenti.
Innanzitutto bisogna dire che a livello strutturale didattico il sistema scolastico cinese e quello italiano sono molto simili; all’età di quattro anni, i bambini cinesi possono andare alla scuola materna, non obbligatoria, mentre a sei anni iniziano a frequentare la scuola elementare, proprio come in Italia, ma a differenza del nostro Paese, in Cina la scuola primaria dura sei anni, mentre la scuola media e quella superiore durano entrambe tre anni (quest’ultima non obbligatoria), e questo significa che i ragazzi cinesi si diplomano a 18 anni. La durata dell’Università dipende dalla facoltà scelta, ma in genere è di quattro anni. Come ormai in quasi tutto il mondo, anche in Cina l’inglese viene insegnato già a partire dalla prima elementare, anche se molti genitori mandano i propri figli a studiarlo in scuole private già da quando hanno 4 anni, oppure si affidano a ragazzi o ragazze “au pair”, cioè giovani stranieri che si offrono di insegnare l’inglese in cambio di ospitalità e della possibilità di praticare il cinese.
Le materie che si studiano sono sostanzialmente le stesse che apprendiamo noi in Italia, ma è diverso il valore che viene dato alla disciplina e all’educazione civica, naturalmente dal punto di vista cinese.
Viene data importanza allo studio del sistema di governo cinese, alla conoscenza delle istituzioni e all’amore per la patria ma, diversamente da quello che ci si può aspettare, agli studenti cinesi non viene inculcata l’ideologia politica comunista, non sono dei Balilla, per fare un paragone facile da comprendere. Ribadisco che io non ho mai assistito a una lezione in una scuola pubblica cinese, ma questo è ciò che mi è stato riferito da molti ragazzi e l’unica cosa che mi sembra confermare ciò è che molti dei miei studenti ne sanno molto meno di me su Mao Zedong e Deng Xiaoping, figure chiave della Repubblica Popolare Cinese; più di una volta, qualche studente si è stupito nel vedermi leggere il Libretto Rosso di Mao durante un intervallo o mentre loro svolgevano degli esercizi, e molti di loro mi hanno ammesso di non conoscerne minimamente i contenuti, che non pensavano neanche che si potesse ancora trovare in vendita. Di certo alla maggior parte di loro non interessa parlare di politica, anche se non mancano le voci critiche, ma in generale sono molto più concentrati sui loro studi o su argomenti più mondani e, come i nostri giovani, sono sempre attaccati al loro cellulare, impegnati in conversazioni, videogiochi e acquisti online.
Tornando alla giornata scolastica tipo in Cina, per gli studenti comincia già alle 7:30 perché, prima che inizi la lezione vera e propria in classe, una buona mezz’ora viene dedicata all’attività fisica, con marce in cortile e pratiche di arti marziali, soprattutto il Tai-chi. In questo modo, i ragazzi possono rilassare i muscoli, ridurre lo stress ed essere più concentrati a lezione, anche se non sempre si ottiene l’effetto desiderato. Alle 8 inizia la loro giornata scolastica in classe, che in genere si protrae fino alle 17:30, quasi dieci ore inframezzate da un’ora di pausa pranzo e un’altra ora di attività sportive (individuali o di squadra) o musicali (canto o studio di uno strumento musicale). Come in Italia, anche in Cina ormai entrambi i genitori lavorano e perciò le scuole aperte fino a tardo pomeriggio li fanno stare più tranquilli, visto che non devono pensare a chi affidare i loro figli mentre loro sono al lavoro.
Molte scuole secondarie, però, rimangono aperte addirittura fino alle nove di sera, per permettere agli studenti di fare i compiti e prepararsi agli esami, senza perdere tempo a tornare a casa con tutte le distrazioni che ne deriverebbero, anche se, stando a ciò che mi hanno detto, molti di loro si addormentano stremati sui banchi.
Il fine settimana dovrebbe essere di riposo per gli studenti, ma il condizionale è d’obbligo, perché per la maggior parte di loro il sabato e la domenica sono pieni di attività extrascolastiche che i genitori organizzano per loro; si va dalle lezioni di ripasso, tenute nelle stesse scuole, ad attività sportive o musicali, come ho già detto, e queste attività li tengono impegnati anche 10 ore al giorno nei casi più estremi, anche perché molte di queste abilità acquisite, permettono loro di ottenere sia crediti formativi utili ad accedere alle scuole superiori e alle università più prestigiose, che borse di studio.
A questo punto uno si chiederà: ma per poter davvero riposare, questi poveri ragazzi devono attendere le vacanze estive? Beh, se così fosse io probabilmente dovrei cambiare lavoro, perché la nostra scuola avrebbe pochi clienti.
L’estate per loro non è il momento di godersi le vacanze, ma è il periodo in cui si ha tempo per svolgere con più continuità attività a cui durante il resto dell’anno non si ha molto tempo da dedicare, e tra queste c’è sicuramente lo studio di una lingua straniera. Senza ombra di dubbio la prima scelta è l’inglese, ma in grandi città come Pechino e Shanghai è possibile studiare qualunque lingua e, grazie agli accordi stipulati tra il governo cinese e quello italiano, che hanno dato vita ai programmi Turandot e Marco Polo, molti studenti hanno la possibilità di iscriversi alle nostre università, e quindi approfittano soprattutto delle vacanze estive per iscriversi a corsi intensivi di lingua italiana, come quelli che offre la scuola Senmiao, quella in cui lavoro, per poter arrivare in Italia con la conoscenza di almeno le basi dell’italiano. Il motivo principale per cui molti studenti scelgono di andare a studiare all’estero, è perché una laurea ottenuta in Europa o negli Stati Uniti può garantir loro maggiori possibilità di trovare un buon lavoro.
Va comunque detto che alcuni di loro “ripiegano” su un’università straniera, perché il punteggio ottenuto al “gaokao”, più o meno l’equivalente del nostro esame di maturità, è troppo basso per poter puntare a frequentare un’università di alto livello in Cina. Per questo motivo, una buona parte di questi studenti non sono davvero interessati allo studio dell’inglese, dell’italiano o di qualunque altra lingua debbano studiare per accedere a un’università europea o americana, anche perché spesso sono i genitori a decidere per loro, e i figli a malavoglia si adeguano.
Questo può sembrare incomprensibile per gli studenti italiani che, in genere, non subiscono molte pressioni da parte dei genitori sulla facoltà a cui iscriversi, ma per capire ciò bisogna comprendere la cultura cinese (direi orientale in generale) dove la società, nonostante l’alto livello di sviluppo economico e tecnologico raggiunto, è ancora legata ad antichi principi pregni di confucianesimo, con la società che è più importante del singolo individuo, il bene della famiglia in generale ha la priorità sulle aspirazioni personali di coloro che la compongono. Per questo motivo, alcuni studenti frequentano di malavoglia corsi che non hanno scelto loro di frequentare, ma va detto che tanti altri studenti ci mettono tanta passione e volontà e i risultati si vedono.
Il clima nelle scuole cinesi è molto competitivo e viene incoraggiato il paragone con i migliori, che devono visti come esempi da emulare e magari superare e, come ho già detto, la maggior parte dei genitori ritengono che sia un loro preciso dovere indirizzare il figlio sulla retta via, scegliendo ciò che è meglio per lui, visto che alla sua giovante età non è in grado di scegliere. La legge del figlio unico poi, non più in vigore da qualche anno, ha creato una generazione di figli unici su cui sono state riposte tutte le aspettative della famiglia, il che ha tirato su ragazzi pieni di pressione, ma nello stesso tempo anche un po’ viziati, col risultato di avere da un lato studenti molto competitivi, iper-concentrati sul loro obiettivo e con un forte senso di responsabilità verso la propria famiglia, e dall’altro giovani scansafatiche che sfuggono alla pressione, probabilmente pensando di rimanere comunque i “cocchi” dei genitori.
Il momento di maggior pressione nella vita di uno studente cinese è sicuramente il periodo di preparazione al già citato “Gaokao. Questo esame, che si sostiene alla fine dell’ultimo anno di scuola superiore, è ancora più importante del nostro esame di maturità, perché il punteggio ottenuto (il massimo è 750) è fondamentale per poter entrare in un’università prestigiosa, e i datori di lavoro tengono molto in considerazione, quando leggono un curriculum, l’università in cui il candidato si è laureato. A testimoniare l’importanza di questo esame, ci sono le misure di sicurezza che vengono applicate per impedire che gli studenti barino: in molte scuole vengono installate telecamere di sorveglianza a circuito chiuso, mi hanno detto che in alcuni istituto fanno addirittura ricorso al metal detector e all’identificazione delle impronte digitali, e chi viene sorpreso a copiare, è punito con il divieto di ridare l’esame nei tre anni successivi.
Da questa descrizione si evince che gli studenti cinesi non sono certo molto rilassati, ma va anche detto che le scuole cinesi sono un po’ più organizzate delle nostre a livello di strutture, soprattutto le università, dove uno studente ha a disposizione campi sportivi, palestra, biblioteca, mensa e, in alcuni casi, anche ristoranti e bar, oltre alla possibilità di alloggiare in dormitori che non saranno il massimo della comodità (di solito sono stanze da quattro con letti a castello, bagno nel corridoio e doccia in un altro palazzo) ma che costano meno di 100 euro all’anno, il che permette loro di vivere in un ambiente idoneo allo studio, a pochi passi dalle aule di lezione, anche se alcuni campus sono talmente gradi da richiedere l’acquisto di una bicicletta per spostarsi dal proprio dormitorio alle aule di lezione.
Riassumendo, a livello di sistema scolastico, le università cinesi non differiscono molto da quelle europee o americane, e come quelle statunitensi danno molta importanza alle attività extra-scolastiche e all’organizzazione in campus degli istituti. Anche in Cina esistono università pubbliche e private, queste ultime davvero molto costose, ma il numero complessivo degli atenei, rispetto al totale della popolazione, è piuttosto basso rispetto all’Italia, e probabilmente questo contribuisce a rendere più selettivo l’ambiente, ma in fin dei conti anche in Cina, come in qualunque altra parte del mondo, ci sono studenti che si laureano con ottimi voti e una solida preparazione e altri che a stento riescono a procurarsi il “pezzo di carta.